Verba Volant - La generazione del ritorno
Il tema del ritorno, così come quello della partenza, è uno dei temi più discussi e affrontati nella nostra terra. La parola del verba volant di oggi è proprio ritorno
C’è una sensazione di argentinidad nella mia idea di ritorno: io parlo sempre di volver, quello stato dell’anima che ti fa sentire lontano da casa, dai luoghi del cuore, dal posto della tua vita.
Mi è capitato spesso, da quando sono ritornato, di sentir dire che troppi giovani vanno via, che una percentuale bassissima riesce a rientrare nella propria terra e questo è il terreno fertile per la fine della nostra terra.
C’è una nota di amara tristezza tematica, ma spesso si scambia nel dibattito la vittima per il carnefice. Si tende ad addossare ai giovani la colpa di non ritornare, mentre l’essenza della questione resta il motivo della partenza. Noi partiamo per conoscere il mondo, ma anche per conoscere noi stessi. Per scoprire le nostre ambizioni, o i nostri talenti. Per vivere esperienza che al sud non possono essere vissute. Nessuno parte a cuor leggero, anche se può essere liberatorio da un certo punto di vista. Soprattutto, nessuno ritorna a cuor leggero, perché con il sentimento del volver, si vive anche la frustrazione di non essere capiti, o di parlare una lingua diversa o addirittura di trovare un luogo che non è cambiato e che non vuole ascoltarti.
Per me è stato così: scrivo in un modo diverso dal classico giornalismo. Uso nel mio lavoro quotidiano, inglesismi che sanno di stereotipo milanese; provo a raccontare storie con canali e format nuovi. Per mia fortuna ho trovato un luogo come l’Eco, in cui non ho paletti, quindi subentra la responsabilità del raccontare qualcosa di giusto.
Oltre agli articoli che avete letto e che leggerete, arriverà presto un nuovo format video. È un talk, un porto sicuro in cui gli uomini e le donne, i professionisti dei lavoro del futuro, ma soprattutto i ragazzi della mia generazione che hanno scelto di tornare, possono raccontarsi. Si chiama #CDDT, Ci Diamo Del Tu, perché l’unica regola è darsi del tu ed eliminare qualsiasi formalità. Ascolterete storie di vita vera, lavori ancora poco conosciuti, esperienze particolari. La verità è che dobbiamo creare un sud in cui i giovani possano scegliere se andar via oppure no. Dobbiamo creare un sud in cui chi torna non si sente incompreso.
Spero che questo lavoro, queste storie che saranno raccontate, siano una parte del processo. Perché ci sono davvero tanti talenti che vanno via, ma anche tanti che ritornano e noi li indichiamo come ragazzi “che pensano ancora di essere all’università”.
Il processo inizia con la consapevolezza e fare giornalismo, per me, vuol dire anche questo: fare informazione in modo tale da far camminare la società verso il futuro.