La Regia Salina di Lungro, storia millenaria di una miniera dimenticata
Già Plinio il Vecchio ne parlava nei suoi scritti, ma gli archeologi affermano risalga alla preistoria. Il sito oggi narrato in un Museo, mantiene ancora le tracce secolari dei minatori

CORIGLIANO-ROSSANO – Sembra quasi una storia leggendaria, lontana dal nostro tempo e dal nostro territorio, invece l’antichissima miniera di salgemma di Lungro, il cui sale estratto, veniva esportato anche in Europa, ha rappresentato per secoli una ricchezza per la Piana di Sibari.
La miniera molto probabilmente è nata dall'evaporazione delle acque marine di grandi bacini scomparsi o sommersi.
La sua origine è persa nel tempo, addirittura ne fa menzione nei suoi scritti Plinio il Vecchio, in Naturalis Historia, accennando a cristalli balbini, chiamati così per la vicinanza del posto all’antica Balbia, l’attuale Altomonte. Ma da alcuni ritrovamenti di reperti archeologici, la miniera è datata da alcuni studiosi, come di epoca preistorica.
I greci costruirono la prima galleria sotterranea, mentre i sibariti e i romani diedero vita alle “vie del sale”, attraverso le quali la pietra di sale veniva trasportata per il commercio, lungo la catena montuosa del Pollino.
Durante il medioevo, l’attività di estrazione venne intensificata soprattutto da Federico II, che fissando il prezzo del sale, ne commercializzò ampiamente l’estratto, tanto che con la venuta in Calabria dei fuggitivi albanesi, i Sanseverino nella seconda metà del 1400, ne intensificarono ancora di più lo sfruttamento.
Di seguito l’alternarsi di vari dominatori sul territorio, fece passare la proprietà della miniera di mano in mano, di casato in casato. Finchè nel 1800 il sito passò nelle mani del demanio, per volere del re di Napoli, Gioacchino Murat.
Di seguito i lungresi si organizzarono contro i Borbone durante il Risorgimento e fu proprio a ridosso dell’unità d’Italia, nei primi anni del ‘900 che, nonostante l’intensificazione delle estrazioni di sale, il nuovo governo italiano decise di investire sul sale marino siciliano, per l'economicità dei costi di estrazione.
Da qui in poi, iniziò il decadimento della millenaria salina, tra malcontento degli operai che lavoravano con misure di sicurezza quasi inesistenti tanto che nel 1976, i Monopoli di Stato, deliberarono la rinuncia della concessione.
Per più di 40 anni la miniera fu abbandonata, tanto che si paventava anche l’idea di renderla discarica di rifiuti radioattivi. Solo nel 2010 parte il progetto preliminare "Recupero ex-Salina di Lungro" che si riconfermerà un ennesimo fallimento, perché anche se ristrutturato, l’edificio principale non avendo manutenzione, sarà continuamente soggetto a furti, le strutture adiacenti invece, non verranno mai riqualificate.
Nel 2010 è stato però inaugurato il Museo Storico della Miniera di Salgemma che raccoglie documenti, cimeli e curiosità sulla storia della Salina di Lungro, grazie al materiale donato soprattutto dalle famiglie lungresi, molte delle quali hanno avuto discendenti minatori, che ogni giorno scendevano lungo i due mila gradini, rimasti un simbolo nella memoria degli abitanti del territorio.
(fonte foto wikipedia)