Formazione del personale, un tabù per la nostra Calabria
Purtroppo è troppo marcato il divario tra Nord e Sud, con la Calabria più indietro delle altre
CORIGLIANO-ROSSANO - Il Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza ha imposto soprattutto ai comuni di avviare, anche in tempi brevi, la formazione da parte dei propri dipendenti, ciò al fine di scongiurare, come avvenuto in passato, che a causa di mancanza di formazione tante risorse sono tornate indietro. Ovviamente accanto al personale degli enti locali, vi è anche quello delle imprese.
Purtroppo il grido d’allarme che da più tempo viene lanciato dalle organizzazioni sindacali nei confronti dei datori di lavoro, affinché facciamo svolgere i doverosi quanto opportuni corsi di formazione ai propri dipendenti, è caduto nel vuoto. Da qui il rischio, abbastanza fondato, che buona parte dei fondi derivanti dal Pnrrr possano tornare indietro perché non si è stati in grado di poter produrre quella progettualità necessaria affinché si potesse attingere a questa marea di euro.
Qualche ente locale e qualche impresa sta cercando di recuperare il gap fin qui accumulato, ma francamente appare abbastanza difficile, se non impossibile, poter recuperare il tempo perso inutilmente. E se guardiamo i dati di recenti studi condotti in Italia sull’argomento, potremo renderci conto, di come la Calabria sia messa proprio male in fatto di formazione del personale.
Si tratta, a ben vedere, di una vera e propria zavorra che pesa sulle possibilità di competere alla pari con altri territori. Un divario di competenze che interessa una fetta importante di lavoratori coinvolti nei processi produttivi del Paese e che diviene ancor più allarmante nel Mezzogiorno e in Calabria in particolare.
Una sfida, quella della riqualificazione del personale all’interno delle aziende e degli enti pubblici, che sembra non essere colta appieno dalle imprese e dalle amministrazioni. Nonostante sia acclarato che la formazione aziendale costituisca una delle leve fondamentali per una corretta strategia di crescita delle imprese e degli enti locali. Imposta da un mondo in continua trasformazione che dovrebbe dettare i tempi anche alle aziende, per restare al passo con la competizione scatenata da un mercato globale.
Ed invece dai dati dell’Istat emerge che meno di sette imprese su dieci (il 68,9%) ha svolto attività di formazione del personale e se la quota supera il 90% per le grandi imprese, per quelle con meno di 50 dipendenti la soglia scende al 66,1%. Mentre per Uninoncamere, che attraverso il sistema Informatico Excelsior ha il polso della situazione, soltanto il 44,4% delle imprese, nel corso dell’anno preso in esame (il 2020), ha svolto attività di formazione interna.
Con discrepanze sensibili tra le varie aree del Paese. Con un Nord est che segnala oltre la metà delle aziende attive in processi di formazione del personale a differenza del Sud dove la soglia si ferma al 39,1%. Un quadro negativo che diviene ancor più disarmante se l’analisi dei dati si restringe non alla mera attività di formazione ma a quante aziende hanno effettivamente organizzato corsi per qualificare i dipendenti. In questo caso, consultando i dati elaborati da Unioncamere su sistema Excelsior, emerge che in Italia la quota di imprese che ha organizzato corsi di formazione scende al 19,3%. Anche qui con differenze territoriali rilevanti. Se nel Nord Est la percentuale di aziende sale al 24,2%, al Sud scende viceversa al 14,7%. Più fosca la situazione appare se si leggono i dati sul numero effettivo di dipendenti, che hanno svolto nell’anno formazione. Stando alle elaborazioni del rapporto di Unioncamere, emerge che neppure due lavoratori su dieci hanno partecipato a corsi effettuati dalla propria impresa. In media in Italia sono stati il 17,2%, al Sud il 14,3. Eppure sono le stesse aziende che denunciano un gap di competenze tra i propri dipendenti. In questo senso dalle rilevazioni dell’Istat emerge che, ben per un terzo delle imprese, una parte dei propri addetti non aveva le competenze adeguate a svolgere la propria attività rispetto allo standard richiesto. Un deficit di competenze che, sempre stando ai dati Istat, interessa due terzi del personale che opera nelle aziende di grandi dimensioni.
Limiti che in Calabria risultano ancor più marcati, rischiando così di incidere maggiormente sulle possibilità di riscatto dell’intero sistema produttivo regionale. Se non si correrà rapidamente ai rimedi. Riusciranno le imprese e gli enti locali a capire che la formazione del personale è un tassello fondamentale per lo sviluppo e l’organizzazione degli stessi ? Lo diciamo con tutta onestà, crediamo che imprese ed enti locali non riusciranno a cogliere in pieno questa grande opportunità, anzi il divario tra nord e sud aumenterà, con la Calabria che, irrimediabilmente, continuerà a sprofondare sempre di più nella palese impreparazione dei dipendenti, siano essi privati o pubblici, nell’affrontare le sfide di una società in costante evoluzione.