La chiusura del passaggio a livello di Thurio continua a creare disagi immensi… solo per un cartello
Basterebbe un’ordinanza sindacale e una segnaletica adeguata per evitare che gli autotreni provenienti da fuori territorio non incappino nella “trappola” della strada chiusa. Ieri per sbloccare un camion viabilità ferma per quasi un’ora

CORIGLIANO-ROSSANO – La Val di Non, dove si produce la celebre mela conosciuta in tutto il mondo, è un luogo impervio dove, però, per sostenere l’economia agricola che rappresenta la principale fonte di reddito di quell’area, sono state costruite strade degne di questo nome, per consentire il traffico delle merci. Alle latitudini della Sibaritide, invece, accadono cose surreali che emergono – purtroppo – solo quando accadono drammi irreversibili. E nonostante tutto, nessuno muove un dito per trovare una soluzione.
Il riferimento è a quanto sta accadendo in queste settimane nell’area di Thurio-Ministalla, nell’agro di Corigliano-Rossano. Qui si estende una delle principali e più rinomate piantagioni agrumetate per la produzione delle clementine (prodotto d’eccellenza e distintivo per antonomasia di quest’area); e proprio qui operano anche tra i più importanti magazzini di vendita degli agrumi. Insomma, da queste parti, da fine ottobre e fino all’inizio della primavera, è un via vai di autotreni che fanno carico di clementine per esportarle sui mercati italiani e di mezza Europa. Anche il Tir sul quale era a bordo il 24enne Hannaqui Said, il nordafricano che è rimasto ucciso nella strage ferroviaria di Thurio il 28 novembre scorso, era qui per questo.
Ebbene, se nella Val di Non i camion delle mele viaggiano su autostrade, statali a quattro corsie e strade interpoderali sicure ed efficienti (alcune sono anche riscaldate per evitare che durante l’inverno si formi il ghiaccio!), qui nella Calabria del nord-est, una delle principali fonti di reddito del territorio cammina su mulattiere, in budelli stretti (come quello che conduce al passaggio a livello di Thurio) e su stradine di campagna che sono trappole per gli autotrasportatori.
È così da sempre. Nessuno se n’è mai interessato. La politica e le istituzioni, quelle che orbitano a tutti i livelli, si accorgono di questo stato disastroso solo per fare campagna elettorale, rassicurare con promesse confortanti e nulla più.
Oggi, però, c’è un problema serio. Sul quale non si può più far finta di nulla.
A Thurio, dopo quella strage sui binari di quasi un mese fa, il passaggio a livello resta chiuso e per “scavallare” dall’una all’altra parte della Piana, tagliata a metà dalla ferrovia jonica, bisogna fare altri giri nel dedalo di stradine sterrate, pontini e sottovie che costellano la pianura. Dal 28 novembre ad oggi nessuno ha pensato di creare un percorso alternativo dedicato agli autotreni e per evitare incredibili disagi alla popolazione delle campagne e alle migliaia di persone che quotidianamente operano in quelle terre. Si brancola nel buio. Mentre gli autoctoni sanno divincolarsi tra le strade secondarie, quanti arrivano da fuori territorio rischiano di rimanere bloccati in mezzo al nulla con quei veicoli mastodontici.
Di nuovo ieri, infatti, sempre a Thurio, un autotreno, non avendo alcuna indicazione, transitando lungo quella via stretta che porta al passaggio a livello, è arrivato a ridosso dell’attraversamento e ha dovuto per forza di cose tornare indietro. Muovere, però, un autoarticolato di 14 metri su una carreggiata che è larga appena 4 è impresa difficile, se non impossibile. C’è voluta quasi un’ora per rimettere in linea il camion con tutti i rischi del caso.
Bastava un segnale di avviso; bastava un percorso segnalato e indicato. Nulla di tutto questo. Siamo nel terzo mondo, eppure si continua a produrre!