Imposta di Soggiorno, la Sibaritide come il Salento… ma per il turista il rapporto dei servizi è di 1 a 10
Co-Ro segue l’esempio tariffario di Gallipoli; a Sibari cifre record: 2,5 euro a notte per ogni giorno di permanenza (pagano pure i bimbi). Eppure, alle latitudini calabre mancano trasporti, mentre mare e spiagge lasciano a desiderare
CORIGLIANO-ROSSANO – Alle volte essere tafazzisti serve a creare consapevolezza e a migliore le cose. Forse. Si spera. Anche perché la realtà che si perpetua alle latitudini della Sibaritide in quanto alle politiche per il turismo riserva sempre sorprese. Quant’è l’obolo che un visitatore deve pagare per trascorrere le vacanze tra le rovine dell’antica Sibari, di fianco al Codex, affacciati da un torrione del Castello ducale o immersi tra i panorami bellissimi della Sila e del Pollino? Tutti patrimoni inestimabili che pure non riescono a fare la differenza, quantomeno in termini di presenze, perché sorgono in mezzo ad una selva di incredibili disservizi che sfiduciano le presenze.
A fronte, però, di batoste salatissime che impongono i comuni. Siamo andati a recuperare le delibere di alcuni enti locali del territorio, quelli che fanno la voce grossa in termini di ricettività e posti letto, per capire quanto incida l’imposta di soggiorno su chi decide di trascorrere le proprie ferie nella Sibaritide. Ebbene, a leggere le carte siamo ai livelli del Salento, la meta più prossima e punto di riferimento. In alcuni casi siamo anche meglio (in peggio)!
Cos’è l’imposta di soggiorno?
Partiamo dal capire cosa è l’imposta di soggiorno. È un tributo locale che in Italia ha origini antichissime. La prima tassa risale al 1910 e riguardava solo alcune località italiane; nel 1938 venne estesa a tutti i comuni turistici e rimase in piedi fino al 1988, quando venne abolita.
A seguito del federalismo fiscale comunale, con la legge n. 42/2009, nacquero nuove idee per una maggiore autonomia degli enti locali. La conseguenza in ambito turistico fu la nuova istituzione dell'imposta di soggiorno per mezzo di due norme: la prima è il decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, valido solo per la città di Roma, la seconda è il decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23, contenente i principi che avrebbero definito i punti cardine dell'imposta di soggiorno oggi in vigore. Successivamente, a partire dal 2012, sempre più Comuni italiani a vocazione turistica hanno deciso di applicare quest'imposta, arrivando nel 2023 ad essere svariate centinaia. Un balzello - è giusto ricordare - a carico dei turisti, che non è obbligatorio ma a discrezione delle Amministrazioni comunali che si dotano di un regolamento territoriale e ne decidono le tariffe.
E qui viene il bello.
Per i comuni è un modo per fare cassa e ridistribuire quegli introiti per incentivare la programmazione turistica e, quindi, i servizi ad essa collegati. Pertanto, a fronte di una consistente imposta di soggiorno, ci si aspetterebbe un ritorno in termini di prestazioni e comfort territoriale a tutto vantaggio dei visitatori. È sempre così?
Il meglio del peggio della Sibaritide che imita il Salento (solo nelle tariffe)
Dicevamo, abbiamo fatto un po’ di conti in tasca ai visitatori del territorio. E abbiamo scoperto che, ad esempio, una famiglia di quattro persone (due adulti e due under 18) che decida di soggiornare per una settimana in una delle belle strutture ricettive di Sibari può arrivare a spendere di sola tassa di soggiorno ben 70 euro a fronte dei 40 che si pagherebbero a Otranto, in una struttura simile. Perché a Sibari, nel comune di Cassano Jonio, per la tassa di soggiorno all’interno dei villaggi turistici si arriva a pagare fino a 2,5 euro a notte pro-capite senza alcuna esenzione per i bambini, se non quelli di età inferiore ai 4 anni, ma soprattutto senza alcun limite temporale. Se in molti comuni italiani, da Catania a Siracusa, da Ostuni a Bari, l’obolo viene chiesto fino ad un massimo di 5 giorni, nella Sibaritide si va dai 7 giorni pieni di Corigliano-Rossano al “sine die” di Cassano Jonio. V’è di più. L’imposta a Sibari si paga sempre; di meno in bassa stagione (ridotta al 50%), ma sempre.
A Co-Ro l’alta stagione dura 7 mesi: non ce n’eravamo accorti!
Non fa meglio (nel peggio) nemmeno Corigliano-Rossano. Nella terza città della Calabria dove qualcuno, persino amministratori, si lamenta per gli standard non sempre eccellenti delle strutture ricettive, il tariffario della tassa sul turismo è uguale, identico, a quello di moltissime località del Salento, le più rinomate, ovviamente, come Porto Cesareo, l’onnipresente Gallipoli, Otranto e Santa Maria di Leuca. Mentre Nardò, Torre Lapillo, Castro, Ugento, Tricase hanno tariffe quasi da “poveracci” rispetto alla terza città della Calabria.
A Co-Ro si paga tutto il pernottamento fino ad un massimo di 7 giorni, dall’ottavo sei ospite non pagante. Ma scopriamo anche che l’alta stagione nella patria di San Nilo e Carlo III, di Palatino e Rino Gattuso, dura addirittura sette mesi: dall’1 aprile al 31 ottobre. Non ce n’eravamo accorti!
Una terra bellissima, carissima ma priva di servizi
Il problema, però, non è nell’entità dell’imposta. Piuttosto quello che si offre al turista che è costretto a pagarla: il mare non è sempre impeccabile, per via dei mille problemi irrisolti, e quelle scie melmose anche se non sono fogna sicuramente non tranquillizzano i bagnanti; le spiagge sono oggettivamente sporche e mal curate, tranne qualche sporadica eccezione; i servizi, invece, lasciano a desiderare. Dalle piccole cose a quelle più importanti. Ad esempio, sono pochissime le spiagge pubbliche della costa della sibaritide dove i bagnanti possono accedere a servizi igienici o docce senza la necessità di recarsi in uno stabilimento balneare. Ancora meno sono gli spazi attrezzati per le famiglie (spazi verdi e ombreggiati dove poter trovare refrigerio); mentre le spiagge senza concessione con servizio di assistenza bagnanti sono una chimera riservata solo a qualche fortunato tratto.
Ma c’è di più. L’imposta di soggiorno versata dal turista dovrebbe garantire una presenza costante di presidi proprio a servizio dei viaggiatori: dall’assistenza alla mobilità. Nella Sibaritide, differentemente dal Salento e da tutte le altre località turistiche rinomate del Belpaese, ad esempio non esiste il trasporto pubblico integrato dedicato ai visitatori del territorio. Non c’è una rete di collegamenti pubblici che metta l’avventore nelle condizioni di potersi spostare in tempi europei dalle spiagge di Roseto capo spulico per recarsi a far visita ai centri storici di Corigliano-Rossano. Non c’è possibilità di muoversi dalla costa alle montagne. Tutto è demandato alla buona iniziativa del privato ma a costi esorbitanti. Quel che è peggio, però, l’assenza di una rete di informazioni. Ogni comune fa da sé. Non c’è interconnessione e gli infopoint dove i turisti possono avere assistenza o dotarsi di una guida quasi non esistono. Ci sono le cooperative, i privati, i “fai da te”, ma di iniziativa pubblica, quella che dovrebbe essere sovvenzionata con l’imposta di soggiorno, non c’è traccia. Così come non c’è traccia di un piano marketing e di promozione di una più complessa e accattivante “destinazione Sibari” (intesa come area territoriale di esperienza e turismo).
I turisti vanno via con il bagaglio vuoto
Probabilmente i bilanci prodotti dalla famigerata Imposta di Soggiorno vengono utilizzati anche per la realizzazione dei tantissimi concerti gratuiti a cui si può assistere in questo periodo nelle diverse località della Piana. Tutti eventi bellissimi e di qualità ma che – ribadiamo – non portano turismo, tantomeno producono economia turistica e ancora meno lasciano qualcosa al visitatore che puntualmente va via da questo territorio portandosi via il nulla cosmico in termini di esperienza e tipicità. Esperienza e tipicità che, invece, sono state la formula che ha alimentato l’epopea del Salento, del Cilento o della Sicilia Babba.