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Quelle pensiline gridano vendetta: dal mare all’entroterra sono simbolo di abbandono

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CORIGLIANO-ROSSANO – C’è una sequela di codici e codicilli, normative e regolamenti, di revoche e deroghe che in Calabria tengono su quel mastodontico mondo del trasporto pubblico locale. Bus, treni e corriere – come raccontiamo da sempre – si muovono grazie ad autorizzazioni e soldi, tanti soldi pubblici messi sul tavolo dalla Regione a sostegno delle diverse imprese che garantiscono il servizio costituzionalmente garantito della mobilità. I servizi, però, almeno nel vasto territorio della Sibaritide-Pollino, sia su gomma che su rotaia, sono una chimera rispetto agli standard nazionali (per non parlare rispetto a quelli europei!). Il trasporto pubblico, da queste parti, è un “accessorio” così desueto, antico e fuorimoda che nessuno lo usa più. Eppure – dicevamo - spendiamo un sacco di soldi per tenere in piedi un sistema-rottame da mercatino delle pulci.

Capire cosa c’è che non funziona nel mondo del trasporto pubblico locale può aiutarci a dare una risposta ad uno dei misteri più grandi che attanaglia la Calabria del nord-est: perché i cittadini di questa parte di mondo utilizzano la macchina anche per andare a prendere un caffè al bar? Semplicemente perché nessuno li ha abituati a vivere diversamente.

C’è una non cultura della mobilità pubblica, economica e sostenibile che parte dall’Abc delle cose. Una maleducazione che trova origine in una spaventosa disattenzione alle regole. Soprattutto da parte delle istituzioni che dovrebbero vigilare e invece, come quasi sempre accade, girano la testa dall’altra parte. Anche e soprattutto nelle situazioni più piccole.

Un caso su tutti: gli stalli di sosta, i punti di fermata degli autobus di linea. Qualcuno nel territorio della Sibaritide, partendo dal mare per finire all’entroterra della Sila greca, sa dove sono? Per un improvvido turista che si avventuri in questo territorio trovare la classica fermata della corriera sarebbe un’impresa. Se non fosse per qualche pezzo di pensilina che spunta dalle sterpaglie o da quelli che un tempo erano i marciapiedi di sosta che richiamano lontanamente ad una presenza archeologica di fermata, non esisterebbe nulla. Insomma, ci si muove a sensazioni e sentimento, o a fiuto o – peggio – rincorrendo un autobus come in un film di Dany Boon, pregando l’autista di fermarsi.

Insomma, di rendere utile un servizio pubblico come il trasporto e renderlo parte integrante di una cultura civica moderna non gliene importa niente a nessuno: né alle istituzioni tantomeno ai vettori. Eppure entrambi sarebbero obbligati per legge a rendersi promotori di buone pratiche per la mobilità. Non fosse altro perché – ribadiamo – dietro a questo servizio gira un business di diversi milioni di euro di fondi pubblici.

A muovere le fila del Trasporto pubblico locale in Calabria c’è una legge, la 35/2015. La magna carta del trasporto regionale su rotaia, su gomma e per le vie marine interne (poche o quasi inesistenti). Un complesso di norme ben dettagliate che, però, di fatto non è entrato mai in vigore. Semplicemente perché la Regione si è dotata di un nuovo strumento legislativo, quasi dieci anni fa, ma poi non è stata consequenziale nell’indire i bandi di gara per la riassegnazione delle corse del Tpl. Si va in deroga dal lontano 1997! E questo genera, ovviamente, una serie di disguidi a catena e lassismo, anche in quelle società di autolinee detentrici del kilometraggio (e quindi di denaro) per l’effettuazione del servizio.

Ed è così che la posa degli stalli di sosta o delle pensiline di attesa o soltanto delle paline degli orari che dovrebbero essere affissi per legge a tutte le fermate sono diventate un miraggio. E tutto questo dovrebbe essere a carico del vettore concessionario del servizio. Ma se da un lato le imprese di autolinee appaiono inadempienti e insolventi verso i loro obblighi, chi dovrebbe vigilare non lo fa.

Con la citata legge regione 35/2015, che istituisce tra l’altro anche l’Autorità Regionale dei Traporti della Calabria, viene costituito (Art.11) l’Osservatorio della mobilità. Si tratta di un organo di controllo che – pensate - dovrebbe vigilare e monitorare «sull’organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale e sull’informazione all’utenza». Praticamente, ad oggi, è un organo pressoché inutile e certamente inadempiente.

E intanto in Calabria continuiamo a buttare denaro pubblico su servizi inesistenti.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.