Crati, gli argini della vergogna: Vinitaly brinda, la sicurezza aspetta
Dei lavori di consolidamento annunciati a gennaio nessuno sa nulla. Rassegnati, i residenti sono pronti ad un nuovo inverno di paure. Intanto venerdì a Sybaris, a pochi metri da quegli argini, riparte la grande rassegna internazionale dei vini

CORIGLIANO-ROSSANO – E siamo ancora qui, a parlare del Crati e dei suoi argini, della sua storia idrogeologica che nasconde ancora tante verità ma che una cosa l'ha messa in chiaro: la natura si riprende sempre quello che è suo. Ma tranquilli: è luglio, fa caldo, il fiume è un rigagnolo polveroso e nessuno ha voglia di preoccuparsene. Tanto più che dopodomani si inaugura il Vinitaly and the city, l'evento fuori fiera della prestigiosa rassegna enogastronomica internazionale veronese, negli scavi dell'antica Sybaris – sì, proprio lì, a poche centinaia di metri da dove nel gennaio 2016 un argine cedette all’improvviso e allagò il parco archeologico come un’immensa vasca di fango e detriti. All’epoca tutti a sgranare gli occhi, a battersi il petto, a invocare interventi. Tutt'altra storia rispetto a oggi, dove tutti saranno intenti a stappare vini e bollicine.
La cronologia, in fondo, è banale nella sua tragicità: nel 2018 e 2019, a seguito di una nuova inondazione, il Crati si prese case, campi, stalle. Tutto. Nel 2023, dopo tante insistenze, venne annunciato un finanziamento da 7,8 milioni; nel gennaio scorso, invece, fu pubblicato il bando di gara europea da quasi 6 milioni che sarebbero serviti a ripristinare buona parte di quegli argini, con l'inizio dei lavori che sarebbero dovuti iniziare l’1 maggio scorso con ultimazione prevista entro i successivi 448 giorni (termine ultimo il 23 luglio 2026). Oggi è il 16 luglio, e in questi due mesi e mezzo non si è visto nemmeno un escavatore. Quando inizieranno i lavori nessuno lo sa.
I residenti di Thurio e Ministalla guardano quegli argini come si guarda un vecchio muro scrostato che minaccia di caderti addosso. Si limitano a sperare che la stagione delle piogge arrivi il più tardi possibile. Tanto si sa come funziona: ci si ricorda del Crati solo in autunno, quando la piena scivola impietosa su quelle sponde e sulle paratie mai rinforzate. È allora che ricomincerà la giostra delle promesse, degli annunci, dei proclami roboanti. Poi tornerà un'altra estate, tornerà il Vinitaly (forse) e tutti saranno nuovamente felici e contenti.
Il fiume è lì, fermo, silenzioso, come un vecchio che non ha più forza per ribellarsi. Ma la memoria di chi ha visto l’acqua devastare case, frutteti e aziende agricole non si spegne. Il paradosso più grande è proprio sotto i riflettori di Sibari: memoria più augusta della nostra Calabria, orgoglio del nord-est, vetrina di eccellenza dell'archeologia italiana ma a un passo dal collasso idrogeologico. E quando l’argine cederà di nuovo – perché, sia chiaro, cederà – nessuno potrà dire “non sapevamo”.
Per ora, brindate pure. Il Crati aspetta. E sa essere molto paziente, finché non decide di presentare il conto.