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Area archeologica di Sibari inaccessibile: emblema dell’assurda arretratezza della Calabria del nord-est

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CORIGLIANO-ROSSANO – Per fare turismo non bastano un monumento, un bar vicino al monumento ed un bel paesaggio intorno. Per fare turismo servono principalmente tre cose: idee originali, capacità di marketing, servizi. Che creano una destinazione, attraverso una visione competente e globale delle cose, anche lì dove c’è il deserto. Nella Sibaritide, a parte qualche isolata eccezione che si riscontra perlopiù nell’iniziativa imprenditoriale, comunque “azzoppata” dall’arretratezza in cui versa il contesto territoriale, questi tre elementi mancano. In realtà, basta che una di queste tre prerogative venga meno per creare il cortocircuito. Ed in parte, l’emblema di questa assurda arretratezza che attanaglia la Calabria del nord-est è rappresentato proprio dal Parco archeologico di Sibari. Un gioiello, un unicum di storia, cultura e bellezza che però non riesce ancora a diventare l’attrattore cardine di questo territorio.

Con l’avvento del nuovo management alla guida del Museo e dell’area archeologica di Sibari le cose sembrano essere cambiate ma manca ancora moltissimo affinché quel luogo diventi orgoglio e ancora identitaria per le popolazioni della Sibaritide e meta per turisti e visitatori. Soprattutto sul piano infrastrutturale. Basti pensare che un qualsiasi viandante, a parte i locali e chi conosce questa zona della Calabria, transitando lungo il 24esimo km della Statale 106 bis, non sa che in quel preciso punto sta camminando su una delle storie più belle, maestose, affascinanti dell’antichità.

Il sito archeologico è, di fatto, un illustre sconosciuto.  Non un cartello, non un segnale d’impatto a indicare che lì c’è qualcosa di unico, irripetibile e irrinunciabile.

Ma questo è nulla, anzi irrilevante, rispetto, invece, ai “guai” ben più grossi sul piano dei servizi alla mobilità che quel sito storico patisce quotidianamente.

«Il problema del Parco di Sibari, del perché non decolla, è l’accessibilità». A dirlo è Filippo Demma, direttore del Museo e del parco Archeologico di Sibari nonché direttore della rete dei musei calabresi, ospite nei giorni scorsi a l’Eco in Diretta. Il suo arrivo nella Piana del Toro cozzante, ha senza dubbio rivoluzionato il paradigma di quel sito: da luogo sinonimo di abbandono ad area dalle potenzialità infinite per sviluppare turismo, economia e nuova consapevolezza.

Ci sono problemi, però, che esulano dalla responsabilità diretta della gestione del Parco. E uno di questi è, appunto, l’accessibilità. «Al parco – spiega Demma - si arriva solo in auto, solo gli interessati al sito arrivano fin qui». Non ci sono treni, gli aeroporti sono distanti anni luce ma ad aggravare tutto è l’assenza di un piano di trasporto pubblico locale che metta in connessione piccoli e grandi hub di trasporto con il Parco ed il Museo. «Senza il trasporto pubblico – ricorda il direttore - il Parco resta tagliato fuori. E questo discorso – precisa - vale anche per i centri storici e per tutto ciò che occupa zone decentrate».

Il problema? «È la Statale 106» dice perentorio Demma. Basti pensare che un potenziale visitatore del parco che arriva da Sud lungo la statale jonica, per immettersi all’interno del parcheggio dell’area archeologica deve arrivare prima alla stazione ferroviaria di Sibari e poi ritornare indietro (un giro allucinante tra svincoli a raso e passi a livello lungo circa 10 km). Non va meglio ai pullman turistici che, una volta riusciti ad arrivare al Parco, devono riprendere la strada direzione nord. Qui il giro diventa ancora più allucinante con l’immissione sulla “centosei” direzione Corigliano e inversione di marcia sul cavalcavia di Schiavonea (20km per ritornare sullo stesso punto è ripartire). Facile capire come sia grottesca questa situazione quando basterebbe la realizzazione di una rotatoria lungo la Statale 106. «Il progetto relativo alla rotatoria – ricorda Demma - che agevolerà l’ingresso al sito è già pronto, va solo attualizzato. Dobbiamo solo redigere la convenzione con Anas per ritrasferire i fondi e quindi procedere alla riqualificazione».

Ma proprio sui fondi si è giocato un lungo ed estenuante braccio di ferro vinto, al fotofinish, proprio dal nuovo management del Parco e del Museo di Sibari. «C’è un fondo di compensazione per l’impatto degli ammodernamenti che hanno avuto luogo a partire dal 2007, i famosi megalotti della statale 106 che ancora sono in corso» ricorda il direttore Demma. Ebbene questo fondo ammonta a 18 milioni circa di euro, «ma sono ancora fermi». «La delibera che impone al contraente generale di versare il 2 % dell’importo totale è del 2009, ad oggi non si è visto nulla. Ad agosto abbiamo ottenuto la modifica del soggetto beneficiario di questo fondo, che era Anas. Li abbiamo ottenuti noi come Parco archeologico» precisa ancora il responsabile del management dell’area storica di Sibari e del museo e poi aggiunge: «In questo lotto di opere sono previste opere civili e strutturali che serviranno a migliorare l’accessibilità al Parco, perciò toccheranno proprio alle infrastrutture e tutti quegli interventi che agevoleranno anche l’esperienza interna al Parco e al Museo».

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.