“Anche i dolori sono, dopo lungo tempo, una gioia, per chi ricorda tutto ciò che ha passato e sopportato”. Una citazione che si racchiude nell’atmosfera chiaroscuro dell’Alta Sicurezza, caratterizzata dai particolari effetti di luce e ombra di forte intensità espressiva, e nella quale i detenuti hanno intrapreso, in acque calme e mari tempestosi, l’impresa di Ulisse. Un viaggio di ritorno in patria, quello dell’eroe omerico, che si identifica perfettamente come quella dimensione che tende al futuro, che permette ai viaggiatori, in questo caso ai detenuti che l’hanno incarnata sulla scena, di guardare dentro se stessi e ritrovare la propria identità. La potenza evocativa della storia di Ulisse funge da riscatto del passato, un modo per poter lasciare una finestra aperta sul quel mondo che è ormai cambiato e con esso anche le loro vite, e combattere i pregiudizi che caratterizzano il male indelebile per i veri protagonisti della rappresentazione.
C’è una voce, dietro quelle quattro mura, che grida e chiede di essere ascoltata, un urlo assordante accolto e trasformato in “lavoro dei segni” da professionisti come
Dario De Luca (regista),
Daniele Moraca (che ha riprodotto le gioie e i dolori dei detenuti in musica), i tutor che hanno curato nei minimi particolari il progetto,
Maria Valente,
Giuseppe Benvenuto,
Vincenzo Martini,
Adriana Caruso, assieme ai responsabili del progetto,
Pina De Martino e
Nicola Anastasi; il tutto racchiuso nelle foto/riprese del giovane ed emergente freelance
Giuseppe Abbruzzese. Un viaggio d’evasione da un destino oscuro del quale Ulisse vuole memorizzare solo il ritorno. E così, i detenuti hanno colto perfettamente il messaggio dell’eroe: quello di tornare a
casa.
Perché nulla è più dolce della patria e dei parenti. Perché ognuno di loro ha un’Itaca nel cuore.