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La vera Perla di Calabria è in bottiglia e racconta, sorso dopo sorso, un territorio e una storia antichissima

3 minuti di lettura

CORIGLIANO-ROSSANO - Se dico Corigliano-Rossano a cosa pensi? Io al mar Ionio, così pulito da non farti rimpiangere il tramonto, alle arance e alle clementine, al pesce fresco, all’acquapark, alla liquirizia, al Codex Purpureus, alla cattedrale della Madonna Achiropita. Adesso, però, penso pure alle perle. No, niente bracciali in vista: la vera Perla di Calabria è in bottiglia e racconta, sorso dopo sorso, un territorio e una storia antichissima. Dici Calabria e la mente viaggia nel tempo. Per alcuni sono retaggi, come se essere eredità della Magna Grecia fosse roba di poco conto. Eppure non c’è futuro senza passato: “Perla di Calabria” lo sa e ha investito sulla tradizione. È il 2019 quando Vincenzo La Pietra, imprenditore rossanese (siamo in provincia di Cosenza), inaugura il liquorificio che, oltre ad un brand, vuole farsi progetto culturale e territoriale promuovendo il turismo esperienziale.

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Nel liquorificio artigianale le materie prime a chilometro zero vengono trasformate in bevande spiritose, e non è una battuta! Un liquore è una bevanda spiritosa, ha un sapore dolce e si ottiene grazie all’aromatizzazione dell’alcol (o di altre bevande spiritose, appunto). È qui che nasce l’Amaro Bizantino, dalla ricetta segreta – non per l’azienda! – dei monaci bizantini che già utilizzavano le erbe spontanee per fini terapeutici o per integrare l’alimentazione delle comunità. Se pensiamo che l’ammazzacaffè sia un fatto delle nostre generazioni ci sbagliamo perché già in tempi lontanissimi certe erbe venivano fatte macerare proprio perché alcuni principi vegetali si estraggono al meglio con l’alcol e non con l’acqua. In tal modo si ottenevano bevande ed elisir pensati, innanzitutto, come curativi. A qualcuno, però, venne in mente di migliorarne il sapore e renderli da degustazione: l’abito non farà il monaco ma allora i monaci diedero una nuova veste a questi infusi tramandando le ricette. Ma da dove provenivano? Dioscoride Pedanio, medico al tempo di Nerone, scrisse quello che sarebbe diventato il primo trattato di medicina erboristica. Quattro secoli dopo, nel 512, il popolo di Costantinopoli fece dono alla principessa Anicia Giuliana di una copia dell’opera in segno di gratitudine per aver costruito una chiesa cristiana. È il primo erbario illustrato della storia, lo stesso giunto fino alla terra del Codex Purpureus e del Patìr grazie a quei monaci esperti di erbe.

PELADICALABRIA COPERTINAFACEBOOK 1640X924 - Meraviglie di Calabria - 4La immagino così la ricetta dell’Amaro Bizantino: un foglio ingiallito ai bordi con macchie d’inchiostro e alcol al centro della pagina. Non conosciamo gli ingredienti ma quel che è certo è che le erbe sono di Rossano e, come per tutti gli altri prodotti dell’azienda, non si fa uso di coloranti o conservanti: è tutto artigianale quello che luccica e viene lavorato nel rispetto della genuinità dei sapori di una volta.

Cocktail in salsa calabra

Ma se c’era una volta una ricetta, negli anni venti-venti c’è una svolta e risponde al nome mixology, ovvero cocktail in salsa calabra. Si fa così: 3 cl di Amaro Bizantino, 3 cl di mandarino sibarita, ghiaccio, raffreddare, completare con prosecco, guarnire con un twist d’arancia (il mandarino sibarita, famoso per il suo gusto selvatico, è un altro autoctono conosciuto sin dall’antichità, ndr). Nell’era della sperimentazione enogastronomica, pure l’amaro fa un passo indietro e si lascia servire prima di un caffè. Anzi, si fa puro ingrediente: lo hai mai provato sulla carne al posto delle tradizionali glasse? E se dicessi topping su un risotto allo zafferano? Mettere le mani in pasta per credere.

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Un omaggio al territorio

Il piacere sarà pure profano ma nei prodotti Perla di Calabria si cela qualcosa di sacro: le “etichette parlanti”, infatti, sono un omaggio alla Madonna Achiropita protettrice di Rossano e all’Abbazia di Santa Maria del Patìr, gioiello del territorio: al centro tra le due aree urbane, la chiesa è immersa tra i boschi dell’ultimo lembo della Sila Greca a ridosso dell’oasi naturalistica dei Giganti di Cozzo del Pesco e si affaccia sulla piana di Sibari e sullo Jonio. L’antica icona della Madonna dipinta da mano non umana e l’Abbazia campeggiano su mousse e liquori che raccontano il lato più profumato di questa terra. Finocchietto bruzio, liquirizia, melone, limone, mandorla e mandarino: perle di un filo che, a seguirne la scia, porta dritto in Calabria, in un paese della costa jonica lambito dal mare dove di amaro c’è solo il liquore.

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(Fonte Rachele Grandinetti - Meraviglie di Calabria) 

Veronica Gradilone
Autore: Veronica Gradilone

26 anni. Laurea bis in Comunicazione e Tecnologie dell’Informazione. Mi piace raccontare le storie, non mi piace raccontare la mia