di SAMANTHA TARANTINO Chiudere gli occhi ed immaginare l’immensità di Sibari, la ricchezza di Bisanzio, la potenza della Magna Grecia. Questo il tema del convegno, organizzato dall’Ateneo Tradizionale Mediterraneo, tenutosi il 12 settembre scorso in un pomeriggio speciale, nelle suggestive sale del Castello ducale di Corigliano. Già il titolo “Dall’ ultima notte di Sybaris agli ori di Bisanzio” ha fatto riecheggiare sonorità uniche in cui almeno per un giorno ci si è sentiti stretti in una sola lingua, in un unico scenario. Tanti gli spettatori che hanno potuto immergersi in un ritorno al passato coccolati da testimonianze visive, scritte e audio che hanno nutrito di emozione animi forse un po’ troppo ignari della propria origine. Gli esperti dando spazio a ipotesi e certezze, hanno finalmente sollevato un pesante velo da troppo tempo impietosamente posto. E dalla πόλις all’Urbe, passando dalla Magna Grecia alle origini della conquista romana, si parla della presenza Bizantina nella Magna Grecia. Un parterre di tutto rispetto. L’Accademico Maria Antonietta Campolo, il Segretario Questore del Consiglio regionale, Giuseppe Graziano, il Rettore prof. Luigi Pruneti che ha letto il poemetto “Sono la mia terra”. Il Prof. Franco Liguori intervenuto su “Sybaris e la Calabria magnogreca. Storia, miti, archeologia". Il Prof. Don Giuseppe Scigliano, il prof. Mario Vicino, il segretario dell’Ateneo Tradizionale Mediterraneo Ivan Iurlo e l'intervento dell'Assessore alla Cultura di Rossano Stella Pizzuti. Una giornata che ha toccato il culmine già solo sussurrando il nome dell’amato Codex e del suo atteso ritorno, senza dimenticare una panoramica tra gli splendori e orrori di corte: Bisanzio e i suoi miti. Così si rimane incantati dalla descrizione dei nostri avi Sibariti, con i quali la storia è sempre stata ingenerosa. La voce della poetessa Anna Lauria li rende quasi tangibili. Li senti sui loro cavalli impreziositi da gemme e “armature d’oro”. Ed allora come non accogliere, anche con una certa fierezza, il concetto di Municipalità, che non appartiene evidentemente solo alle città medievali del centro Italia, così accoratamente espresso dall’intervento del prof. Francesco Filareto. «La nostra Cultura identitaria greco-bizantina, il nostro “villaggio vivente nella memoria” sono la nostra “Mediterraneità Jonico-Silana”, la quale recuperata e valorizzata, saprà dare alla nostra popolazione la fierezza, la passione, l’ umano e – soprattutto - il senso della vita, il progetto di vita, personale e associato e anche le coordinate dello sviluppo per il futuro e per i giovani». E per finire si chiude con un dubbio storico. Alarico, re dei Visigoti, sarà sepolto nella Sibaritide?
ALLA RICERCA DELLE SPOGLIE DI ALARICO (foto). La storia se non è alimentata da curiosità e da quel pizzico di pepe che solo il dubbio dà, si spegne. E di ipotesi è stata nutrito il convegno del 12 settembre “Dall’ ultima notte di Sybaris agli ori di Bisanzio” in cui l’intervento del prof. Luigi Ferrarese su “Il mistero della tomba scomparsa. Leggende e ipotesi su Alarico e la sua sepoltura”, ha sollevato molti dubbi su qualcosa che forse era già stato dato per certo. E tra le leggende del Santo Graal, Stonehenge, la Spada nella roccia e Atlantide mitica città perduta, la tomba del re dei Visigoti Alarico, rappresenta un altro grande mistero della storia. Una figura feroce e spietata a capo dell’orda di barbari che invasero e saccheggiarono la città eterna Roma. Il noto Sacco appunto del 410 d.C. fu opera del ricchissimo Re, che probabilmente dopo la profanazione del “sacro luogo” partì per il sud Italia con destinazione Africa. Messe a ferro e a fuoco svariate città, ripiegò su Cosenza all’età di 40 anni portando con sé il male oscuro della malaria che, ai tempi imperversava tra i monti del Bruzio. E così il terribile Alarico si spegne mentre si accende il mistero sul luogo esatto della sua sepoltura e dell’uccisione dei suoi fedeli, soppressi perché non svelassero il segreto. Per non parlare poi del mistero del Tesoro su cui davvero sono stati stesi fiumi d’inchiostro, ancora avvolto nella leggenda, nulla a che invidiare all’altro noto tesoro di Priamo. Roba da far impallidire anche il più esperto Indiana Jones. Una sepoltura senza luogo, che ha dato il via alle ipotesi più disparate. Sarà forse il fiume Busento, appositamente deviato, ad accogliere le spoglie del Re, così come canta una ballata tradotta da Giosuè Carducci? Oppure sarà lungo il fiume Caronte (zona Carolei) da dove passava un’antica strada e dove pare esistano alcune grotte con tanto di croci. Ecco perché il Professor Luigi Ferrarese con il suo intervento ha parlato di un’ipotetica tomba di Alarico con probabile locazione in zona Giosafatte di Corigliano e documentazione fotografica annessa, ha messo una bella virgola invece che un punto fermo. Da qui si può e si dovrà continuare nella ricerca, magari promuovendo campagne di saggi scavo. Intanto iniziamo a parlarne, perché dalla grande Sibaritide sono passati proprio tutti.