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Il destino del numero dodici

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Per cause ignote e vane ad indagarsi, il Calcio non mi piace più. Ai tempi in cui lo seguivo e, sia pur se male ma con diletto grande, lo giocavo, i numeri apposti alle maglie non erano fissi. Di partita in partita, secondo i ruoli, i calciatori portavano un numero dall’uno all’undici: l’uno per il portiere, il due per il terzino destro, il tre per il sinistro, il quattro pel mediano, e così seguitando fino all’undici, riservato all’ala sinistra. Tutto ciò, quale che fosse il calciatore. Destino del portiere di riserva era il numero dodici: destino amaro, poiché grama e sparuta era per lui la speranza di giocare, specie se il titolare era uomo arduo a battersi, e simbolo, perciò, d’una paterna protezione.

          Ingaggiato venticinquenne alla Juventus per fare da riserva a un già trentottenne Dino Zoff, Luciano Bodini coltivò per ben quattro stagioni la speranzosa certezza di prenderne il posto. Ma quando Zoff si ritirò (Maggio del 1983), Bodini patì in sorte di diventare la riserva di Stefano Tacconi, e di restarlo per anni.

          Prima della comparsa di Bodini, sostituto di Zoff alla Juve era un goffo simpatico spilungone dall’aria mite e dal dolce sorriso: Giancarlo Alessandrelli. È l’ultima giornata del Campionato 1978/79. Il Milan ha già vinto il sospirato suo decimo scudetto, e la Juventus ospita l’Avellino. Conduce per 2 a 0, la Vecchia Signora del Calcio italiano, manca circa mezz’ora alla fine del match, e mister Trapattoni pensa di regalare a Alessandrelli, già destinato all’Atalanta, il brivido del campo. Dino Zoff si ritira in buon ordine, e lo stadio gioisce alla gioia di un Giancarlo finalmente tra i pali col sempiterno 12 cucito sulla schiena. La Juve segna un’altra rete, ma la certezza d’aver vinto rilassa troppo i difensori, e l’Avellino, cui il pareggio è necessario per la certezza di restare in serie A, accorcia le distanze con Gianluca De Ponti. Qualche minuto dopo, Alessandrelli non trattiene un tiro scagliato da lontano: sopraggiunge di nuovo De Ponti, lo trafigge di nuovo. E l’Avellino preme… Poco prima del fischio finale, con grave colpa i difensori juventini lasciano il vecchio Peppe Massa solo davanti ad un Alessandrelli che esce incerto e sarà scavalcato da un morbido crudele pallonetto.Una manciata di minuti per esordire in prima squadra e beccare tre reti. Nel tempo, Alessandrelli muterà in pacata saggezza quel così amaro pomeriggio.

          Mi sono sempre chiesto come facessero i portieri destinati a un’eterna riserva a restar tali senza intristire o diventare matti. La vicenda di Giulio Nuciari m’ha fornito la chiave per abbozzare una risposta. Tra Milan e Sampdoria, Nuciari collezionò la semidiabolica cifra di 333 panchine col numero 12. In serie A giocò soltanto diciassette volte. Era bravo, Nuciari, e forniva perciò la certezza che un infortunio o una squalifica del titolare non avrebbe lasciato la squadra in balia di onde avverse. Era un servo d’Orchestra, discreto e necessario. Ben pagato per questo e da questo gratificato, svolgeva il proprio compito nella dorata pace di trovarsi al suo posto, nel gioco e nella vita.

          Se saggezza t’aiuta a fare da riserva, non c’è saggezza che rinfranchi chi, titolare, si vede sbattuto in panchina. Primo portiere della Roma era il baffuto Paolo Conti. Vice di Zoff in Nazionale, per lui si prevedevano cose grandi assai quando, nel corso del Campionato 1979/80, Nils Liedholm, allenatore dei capitolini, lo pospose al più giovane Franco Tancredi. Sostituto del proprio sostituto, Conti mai più sarà chiamato in Nazionale, e lascerà la Roma preferendo la serie cadetta e poi addirittura la C 1 pur di fuggire il marchio della maglia col numero 12, che indosserà comunque, a Firenze, in conclusione di carriera.

La più incredibile retrocessione dall’1 al 12 fu quella che patì uno dei più forti e bizzarri e simpatici portieri italiani d’ogni tempo. Acrobata spettacolare ed efficace, Luciano Castellini (“Giaguaro” il suo giusto nomignolo) era capace di negare il gol a palloni che già vedevi gonfiare la rete. Con il Torino aveva vinto una Coppa Italia e un Campionato, del Torino era il numero uno indiscusso, quand’ecco che divenne anch’egli (stagione 1977/78) riserva della propria riserva, e cioè di Giuliano Terraneo. Se Paolo Conti era un bravo portiere e Franco Tancredi era di lui più bravo, Castellini era un genio e Terraneo un onesto burocrate. Atroce, per un genio, far da riserva ad un burocrate, e Castellini trova asilo a Napoli: titolare, per come gli spetta. Traccerà in cielo voli mai visti prima o dopo all’ombra del Vesuvio; stabilirà primati d’imbattibilità; delizierà i tifosi, ogni amante del Calcio, ogni patito del ruolo.

Calciatore puoi anche inventarti. Se nascesti portiere, siine grato alle stelle.

Ettore Marino
Autore: Ettore Marino

Lettore, se ne hai curiosità, sappi che Ettore Marino, arbërèsh di Vaccarizzo Albanese, è nato a Cosenza nel 1966; che ha collaborato e collabora con varie gazzette cartacee e digitali; che per Donzelli Editore è uscita, nel 2018, la sua "Storia del popolo albanese. Dalle origini ai giorni nostri"; che nel 2021 è diventata libro, per le Edizioni "ilfilorosso", una sua raccolta di liriche intitolata "Patibolo"; che nell’Aprile del 2022 ha pubblicato, per Rubbettino Editore, "Un quadrifoglio, verde tra le spine. Traduzioni da poeti italoalbanesi"; che ha scritto molte altre cose di cui va talora chiedendosi se resteranno sempre inedite; che è arcilieto di collaborare con L’Eco dello Jonio; che il Covid, di cui pure ha patito, non gli ha fatto dismettere l’uso del tabacco; che ignora quando e come morirà.