di SAMANTHA TARANTINO In periodo di crisi generale e di turismo e di ricerca di soluzioni autoctone, il settore degli agriturismi dimostra di essere sicuramente una delle vie percorribili più coerenti con le attese di quello sviluppo durevole di questa regione. Sono i numeri a confermare che il rapporto diretto ospiti-produzioni tipiche non soltanto funziona ma può diventare un anello mancante strategico e trainante nella catena dei diversi turismi che la Calabria e la Sibaritide in particolare è in grado di offrire e condividere con l’ospite. A spiegarcelo è
Gabriella Martillotti presidente di
Agriturist Calabria, tra i partner principali della
Bjt, la
Borsa Jonica del turismo, che si tiene a
Trebisacce dal 30 maggio al 2 giugno e che ha come slogan ed ambizione quello di promuovere e far conoscere il territorio al territorio, il turismo cosiddetto di prossimità. A partire – dice la Martillotti – dalla tavola e dalle eccellenze enogastronomiche che sono, poi, i protagonisti ed i marcatori identitari dell’offerta e della ricettività della rete agrituristica. La storia rurale di un territorio, la conoscenza di quella che i francesi chiamano terroir, promuovere tutte le attività connesse alla sfera agricola a vocazione turistica sono gli obiettivi prioritari della nostra associazione regionale, nata nel 1965. Stiamo registrando – continua – un trend più che positivo, con un incremento del 30% delle presenze. È un dato importante che conferma il matrimonio in atto tra domanda di turismo esperienziale e identitario con la capacità che le nostre strutture dimostrano di avere di sapere coinvolgere attivamente l’ospite, emozionandolo con le produzioni ed il contatto diretto con la terra. Tendenza di questi ultimi anni – continua – è quella di offrire al turista/ospite dei pacchetti enogastronomici, archeologici, avventurosi (trekking). Come dire ad ognuno il proprio percorso, passando dal senso del gusto. Oggi chi investe in un’azienda agricola diversificata in agriturismo, per fare accoglienza, è alle prese con un turista più consapevole di prima. Il che sta determinando, assieme ad un salutare aumento dei controlli, una fisiologica scrematura di ogni approssimazione a tutto vantaggio di un’offerta imprenditoriale professionale e soprattutto aderente alla nostra storia agricola ed alle nostre vocazioni. Certo – ammette la Martillotti – per consentire di sfruttare al meglio le nostre risorse dovremmo poter arrivarci con più facilità. Il capitolo mobilità resta quello più grave. Gli agriturismi si trovano spesso nelle aree interne, non collegate dai mezzi pubblici (laddove esistenti) con il resto delle città. Navette ad hoc, frutto di sinergie pubblico-privato, potrebbero contribuire a trasformare questo gap in risorse e quella che è oggi un’assenza in valore. Ma vi è anche il capitolo norme e burocrazia a rallentare troppo spesso la propensione imprenditoriale, anche, manco a dirlo, nel settore degli agriturismi. Un esempio fra i tanti, la legge che impone la macellazione di non più di 3 o 4 capi all’interno di un’azienda agrituristica. Un limite paradossale per quanti, penso ad esempio al
Relais Il Mulino di Corigliano Calabro, di
Giorgio Aversente, raggiunge percentuali vicine al 100% di offerta identitaria, con soli piatti e prodotti di produzione propria.