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Il lungo esodo degli alunni della Ariosto. E intanto qualche ragazzo nelle "non scuole" si fa anche male

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CORIGLIANO - ROSSANO – Gioca nello spiazzo adiacente alle scale che portano al piano adibito a scuola di Palazzo Scura nell’area urbana di Corigliano e si fa male. Abrasioni e piccole ferite per fortuna, ma intanto un bambino dell’istituto primario Ariosto ha passato un brutto quarto d’ora. Gli è andata bene, non ha sbattuto alla testa e tanto meno si è tagliato con uno di quei frammenti aguzzi abbandonati in prossimità della rampa e rimossi solo dopo l’accaduto.

Già, perché proprio lì vicino, in un angolo, sempre nel suddetto spiazzo che non merita neppure di essere chiamato cortile, da qualche tempo albergavano vetri, tavolette di legno, chiodi e altro materiale tagliente. Nonostante lì ci fosse la scala che porta a scuola. Nonostante quello debba essere un ambiente controllato e in sicurezza vista la presenza di bambini piccoli.

Ma la caduta del piccolo alunno altro non rappresenta che la parabola discendente di un istituto che sembra essere senza pace e soprattutto senza una collocazione definitiva.

L’Ariosto, nell’omonima via, viene chiuso nel 2020 per inagibilità. Da gennaio a marzo dello stesso anno gli alunni di questa scuola vengono ospitati in un plesso a Villaggio Frassa. Poi sopraggiunge il Covid, dunque la didattica a distanza e la questione viene rimandata a settembre.

Nel settembre 2020 i piccoli studenti dell’Ariosto trovano posto tra i banchi della “Amerise”, dove per contenere sia gli iscritti alla scuola stessa sia quelli provenienti dall’Ariosto si fanno i doppi turni, Chi va di mattina e chi, invece, di pomeriggio. Nel 2021, essendo insostenibile questa situazione di turnazione, si decide di prendere in affitto un piano di Palazzo Scura in Via Nazionale. Qualche lavoro e modifica per adattare una struttura privata in una scuola e poi via all’anno scolastico. Siamo nel 2023: quella che doveva essere una soluzione temporanea è ancora l’unica esistente.

La scuola primaria Ariosto che aveva sede nell’omonima via dedicata al poeta, ad oggi non ha ancora un suo edificio. Come Giovanni senza terra, i piccoli alunni hanno una sistemazione provvisoria senza una destinazione definitiva. Sono lontane le promesse secondo le quali l’Ariosto doveva essere totalmente demolito per costruirvi sopra un edificio a norma da consegnare entro il 2022. Poi nuovi fondi e un nuovo progetto che disegna una struttura all’avanguardia alimentata da fonti rinnovabili, sostenibile e a consumo energia zero.

Ad oggi però l’unica cosa concreta è che gli iscritti all’Ariosto studiano in un piano di Palazzo Scura adattato alle esigenze di una scuola. Fino all’anno scorso, ora la speranza è che qualcosa sia cambiato, i termosifoni non si potevano regolare in autonomia e la temperatura rimaneva standard. Dei giorni faceva troppo caldo e in altri troppo freddo. L’accesso al palazzo (d’altronde non era stato progettato per essere una scuola) ha le scale che danno direttamente su strada e il piccolo balcone che precede la porta d’ingresso non ha nessuna tettoia: i bambini attendono il suono della campanella all’addiaccio. Che sia sotto il sole come sotto la pioggia.

Adesso quelle tavole di legno e quel materiale che, piuttosto che nella zona adiacente alla scuola, dovrebbe stare in una discarica, non c’è più. Ma per quanto tempo gli alunni dell’Ariosto devono stare in una scuola non scuola. In un edificio adattato con tutte le conseguenze del caso? I piccoli studenti e i loro genitori si sentono abbandonati dalle istituzioni e presi in giro dalle promesse di progetti strabilianti e all’avanguardia quando vorrebbero soltanto che i propri figli riuscissero ad accedere ad una scuola normale.  

 

Valentina Beli
Autore: Valentina Beli

“Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare” diceva con ironia Luigi Barzini. E in effetti aveva ragione. Per chi fa questo mestiere il giornalismo non è un lavoro: è un’esigenza, una passione. Giornalista professionista dal 2011, ho avuto l’opportunità di scrivere per diversi quotidiani e di misurarmi con uno strumento affascinante come la radio. Ora si è presentata l’occasione di raccontare le cronache e le storie di un territorio che da qualche anno mi ha accolta facendomi sentire come a casa. Ed io sono entusiasta di poterlo fare