Morti sul lavoro, la Calabria continua a detenere un'orrenda maglia nera
Allarmanti gli ultimi dati Inail. il 2022 segna per la nostra regione un aumento delle vittime: fino ad agosto i casi denunciati erano 21
CORIGLIANO-ROSSANO - Di lavoro, purtroppo, si continua a morire. Nonostante i moniti, gli appelli, una parvenza di buona volontà nel voler far rispettare le regole, le ormai logore e stantie dichiarazioni di condanna, la gente per guadagnarsi un pezzo di pane esce la mattina di casa e non sa se ci farà più ritorno.
È davvero amaro dover prendere coscienza dei dati pubblicati in questi giorni dall’Inail (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), secondo i quali le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e settembre di questo 2022 sono state 536.002 (+35,2% rispetto allo stesso periodo del 2021), 790 delle quali mortali. In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 43.933 (+8,6%). In sostanza, nei primi nove mesi dell’anno si registra, rispetto all’analogo periodo del 2021, un deciso aumento delle denunce di infortunio, un calo di quelle mortali e una crescita delle malattie professionali. Tra le regioni che registrano aumenti dei casi di infortunio mortale, invece, si segnala la Calabria (+10 casi).
Numeri e percentuali che devono riportare al centro dell’agenda politica della Regione Calabria l’avvio di un confronto, prima di tutto con le organizzazioni sindacali, con le azioni concrete da intraprendere per invertire la tendenza e garantire maggiore sicurezza sui posti di lavoro. Quindi il 2022 segna per la nostra regione un aumento delle vittime: fino ad agosto i casi denunciati erano 21, una media di più di due al giorno. Un numero superiore già al totale degli infortuni mortali registrati in regione nel 2021, che si fermò a 17. Il raffronto con lo stesso periodo dello scorso anno – le morti bianche in Calabria nei primi otto mesi erano state 12 – vede un incremento del 75 per cento. Il maggior numero degli infortuni mortali si è registrato in provincia di Cosenza. Le vittime sono soprattutto uomini, l’età media è di 43 anni. L’aumento degli infortuni mortali denunciati in Calabria è in controtendenza rispetto al dato nazionale, che ha registrato una (seppur lieve) flessione.
Cresce sensibilmente anche il numero di denunce totali. Al 31 agosto in Calabria erano state 6.960, con un incremento del 41 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (4.930). Dato poco superiore alla media nazionale, che segna una variazione tra 2022 e 2021 del 38,7 per cento. In aumento in regione anche il numero di malattie professionali denunciate: si passa da 1.325 a 1.407 (una variazione del 6 per cento circa, rispetto a una media nazionale che sfiora l’8).
I numeri delle vittime degli incidenti sul lavoro, nonostante i numerosi provvedimenti normativi con i quali si è cercato, nel tempo, di prevenirli, sono allarmanti, drammatici. Raccontano storie di vite spezzate, di famiglie distrutte, di persone gravemente ferite, di uomini e donne che invocano giustizia. Persone che si appellano alle istituzioni, ai datori di lavoro, alla coscienza di chiunque sia nelle condizioni di rendere i luoghi di lavoro posti sicuri, in cui sia rispettata la dignità della persona. Dicevamo che si rende necessario, da parte della Regione Calabria, di avviare in questa direzione azioni concrete. Azione che, secondo noi, dovrebbero partire, ad esempio, dal condizionare la destinazione di finanziamenti alle imprese, soprattutto quelli per l’attuazione del Pnrr e dei Fondi Europei, ad investimenti in salute e sicurezza sul lavoro. Ogni settore dovrebbe seguire precisi criteri di qualificazione, soprattutto – ma non solo – negli appalti pubblici. Quello che serve è formazione e addestramento per tutte le lavoratrici ed i lavoratori, per tutti i tipi di contratto, all’inizio dell’attività lavorativa, prima di adibire alla mansione. Ma anche formazione per i datori di lavoro quale requisito per l’avvio o l’esercizio dell’attività d’impresa.
Inoltre è essenziale il rafforzamento dei controlli da parte di Asl, Inail, Inps, quello che viene definito come ‘sistema vigilanza’: il coordinamento e il confronto tra questi soggetti, e il coinvolgimento delle parti sociali, possono garantire una proficua collaborazione capace di rafforzare la prevenzione. I lavoratori e le lavoratrici di oggi fanno i conti con un lavoro che cambia, con innovazioni tecnologiche e digitali, cambiamenti climatici, precarizzazione del lavoro, invecchiamento della forza lavoro: i livelli istituzionali competenti non possono rimanere fermi a guardare, servono azioni concrete che possano dare corpo agli intenti affidati a protocolli troppo spesso rimasti lettera morta, nonostante le sollecitazioni delle organizzazioni sindacali. Con ogni probabilità, trasformare la sicurezza del lavoro come materia di studio da introdurre nei programmi scolastici, perché non sia solo una conoscenza di norme ma si concretizzi il rispetto del valore della vita umana, potrebbe favorire questo percorso di cambiamento nell’approccio a questo tema fondamentale per il diritto alla salute.