Vivere in difesa
Continuano le proteste di alcuni gruppi ambientalisti, che usano l'arte come ostaggio per far sentire la loro voce. Le proteste variano dall'incollarsi alle opere d'arte, fino ad imbrattare o rovinare le opere stesse o le cornici che le contengono
Vivere in difesa è una delle frasi mantra della mia adolescenza. Vivere in difesa significa dedicarsi alla protezione, impegnarsi nella cura, resistere per non distruggere.
Vivere in difesa non vuol dire mai indietreggiare; la difesa non è mai sinonimo di immobilità; Vivere in difesa non è semplicemente creare una barriera difficile da oltreppassare.
La difesa è un confine in movimento, che si sposta di pari psso con le idee del futuro, che muta, cambia, si evolve, come un liquido senza una forma stabile.
Vivere in difesa non significa essere reazionari.Vivere in difesa non significa accettare tutto. Vivere in difesa no è accettazione, al contrario può essere rivoluzione.
Dico tutto questo perchè oggi si parla di proteste e stranamente la parte che ho scelto di difendere non è quella dei protestanti. Non certo per l'idea, ma per le modalità dell'azione: parliamo di gruppi ambientalisti, in difesa dell'ambiente quindi, che per far sentire la loro voce, si incollano o imbrattano, o danneggiano, opere d'arte.
Questo trend nasce a maggio, al Louvre di Parigi, dove alcuni giovani attivisti, al grido di “Salviamo il Pianeta”, hanno lanciato una torta sulla Gioconda di Leonardo da Vinci. Incidente senza conseguenze, come quasi tutti gli altri che sono seguiti. Di solito, infatti, o almeno nella maggior parte dei casi, questi capolavori sono protetti da vetri blindati, che preservano le opere da qualsiasi forma di danneggiamento. Cosa che però non riguarda le cornici, anch’esse a volte pezzi d’arte di pregio.
A luglio, una serie di musei inglesi entra nel mirino di Just Stop Oil, gruppo ambientalista che protesta contro l'uso dei combustibili fossili. Presi di mira la Courtauld Gallery di Londra, la Kelvingrove Art Gallery di Glasgow e la Manchester Art Gallery. Ma è nella National Gallery della capitale britannica che si è verificato l’episodio più grave: il quadro al quale i giovani attivisti si sono incollati, The Hay Wain di John Constable, riporta lievi danni, come ha comunicato la direzione del museo.
Ottobre è stato un mese “caldo”: il 14 i militanti ecologisti di Just Stop Oil, impegnati nella campagna di protesta anti-petrolio, hanno lanciato un liquido, secondo le prime informazioni una zuppa commestibile, contro I girasoli di Vincent Van Gogh, custoditi a Londra alla National Gallery. Il 23 tocca a un Monet, Il pagliaio, colpito da due attivisti di Ultima generazione al Museo Barberini di Potsdam, in Germania, lanciandogli contro del purè di patate. Il 27 ottobre viene colpito il capolavoro di Vermeer, La ragazza con l'orecchino di perla, esposta all'Aja nel museo Mauritshuis.
Non si tratta sempre di azioni dimostrative che hanno per finalità il danneggiamento (anche solo tentato) di un quadro o di un’opera d’arte figurativa. Cosa che potrebbe portare a dire che la loro protesta è ragionevole, sensata, condivisibile in queste forme e secondo queste modalità. Creare un disagio è infatti lo strumento attraverso il quale si sensibilizza e si genera dibattito, si suscitano reazioni contrastanti e si porta all’attenzione dell’opinione pubblica un tema sentito e d’interesse pubblico.
Il problema però nasce quando si va a deturbare, rovinare, intaccare, la bellezza dell'arte, per la quale tutti noi dovremmo vivere in difesa.
Creare solidarietà per la propria battaglia, dovrebbe essere uno dei punti cruciali delle proteste. Non è semplicemente creare dibattito. Non è semplicemente creare rumore.
In questo caso vivere in difesa significa difenedere la bellezza.