Brillante intervento contro il bracconaggio della Capitaneria di porto di Co-Ro, plauso delle associazioni
Cabs e Gruppo Adorno: «Speriamo ponga fine alla sconcertante situazione di illegalità, restituendo la spiaggia alla libera fruizione di tutti i cittadini senza che corrano il rischio di essere impallinati e salvaguardando la fauna selvatica»
SIBARI - Un lungo tratto di arenile sul litorale di Sibari, nei pressi della Foce del Fiume Crati, “espropriato” ogni anno, da ottobre a gennaio, da gruppi di cacciatori che l’avevano trasformato in un luogo esclusivo per battute di caccia abusiva agli anatidi.
Sulla spiaggia, situata nel Comune di Cassano Jonio, questi gruppi raggiungevano i luoghi di caccia percorrendo illecitamente l’arenile con veicoli fuoristrada e scavavano nella sabbia profonde buche nelle quali calavano strutture rigide in ferro o legno coperte da foglie di palma, dalle quali sparavano agli uccelli acquatici comodamente seduti e, per giunta, utilizzando richiami elettroacustici vietati dalla legge.
Questa l’incredibile situazione di illegalità e di esproprio di un bene pubblico contro le quali si sono battute per anni le associazioni Cabs e Gruppo Adorno, effettuando segnalazioni a tutte le Autorità competenti, Procura della Repubblica di Castrovillari compresa.
Per questo le due associazioni plaudono al brillante intervento posto in essere nei giorni scorsi dalla Capitaneria di Porto di Corigliano Calabro che ha individuato 5 persone che occupavano i capanni abusivi, denunciandoli per occupazione abusiva di area appartenente al demanio marittimo (art. 1161 Codice della Navigazione) nonché attività di modifica dello stato dei luoghi in area protetta e vincolata in assenza delle prescritte autorizzazioni.
Le associazioni si augurano che l’importantissimo intervento della Capitaneria ponga fine definitivamente alla sconcertante situazione di illegalità, perpetuata da soggetti residenti e da altri provenienti da fuori regione, restituendo la spiaggia alla libera fruizione di tutti i cittadini senza che corrano il rischio di essere impallinati (come purtroppo accade con sempre maggiore frequenza nelle zone di caccia) e così salvaguardando la fauna selvatica, anche protetta, che tenta di rifugiarsi nelle aree retrodunali e invece trova ad attenderla i fucili dei cacciatori.