Mensa scolastica, a Corigliano-Rossano scoppia la polemica sulla genuinità dei prodotti
Il sindaco conferma che il nuovo capitolato è incentrato su «qualità e accessibilità». L'associazione 8 Torri accusa, invece, «la mancanza della filiera corta». E un assessore sbotta: «Non siamo mica in un ristorante di Cracco!»
CORIGLIANO - ROSSANO - Chiarezza e trasparenza su quello che viene portato a tavola nelle mense di Corigliano-Rossano. Il presidente dell’associazione 8 Torri sullo Jonio, Lenin Montesanto, denuncia la dubbia provenienza dei prodotti utilizzati nelle scuole e rilancia: «L’Amministrazione comunale, nell’attesa che vengano effettuati i controlli da parte di tutti gli organi preposti, compresi i genitori, sospenda immediatamente l’erogazione dei pasti».
L’associazione ha monitorato i menù dei plessi a tempo pieno: «Su un’intera settimana - fa sapere - non c’è stata una sola volta in cui ai bambini siano state proposte le nostre clementine. Come frutta sono state scelte mele e pere coltivate fuori dal nostro territorio e addirittura merendine industriali». Alla faccia della filiera corta.
E pensare che quest’anno il costo giornaliero del pasto è aumentato di 1,20 centesimi a bambino. Ma, evidentemente, più caro non fa rima con più sano.
D’altronde, persino il capitolato d’appalto è piuttosto vago sulla questione delle materie prime. «La ditta affidataria del servizio - si legge nell’accordo tra le parti - è tenuta a svolgere la preparazione dei pasti secondo le tabelle dietetiche e le caratteristiche merceologiche degli alimenti, compreso l’utilizzo di prodotti biologici, tipici, a chilometro zero, tradizionali». Dunque questa tipologia di alimenti è contemplata ma non obbligatoria o quantomeno non è prioritaria. È chiaramente a discrezione della ditta e non una condizione necessaria per mantenere il rapporto di collaborazione tra Comune e azienda affidataria del servizio mensa.
Ora, quanto c’è di tradizionale e tipico nella scelta del formaggio spalmabile come secondo piatto? E quanto c’è di biologico in una crostatina confezionata con sopra qualcosa di lontano anni luce da una marmellata di frutta? Eppure la mensa è iniziata in forte ritardo, il 2 novembre, e con un sensibile rincaro, soprattutto se la somma viene conteggiata per l’intero anno scolastico, con la promessa di portare a tavola una rivoluzione copernicana in nome della filiera corta e della genuinità dei prodotti. Tant'è che il karma del nuovo servizio, oltre a quello dell'accessibilità, è la qualità. Lo aveva detto proprio settimana scorsa il sindaco Stasi ai microfoni dell'Eco in Diretta: «La pubblica amministrazione deve investire sulla qualità e sull'accessibilità e questo capitolato d'appalto ci consente di migliorare il servizio».
Adesso che sono state sollevate le perplessità, però, l’Amministrazione comunale sembra fare orecchie da mercante e minimizza: «Se le famiglie pretendono che i propri figli a scuola mangino come nel ristorante di Cracco, questo non è possibile». Questo è stato, invece, il commento di un assessore. Ma non è certo così che si può uscire dalla "maglia rotta". Nessuno pretende cucina gourmet o cibi costosi, ma la trasparenza e la qualità. Scegliere merce locale significa puntare sulla genuinità, prediligere prodotti che non debbano affrontare lunghi viaggi guadagnando così in freschezza e integrità.
Insomma, in una terra ricca di produzioni proprie e di eccellenze, sarebbe un vero peccato uscire fuori dalla logica del km zero. Cosa stiamo pagando con quell'euro e venti in più al giorno? A ben vedere, se la selezione dei prodotti venisse fatta in base alla filiera corta e alla coltivazione biologica, il rincaro sarebbe un diplice guadagno: per la salute dei piccoli commensali e per l'economia del nostro territorio.