Manca il farmaco salvavita, il calvario di una paziente oncologica: «Curarsi non deve essere un privilegio»
La storia di Rosaria è quella di molti malati costretti ad affrontare le inefficienze di un sistema sanitario sempre più lontano dai bisogni reali. Cure inaccessibili e carenza di famarci rendono il percorso di cura un vero calvario

CORIGLIANO-ROSSANO - Può dirsi davvero civile un Paese che continua a negare e rendere difficoltoso l’accesso alle cure ai malati? Nel nostro territorio - e più in generale nell’intera regione – ci si continua a scontrare con i ritardi, l’inefficienza e l’impossibilità di ricevere cure e servizi sanitari adeguati. Tra terapie inaccessibili e lunghe liste d’attesa, a farne le spese sono i pazienti, soprattutto quelli oncologici e con gravi patologie, che, oltre alle difficoltà della malattia, sono costretti a fronteggiare ogni giorno i disagi di un sistema che non li protegge, non li tutela.
Dietro questo grido c’è il dolore della malattia ma anche e soprattutto il dolore dell’abbandono. Sono esperienze che nessuno dovrebbe vivere: sentirsi invisibili in un sistema che misura il valore della vita solo in termini di efficienza è un dato drammatico che continuiamo a registrare attraverso il racconto dei pazienti.
La protagonista della storia di oggi è Rosaria Curatelo, cittadina di Corigliano-Rossano, che da circa un anno sta affrontato un autotrapianto di cellule staminali: «Un percorso complesso, lungo, doloroso che mi ha portata lontana dalla Calabria per circa 9 mesi. Malattia affrontata con dignità, forza e fiducia nella sanità italiana».
«Da cittadina calabrese, ancora una volta, - ci racconta Rosaria - mi ritrovo costretta non solo ai "viaggi della speranza" per curarmi in altre città, ma oggi anche a cercare con affanno e disperazione un farmaco salvavita, l’Eritropoietina, senza il quale la mia emoglobina precipita e sono costretta a sottopormi a continue trasfusioni».
«È inaccettabile! Inaccettabile – rimarca con sgomento - che in una regione d’Italia (e non in un Paese del terzo mondo) un paziente fragile, immunodepresso e in terapia, debba elemosinare un farmaco fondamentale per la sua sopravvivenza. È umiliante, ingiusto, disumano».
Poi un duro attacco a chi dovrebbe garantire il diritto alla salute dei cittadini: «Oggi mi rivolgo pubblicamente al Ministro della Salute e al Presidente Occhiuto, che parlano di sanità territoriale, di servizi che tornano, di dignità per i calabresi. Ma dov’è la dignità quando un paziente oncologico deve girovagare tra farmacie ospedaliere e ricevere come risposta solo un “non è disponibile”?».
E aggiunge: «Io non voglio compassione, non voglio privilegi: voglio ciò che mi è dovuto per diritto, come cittadina e come paziente e soprattutto come garantito dalla Costituzione italiana (art.3 e art.32). Vi chiedo un intervento immediato e strutturale: non solo per me, ma per tutti quei pazienti che ogni giorno si trovano abbandonati a sé stessi in questa terra martoriata. Io, questa volta, non mi fermerò».
Sebbene il diritto alla salute sia proclamato in teoria, la sua applicazione resta disomogenea, con aree del territorio drammaticamente al di sotto dei livelli minimi di assistenza. È in questa discrepanza che si consuma la grave contraddizione del nostro tempo che, nella sua corsa al benessere, sembra avere cura più dei sani che dei malati.