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Buon primo giorno di (non) scuola: siamo la terra dove la dispersione scolastica è ancora altissima

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CORIGLIANO-ROSSANO- Gli ultimi dati eurostat attestano che la dispersione scolastica in Calabria è al 14%. Un numero che conferma l’emergenza educativa in cui riversa la punta dello stivale. Ma non si può parlare solo di abbandoni, secondo una recente ricerca il prezzo dei libri scolastici è cresciuto in maniera verticale, una spesa che unita al corredo scolastico assieme a quella del corredo porta a 1.300 euro a studente il costo per le famiglie.

Numeri che confermano un dato agghiacciante: nell’anno del Signore del 2023 la scuola non è da tutti e non per tutti. Diventa sempre di più uno strumento accessorio, una roba da chi ci può stare dentro e la scelta, anche prima della fine dell’obbligo scolastico, si riduce al “o studi o lavori”.

Torna d’attualità la figura di Lorenzo Milani, prete toscano e fondatore della scuola di Barbiana, luogo in cui i bambini e i ragazzi respinti dalle scuole statali trovavano rifugio. Da quell’esperienza ne uscì fuori una perla di rara forza educativa: Lettera ad una Professoressa. 

Sono passati cento anni dalla nascita di Don Milani e malgrado le evoluzioni il nocciolo del problema rimane immutato e invariato: se sei povero o svantaggiato l’istruzione diventa un lusso, un optional e un arredo non necessario. Purtroppo esistono delle convinzioni, presenti anche in chi la scuola la vive quotidianamente, che hanno fatto troppa presa: insegnare nelle sezioni di élite, creare aule ghetto, rispedire a casa invece di trattenere, sbarazzarsi di chi non è performante. Nasce così la dispersione scolastica: lanciare pietre e aspettarsi indietro bouquet di rose.

Ma poi ci sono le esperienze. Ogni ragazzo a quattordici, quindici e sedici anni è “un dolce fiore di primavera”, un ablativo che è tutto un moto, non può che essere altrimenti nell’età dell’adolescenza. A quell’età bisogna fare capire loro che “non sono stati sotterrati ma sono stati piantati”, che l’unico processo che riconoscono non è solamente l’istruire ma è soprattutto l’educare. Per far nascere un bocciolo che possa schiudersi ed educarsi c’è bisogno di terra feconda.

Ma la scuola continua a parlare il gergo militare: fila, appello, competitività asfissiante, ansia, tutti seduti e attenti. Ma così come nasce una vocazione?

Poi ci si imbatte nella dispersione e ha gli occhi di un quindicenne screanzato, quello che in classe non lo controlli nemmeno con i lacrimogeni. Lo si incontra d’estate dopo che, a dispetto dell’anagrafe, beve troppo e saluta - brillo - con ribalderia immutata di quando entrava in classe. Alla domanda di come sia andato l’anno risponde con un «ho lasciato, ho iniziato a lavorare». Un sos critpico. A quindici anni la parola lavoro non deve esistere, mentre ci siamo abituati all’alternanza scuola-lavoro e all’aprire la porta ai privati e trovarli nei corridoi.  

Un altro dolce fiore di primavera - ormai disperso - di anni ne ha quattordici e, chi lo ha seguito da lontano, ha scoperto che fa a botte. Non sapeva la differenza tra vocali e consonanti, figuriamoci l’infinito del verbi. Nessuno può immaginare che piangeva all’idea che i servizi sociali potessero toglierlo alla mamma. Ecco che il bullo lascia sempre spazio al bambino: si è cattivi semplicemente perché si soffre.  

L’abbandono scolastico è quella ragazzina che si taglia in bagno perché è l’unico modo per sentire qualcosa. Dire addio alla scuola ha l’odore dei pascoli con le unghie e i polpastrelli sporchi di fango e caglio. Non è un’esagerazione, è insegnare nei posti dimenticati da Dio e dagli uomini.

Come la politica e la società ci stiamo dimenticando degli ultimi, uno stillicidio dei diseredati in una savana in chi vale solo e soltanto la prestazione e la valutazione, mai il talento, mai la felicità. Il Ministero dell’Istruzione e del merito. Ma quale merito esiste quando al nastro di partenza uno nasce al Destro o a Ortiano e un altro a Porta Venezia a Milano? È il concetto di merito è semplicemente blasfemo in nazioni, entità e regioni in cui esistono sacche di povertà materiale e spirituale. 

Don Milani ha insegnato che la scuola non è per i bravi ma per quelli che non lo sono e, forse, non lo saranno mai. Ma al di là della scuola c’è una prateria che si chiama vita. Siamo sicuri che l’istituzione scolastica sappia preparare alla furia degli eventi? 

Scritto e sottoscritto, oggi è un giorno speciale come tutti i primi giorni. Auguri ai ragazzi, fiori di cui le radici devono sempre avere fiducia e auguri ai professori, quelli che segnano per sempre la vita e a quelli che - quando fanno lezione - il cuore batte forte, fortissimo.

Josef Platarota
Autore: Josef Platarota

Nasce nel 1988 a Cariati. Metà calovetese e metà rossanese, consegue la laurea in Storia e Scienze Storiche all’Università della Calabria. Entra nel mondo del giornalismo nel 2010 seguendo la Rossanese e ha un sogno: scrivere della sua promozione in Serie C. Malgrado tutto, ci crede ancora. Ha scritto per Calabria Ora, Il Garantista, Cronache delle Calabrie, Inter-News, Il Gazzettino della Calabria e Il Meridione si è occupato anche di Cronaca e Attualità. Insegna Lettere negli istituti della provincia di Cosenza. Le sue passioni sono la lettura, la storia, la filosofia, il calcio, gli animali e l’Inter. Ha tre idoli: Sankara, Riquelme e Michael Jordan.