Assalone (Cgil): «In Calabria c’è un deficit di democrazia amministrativa. Ora basta»
Il segretario provinciale di Flc-Cgil Cosenza: «Dobbiamo liberarci da una dittatura gestionale della cosa pubblica. Bisogna ritornare nelle piazze»
COSENZA - «Ogni percorso deve giungere ad un capolinea. “Non so che cosa accadde, perché prese la decisione. Forse una rabbia antica, generazioni senza nome” scriveva Francesco Guccini. Noi questa decisione dobbiamo avere il coraggio di prenderla. Adesso. Non si può più tentennare, mediare, sperare».
Così inizia il comunicato stampa di Pino Assalone segretario provinciale di Flc-Cgil Cosenza
«Anni bui stanno caratterizzando la vita amministrativa di questa Regione – continua. Dobbiamo liberarci da una dittatura gestionale della cosa pubblica che ha impedito l’ordinaria trasparenza di tutte le procedure relative alla stessa funzione di soggetti pubblici. In Calabria c’è un deficit di democrazia amministrativa che può essere solo messa in discussione attraverso un nostro impegno che passi anche dalla denuncia, dalla mediazione, ma soprattutto dall’idea che bisogna riconquistare gli spazi attraverso la lotta di piazza».
«Lo ripeto, - incalza - bisogna ritornare nelle piazze. Farci sentire ripartendo dal basso. Come sindacato stiamo per chiudere le tantissime domande degli aspiranti operatori Ata e le pratiche di mobilità di chi ha dovuto lasciare questa regione, la casa, gli affetti, per andare a lavorare altrove».
«Dietro ogni domanda di trasferimento – spiega - c’è una storia, una storia spesso fatta di sacrifici, una storia familiare il cui allontanamento si riflette non solo su aspetti economici pur importanti, ma soprattutto relazionali e affettivi. Spesso sono delle mamme docenti o parte del personale Ata che pur di raggiungere il sogno della stabilizzazione lavorativa affrontano da sole, e in province lontanissime del Nord Italia, l’esperienza del lavoro nel mondo della scuola».
«Dobbiamo avere il coraggio. Subito. Ritorniamo in piazza e chiudiamo questa stagione tetra nel nome degli operai, dei padri di famiglia, delle mamme costrette a vivere altrove, dei giovani disoccupati, di chi ha il diritto sacrosanto di rimanere» conclude.