Calabria, si sa quando si parte e non si sa quando si torna: emigrazione in continuo aumento
Crollo dei residenti, emigrazione elevata, ma con un tasso di fecondità più alta della media nazionale. Sono le caratteristiche principali della demografia calabrese che emerge dall’ultimo rapporto dell’Istat sugli indicatori 2022
CALABRIA - Crollo dei residenti, emigrazione elevata, ma con un tasso di fecondità più alta della media nazionale. Sono le caratteristiche principali della demografia calabrese che emerge dall’ultimo rapporto dell’Istat sugli indicatori 2022.
Un quadro a tinte fosche dove a prevalere è il dato sulla diminuzione della popolazione residente nella regione e che vede la Calabria “brillare” in negativo per tasso di decrescita.
Assieme a Molise e e Sardegna infatti è tra i territori che hanno registrato un saldo negativo maggiore: -7% rispetto all’anno precedente. Segnando un tasso superiore al doppio di quello nazionale. Secondo quanto riportato dall’Istat in Italia al 1 gennaio del 2023 il numero di residenti è di 58 milioni e 851mila unità, 179mila in meno sull’anno precedente, per una riduzione pari al 3 per cento. Prosegue, dunque, la tendenza alla diminuzione della popolazione, ma con un’intensità minore rispetto sia al 2021 (-3,5), sia soprattutto al 2020 (-6,7), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato già nel 2014. Ed il Mezzogiorno pagherebbe il prezzo più alto. Visto che il Nord pur presentano un saldo demografico negativo, hanno valori migliori della media nazionale. E sul piano regionale, appunto la popolazione risulta in aumento solo in Trentino-Alto Adige (+1,6), in Lombardia (+0,8) e in Emilia-Romagna (+0,4). Le regioni, invece, in cui si è persa più popolazione sono la Basilicata, il Molise, la Sardegna e la Calabria, tutte con tassi di decrescita più bassi del -7 per cento.
Terra di emigrazione - Un dato quello del calo demografico record per la Calabria che fa il paio con quello del fenomeno migratorio. La regione infatti si conferma terra di emigrazione. Assieme alla Basilicata, stando ai dati dell’Istat, è l’area che ha registrato un saldo negativo pari a 5,5‰, davanti al Molise (-4,7‰) e alla Campania (-4,3‰). Peggio dell’andamento comunque negativo del Sud Italia. Sono 420mila le persone che hanno lasciato nel corso dell’anno un comune meridionale per trasferirsi in un altro comune italiano (in alcuni casi anche rimanendo al Sud), mentre sono 352mila quelli che hanno eletto un comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale. Una dinamica ha generato, per il complesso della ripartizione, un saldo negativo di oltre 55mila unità (-3,4‰ abitanti).
Le regioni del Nord, viceversa, il dato si inverte. Qui l’Istat complessivamente ha riscontrato un tasso positivo pari al +2,2‰. Confermando che le regioni del Nord rimangono quelle a maggiore capacità attrattiva, rispetto a quelle del Centro, che nel complesso registra un +0,7‰. Al top è l’Emilia-Romagna (+3,9‰), a seguire il Friuli-Venezia Giulia (+2,4‰) e la Lombardia (+2,2‰). Secondo quanto riportato dal Rapporto nel 2022 i movimenti migratori tornano ai livelli pre-pandemia. I trasferimenti, interni e per l’estero, risultano in crescita sia rispetto al 2021 sia, soprattutto, al 2020, quando le restrizioni dovute alla diffusione del virus Covid-19 avevano portato a un crollo degli spostamenti. Nel 2022 si sono verificati 1 milione 484mila trasferimenti interni, il 4% in più rispetto all’anno precedente e ben il 10% in più rispetto al 2020, tornando così ai livelli del 2019, quando i trasferimenti erano stati 1 milione 485mila.
Fecondità, unica nota positiva - L’unico dato positivo per la Calabria proviene dall’analisi sui dati di fecondità. Assieme a Sicilia e Campania la regione segnala un tasso superiore alla media nazionale. L’Isola maggiore registra un tasso pari a 1,35 figli per donna, 1,33 per la Campania e 1,28 per la Calabria. Superiore alla media anche del Mezzogiorno: 1,26. Nel Nord, che registra la stessa fecondità del Mezzogiorno, solo Piemonte (1,22) e Liguria (1,20) presentano una fecondità al di sotto della media nazionale, nelle altre sei è invece maggiore di 1,24. Nel Mezzogiorno si trovano le regioni con la più elevata età media al parto, Basilicata (33,2), Sardegna e Molise (32,9). Si tratta delle regioni con il più basso tasso di fecondità la cui diminuzione è legata proprio alla continua posticipazione dell’esperienza della maternità che di fatto si tramuta sempre più in una definitiva rinuncia. Scendendo a livello provinciale, il primato della fecondità più elevata spetta alla provincia di Bolzano/Bozen (1,65), seguita da Gorizia (1,45), Crotone (1,44), Ragusa (1,43), Palermo (1,42) e Catania (1,41).
Numeri e dati che segnalano come la Calabria resti a forte rischio di desertificazione demografica, soprattutto per l’alto tasso di esodo dalla regione.
(Fonte corriere della Calabria)