Crisi energetica, ok Meloni a nuove trivellazioni: la Sibaritide-Pollino è un pozzo di idrocarburi - LA MAPPA
A breve il Governo darà 12 nuove concessioni per l’estrazione di gas. Il referendum no-triv del 2016 fallì miseramente. Ora tutto è possibile. Sulla carta delle aree ‘‘trivellabili’’ c’è anche la Calabria del nord-est
CORIGLIANO-ROSSANO - Il conflitto Russia-Ucraina e il consequenziale aumento dei costi dell’energia sta portando a scelte drastiche e probabilmente anche impopolari. Ma purtroppo necessarie. Una di queste misure - annunciata ieri dal premier Giorgia Meloni - sarà quella di nuove concessioni per l’estrazioni di idrocarburi sul territorio nazionale. Nel dettaglio saranno 12 le autorizzazioni che rilascerà lo Stato Italiano alle società energetiche su diverse aree del territorio italiano.
Un’impresa possibile e legittima anche alla luce del misero fallimento a cui andò incontro il Referendum no triv del 16 aprile 2016. All’epoca per contrastare l’invasione delle trivelle sul territorio nazionale andò a votare solo il 31% degli aventi diritto (si doveva scegliere di impedire l’attività perforativa in mare oltre le 12 miglia) dando, di fatto, via libera alle holding energetiche di poter procedere - all’occorrenza - all’estrazione dei combustibili.
L’occorrenza è arrivata, con buona pace di tutti e oggi c’è tutta l’esigenza di dover recuperare idrocarburi da bruciare per sostenere l’economia.
A questo punto in tutto il Paese sono scattati i campanelli d’allarme, specie in quelle zone che sotto i loro piedi, piuttosto che nel mare difronte a loro, hanno importanti giacimenti di gas. Nulla a che vedere con quelli presenti in Asia, in Africa o in Medio Oriente ma comunque importanti - e quindi strategici - per sostenere l’economia italiana che, altrimenti, in vista dell’imminente inverno si troverebbe davanti un aggravarsi del peso della crisi. Strategici e al tempo stesso invadenti. Perché un impianto di estrazione non solo impatta visivamente sul territorio o nello specchio di mare dove viene installato ma potrebbe avere anche conseguenze nefaste sugli equilibri dell’ecosistema.
La Calabria, così come la maggior parte delle regioni del meridione, è una delle regioni con il maggior numero di giacimenti gasiferi. In particolare è la Calabria Jonica ad avere un primato assoluto di risorse. Da Steccato di Cutro fino a Rocca Imperiale, passando per la Sila Greca, la Piana di Sibari ed il versante costiero del Pollino, c’è un territorio che ‘‘galleggia sul metano’’.
La mappa tracciata dal Ministero della Transizione ecologica (aggiornata ad aprile 2022) mostra chiaramente questo ‘‘tesoro’’ sotterraneo che sta proprio sotto di noi. C’è un però. Che probabilmente - almeno per il momento - potrebbe tenere lontana la Calabria del nord-est da una comunque indispensabile campagna di estrazione. Lo stesso dicastero dell’ambiente, infatti, indica il 90% della zona calabra come «non idonea alla ricerca di idrocarburi»; il tutto accompagnato da una vasta macchia grigia sulla mappa. Insomma, il gas c’è ma al momento non si può estrarre. Diversa cosa, invece, per i giacimenti in mare, oltre le 12 miglia dalla costa, che invece sarebbero estraibili.
Fortuna vuole che un’estrazione in mare, almeno in questo momento, sarebbe meno conveniente sia per tempi di realizzazione delle piattaforme che per i costi di estrazione. Quindi è quasi certo che nessuna delle 12 nuove concessioni che rilascerà il Governo riguarderà la Calabria, almeno - ribadiamo - in questo frangente di estrema emergenza.