La locomotiva del nord-est: le imprese reggono ma il pericolo del default arriva dall'entroterra
I dati Movimprese degli ultimi 5 anni sul saldo produttivo nella Sibaritide-Pollino dicono che dal 2020 ad oggi all'attivo ci sono 808 nuove aziende, ma restano tutte nel triangolo tra Corigliano-Rossano, Cassano e Castrovillari. Fuori c'è il deserto

CORIGLIANO-ROSSANO - Sulla carta i numeri sorridono: dal 2020 al 2024, nei 58 comuni del Nord-Est della Calabria, sono nate 5.650 imprese e ne sono cessate 4.842. Il saldo è positivo: +808 aziende. Un risultato che, visto dall’alto, potrebbe sembrare incoraggiante. Ma guardando dentro, comune per comune, emerge un paradosso impossibile da ignorare: a crescere sono solo i grandi poli e parte della fascia costiera, mentre l’entroterra continua a svuotarsi a ritmi galoppanti e preoccupanti
Corigliano-Rossano, Cassano Jonio e Castrovillari reggono sulle proprie spalle quasi tutta la crescita. In cinque anni hanno aggiunto insieme +537 imprese, trainando l’intero territorio. Corigliano-Rossano da sola segna +326 attività: è la locomotiva di un’area che, senza i suoi numeri, sarebbe ferma al palo.
La costa che resiste
Sulla fascia ionica, i piccoli centri costieri mostrano una vitalità moderata ma costante: +225 aziende. Rocca Imperiale (+54), Crosia (+45), Cariati (+38), Roseto Capo Spulico (+28), Trebisacce e Villapiana crescono grazie a turismo, agricoltura e servizi locali. Non numeri travolgenti, ma abbastanza per tenere le comunità in movimento.
L’entroterra che arretra
E poi ci sono i borghi interni. Qui il dato, pur formalmente positivo (+46 imprese in cinque anni), racconta una fragilità estrema. In realtà, in tanti centri si chiude più di quanto si apra: Santa Sofia d’Epiro −25, Mormanno −15, Vacarizzo Albanese −9, Amendolara −8, San Basile −8. In territori già segnati dallo spopolamento, ogni serranda che si abbassa non è solo un’attività in meno, ma un pezzo di comunità che se ne va.
Ed è qui che i numeri diventano denuncia: le politiche di sviluppo per le aree interne si sono rivelate fallimentari. Le promesse di rilancio non si sono tradotte in infrastrutture adeguate, in servizi, in occasioni reali di reddito. Chi rimane in questi comuni spesso vive con entrate sotto la soglia di povertà, senza reti di trasporto, senza strumenti per fare impresa. Così l’economia interna, lentamente, si cancella.
Un allarme da non sottovalutare
Il saldo positivo complessivo non deve ingannare: se i poli crescono e la costa resiste, l’entroterra si spegne. La fotografia è quella di un territorio sempre più polarizzato, dove lo sviluppo si concentra in pochi centri e lascia dietro di sé intere comunità destinate all’isolamento.
Un’analisi che è stata possibile grazie alla rapidità e alla precisione con cui la Camera di Commercio di Cosenza ha fornito i dati Movimprese alla nostra redazione. Una dimostrazione concreta di quanto un ente pubblico efficiente possa contribuire non solo al sostegno delle imprese, ma anche alla trasparenza e alla comprensione dei fenomeni economici che attraversano il territorio.
Ed è proprio da questi numeri, forniti con puntualità e chiarezza, che emerge il vero dato allarmante: nonostante la crescita apparente, si sta cancellando un pezzo intero di economia, quella dei borghi dell’interno. Una crescita a metà, forte per pochi, inesistente per molti.