Dalle prime luci dell’alba è in corso, a Cosenza, una vasta operazione dei carabinieri del Comando provinciale, supportati dai militari dell’8° Nucleo elicotteri, del 14° Battaglione Calabria, del Nucleo cinofili e dello squadrone eliportato carabinieri Cacciatori di Vibo Valentia. Oltre 200 carabinieri stanno eseguendo ordinanze applicative di misura cautelare nei confronti di 18 soggetti nel capoluogo bruzio, emesse dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Cosenza e dal gip del Tribunale dei minorenni di Catanzaro, su richiesta delle locali Procure della Repubblica.
LE MISURE CAUTELARI
Questi provvedimenti eseguiti: sedici misure di custodia cautelare (di cui 10 in carcere e 6 agli arresti domiciliari), a seguito di ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Cosenza, su richiesta della locale Procura della Repubblica, per i reati in concorso di “ricettazione”, “furto” ed “estorsione”; due misure di custodia cautelare (di cui 1 in istituto di pena minorile e 1 in comunità), a seguito di ordinanza emessa dal gip presso il Tribunale dei Minorenni di Catanzaro, per il reato di “associazione per delinquere finalizzata ai furti di auto e successive estorsioni”.
COSENZA, L’INCHIESTA
L’indagine, condotta dal mese di novembre 2017 dai militari del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia Carabinieri di Rende – unitamente a quelli del Nucleo investigativo di Cosenza e della Stazione Carabinieri di Montalto Uffugo – scaturisce da una seria recrudescenza del fenomeno dei furti di veicoli; rilevato in particolare nell’area urbana di Cosenza e Rende e nella zona valliva di Montalto Uffugo. Nel corso delle indagini sono stati acquisiti elementi utili a delineare uno strutturato gruppo criminale, composto in gran parte da soggetti di etnia “rom”. E anche il modus operandi della banda. I malviventi, una volta trafugati i veicoli, contattavano i proprietari, attraverso cabine telefoniche pubbliche, per imporre loro, nel corso di appuntamenti concordati nel cosiddetto “Villaggio degli Zingari” di Cosenza, la corresponsione di somme di denaro per la restituzione. Solo all’atto della riscossione del provento dell’estorsione (variabile da 300 a 1.500 euro), indicavano ai proprietari dei mezzi il luogo ove avrebbero potuto rinvenirli. Quando non si trovava un accordo con le vittime, i presunti estorsori provvedevano a “cannibalizzare” le autovetture, traendo illeciti guadagni dalla cessione dei pezzi di ricambio ottenuti. Sarebbero state documentate le responsabilità degli indagati riguardo a 52 furti di autovetture, seguiti da altrettanti episodi di estorsione, raccogliendo, in ultimo, anche le dichiarazioni delle vittime (48 persone ascoltate), la maggior parte delle quali ha collaborato con i militari operanti nell’identificazione degli autori.
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