Un giro d'Italia per dire agli italiani quanto è incazzato con lo Stato
Ha fatto tappa a Corigliano-Rossano il tour del ristoratore piemontese, Sasà Gigante, che con una bici prestatagli da un amico è partito dalla Val di Susa il 15 ottobre scorso per gridare tutto il suo sdegno «verso un sistema che ammazza i cittadini»

CORIGLIANO-ROSSANO - Una citybike, uno zaino, un sacco a pelo e la generosità quotidiana delle persone che incontrare lungo la sua rotta. Ha già percorso, così, all'avventura, 5.300km, Sasà Gigante, il ristoratore piemontese di origine pugliese, che, a 60 anni compiuti, il 15 ottobre scorso ha deciso di chiudere bottega e partire lungo tutto lo stivale con l'obiettivo di "evangelizzare" quanti più italiani su uno Stato «padrone, ladrone e senza alcuna clemenza verso i suoi cittadini». Ieri in groppa alla bici, prestatagli da un amico, è arrivato fino a Corigliano-Rossano dopo una risalita lungo la costa jonica dove - ha detto - «ho toccato con mano il vero abbandono dello Stato».
«Sono incazzato con il mio Paese perché ci ha abbandonati. Vessati dalle tasse, con stipendi da fame e un continuo sistema di privazioni e paure scientificamente adottate per mettere in ginocchio i cittadini». In queste parole la sintesi e la motivazione del viaggio.
Salvatore Gigante, in Val di Susa ha un ristorante ma prima di arrivare ad aprire la sua attività per quasi trent'anni ha gestito un'officina meccanica in Piemonte. «All'inizio - racconta - le cose andavano bene, poi sono arrivati gli incentivi dello Stato a favore delle grandi aziende automobilistiche che ogni quattro anni davano e danno ancora oggi la possibilità alle persone di cambiarsi un'autovettura. Ovvio che con questo sistema le autofficine sono destinate a chiudere. È così che nel 2006 quasi non lavoravo più e mi sono dovuto reinventare un mestiere».
Forte della sua passione per i fornelli, Sasà, con sangue puro pugliese (appartiene ad una delle tante famiglie di emigrati del sud che si trasferirono al nord nel periodo del boom economico) decide di reinventarsi cuoco e poco più di dieci anni fa mette su il suo ristorante. Funziona ma prima la grande crisi del 2018, «poi i lavori della Tav che hanno annientato il turismo», e infine la batosta della pandemia lo hanno portato alla disperazione. «Lo scorso anno - ha detto nel suo racconto - a consuntivo sono stati più i soldi che ho dovuto dare allo Stato che il mio guadagno».
Da qui, allora, l'idea di partire verso un'avventura itinerante per tutto il Bel Paese per gridare il suo sdegno e la sua incazzatura nei confronti di uno Stato che sembra aver perso ogni contatto con la realtà e con i suoi cittadini. «Sono partito verso l'ignoto - questa la chiosa di Sasà - con l'obiettivo di riprendermi la mia libertà, quella che l'Italia mi aveva tolto».