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Virgilio. La più famosa delle Ecloghe

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Grande e bruno lo dissero; spesso malato; rude d’aspetto ma d’animo mitissimo. Tardo di lingua fino a sembrare idiota, quando leggeva i propri versi la voce gli diventava pronta e bella quanto nessuna, sì che un poeta di cui si sa soltanto il nome era solito dire (ammirazione molto ambigua...) che gli avrebbe rubato qualche verso solo se avesse potuto rubargli anche la voce.

Virgilio epicureo; Virgilio stoico; Virgilio pitagorico... Detto così poco rileva. I pascoli, i campi, i capitani... Poeta, Virgilio: dottissimo, eco dal timbro solo suo di ogni suono che lo aveva percosso.

Dolore e grazia. Un passo prima del sublime, e oltre, quando lo vuole. Tutto quando lo vuole: un variare di toni che ti fa ammutolire, una lingua dalle sorprese occulte, di cui quasi fatichi ad accorgerti.

Della pace di Augusto non può che aver amato la pace stessa, e ancor di più gli dèi agresti. Ma la terra è dolore, e l’amore è dolore, e Roma, perché fosse, aveva riempito di sangue i solchi della terra, e il mare porta via l’innocente e lo dà vivo a una proda dove genti crudeli lo uccidono: gli dèi stessi tracciarono un solco tra le parole e il senso, e vana resta ogni preghiera che ne voglia mutare i decreti. Ma Roma è, ma i bovari cantano, ma un amore magicamente affaccendato riporterà l’amato a casa, e il laborioso Aristeo sarà ricco, e chi ha perso la gara per uno sgambetto avrà in dono una pelle leonina, e un magnifico scudo consolerà chi ha perso per il volere della sorte, e il bel giovinetto che ha vinto con incolpevole dolo piange lacrime belle, e la folla è con lui, e il primo premio, un cavallo bardato di magnifiche fàlere, sarà suo al cospetto di tutti: doppia ingiustizia – ma forse perciò la poesia?

Dolore e grazia, appunto. Mai scordarsi però che con grazia dolente il timido poeta mantovano cesellò il più spaventevole distico d’ogni Letteratura: Qui legitis flores et humi nascentia fraga, / frigidus, o pueri, fugite hinc: latet anguis in herba. Lo rattrappisco come segue: “Ragazzi che cogliete fiori e fragole, / fuggite: l’erba cela un freddo serpe.”

Non è vizio ignorare Virgilio, o chi per lui; lo diventa se chi lo ignora prova invidia verso chi lo conosce. Conoscerlo è virtù, che si degrada a sterco se s’accompagna a una spocchiosa vanità. So bene che quanto ho appena scritto può risultare arduo a chi di Virgilio nulla sappia. Ardui allo stesso modo avranno a risultargli tutti i riferimenti, e non soltanto mitologici, che tramano il testo di cui vado a proporre una mia antica traduzione. Non ho che un consiglio da offrire: Lettore, o hai agio e voglia di metterti a studiare, o abbandónati al flusso dei versi, più e più volte: ne sprizzerà una luce!

Ecloga IV Più in alto, Muse di Sicilia. Non / tutti amano gli arbusti o le umili / tamerici. Se canterò le selve, / siano degne d’un console. Predetto / da Cuma, venne il tempo ultimo: torna / il grande corso dei secoli, torna / la Vergine, e i regni di Saturno, / e la nuova progenie dall’alto / cielo. Casta Lucina, sii benigna / al fanciullo che nasce: per lui cede / già la stirpe di ferro, e quella d’oro / terrà la terra. Regna già il tuo Apollo. / Console, tu vedrai, Pollione, nascere / di questa età la luce, e andare grandi / i mesi, e sotto il tuo comando, se / traccia di nostra colpa indugia, libera / dall’eterna paura rimarrà / la terra. Egli avrà vita dagli dèi, / dèi con eroi vedrà, sarà tra essi, / e le cose del mondo reggerà / pacificate per virtù di padre. / Da sé la terra a te, fanciullo, primo / suo dono, spargerà edere e bàccara, / intreccerà per te la colocàsia / all’acanto che ride. Le caprette / torneranno da sé, le mamme turgide / di latte, a casa, e non dà più paura / agli armenti il leone. Quasi culla, / tutta di fiori fiorirà la terra. / Morrà la serpe, l’erba velenosa / morrà, si coprirà d’amomo assiro / ogni zolla. E quando potrai leggere / le lodi degli eroi, e di tuo padre / le gesta, e ti sia nota la virtù, / di flessuose spighe imbiondiranno / pian piano i campi, dai rovi negletti / rossa penderà l’uva, e la nodosa / quercia stillerà miele. Dell’antico / crimine, pure, ancora rimarrà / traccia, ancora tenteremo il mare, / cingeremo di mura le città / e feriremo di solchi la terra. / Tifi di nuovo, Argo di nuovo, per / i più splendidi eroi, e nuove guerre, / e Achille, ancora, smisurato, a Troia. / Ma poi più nulla. Sarai uomo. Al mare / diranno addio i naviganti, e quale / nave più andrà scambiando merci? Tutto / avremo dalla terra tutta: dal / suolo ignaro di rastrelli, dalla / vigna che non saprà falcetto, e il rude / aratore libererà dal giogo / i bovi, né la lana dovrà fingere / le varie tinte: muterà da sé / vello pei prati l’ariete, ora croco / ora porpora, e vestirà di sé / il carminio gli agnelli pascolanti. / “Filate tali secoli!”, ossequiose / al volere dei fati già intimarono / le Parche ai fusi, e già t’incalza il tempo / di onori immensi, prole degli dèi, / seme eletto di Giove. Ruota e freme / il mondo: guarda il mare, guarda i baratri / del cielo: tutto esulta dell’età / che su di noi s’adagia. Io voglio vivere / per cantarti, e non il tracio Orfeo, / non Lino mai mi potrebbero vincere. / Figlio di Apollo è Lino, ed è Calliope / madre ad Orfeo. Vano sarebbe il loro / aiuto. E anche se Pan avesse cuore / del giudizio d’Arcadia, Arcadia giudice, / Pan sarebbe sconfitto. Ma tu sei / piccolo ancora. Impara a riconoscere / dal sorriso tua madre. Ti portò / per dieci mesi con tormento. Impara. / A chi la madre e il padre non sorrisero, / mai un dio darà cibo, mai darà / alcun giaciglio d’amore una dea.

Ettore Marino
Autore: Ettore Marino

Lettore, se ne hai curiosità, sappi che Ettore Marino, arbërèsh di Vaccarizzo Albanese, è nato a Cosenza nel 1966; che ha collaborato e collabora con varie gazzette cartacee e digitali; che per Donzelli Editore è uscita, nel 2018, la sua "Storia del popolo albanese. Dalle origini ai giorni nostri"; che nel 2021 è diventata libro, per le Edizioni "ilfilorosso", una sua raccolta di liriche intitolata "Patibolo"; che nell’Aprile del 2022 ha pubblicato, per Rubbettino Editore, "Un quadrifoglio, verde tra le spine. Traduzioni da poeti italoalbanesi"; che ha scritto molte altre cose di cui va talora chiedendosi se resteranno sempre inedite; che è arcilieto di collaborare con L’Eco dello Jonio; che il Covid, di cui pure ha patito, non gli ha fatto dismettere l’uso del tabacco; che ignora quando e come morirà.