San Nilo di Rossano, una vita di santità tra Oriente e Occidente
La vita del monaco calabrese che divenne fondatore dell'Abbazia di Grottaferrata. Il suo cammino lo portò a risiedere in diversi luoghi dell’Italia centro-meridionale, lasciando ovunque una testimonianza di fede, sapienza e umiltà

Il 26 settembre, la città di Rossano, in Calabria, dopo undici secoli, continua a celebrare con solennità la memoria del suo più illustre figlio spirituale: San Nilo, figura luminosa e centrale del monachesimo italo-greco, testimone di una profonda spiritualità radicata nella tradizione bizantina e ponte tra la spiritualità orientale e la tradizione latina. Nato intorno al 910 d.C., (X secolo) visse in un’epoca di grandi tensioni politiche, ma anche di grande fermento religioso e culturale, dedicando la sua vita alla preghiera, all’ascesi e alla ricerca dell’unione con Dio, lasciando un’eredità spirituale ancora oggi molto presente.
Le origini: Rossano e l’inizio della vocazione monastica
San Nilo, apparteneva ad una nobile famiglia. «La tradizione vuole che fosse dei Maléinos, dignitari imperiali apparentati con i Foca. Il giovane, molto bello, come asserisce il Codice Greco Criptense Basiliano, beta II, 430, f. 12-155»[ O. CAMPAGNA, San Nilo di Rossano al Mercurio, (940-952/53), Problemi e Bibliografia, Distretto Scolastico N. 21 Diamante - Cirella (CS), 1992. ]. Nacque a Rossano, città strategica e culturalmente vivace dell’Impero bizantino in Italia. All’epoca uno dei principali centri della Calabria bizantina, profondamente legato alla liturgia greco-ortodossa. Qui ricevette una solida formazione culturale e spirituale in ambiente greco-cristiano, profondamente influenzato dalla liturgia e dalla spiritualità orientale. Sin da giovane mostrò una forte inclinazione alla vita spirituale. Dopo un periodo vissuto tra i doveri familiari e le attrattive mondane, fu toccato da una profonda crisi interiore che lo portò alla conversione. Scelse così di abbandonare tutto, inclusa la moglie e la figlia, per abbracciare la vita monastica. Entrò in un monastero basiliano, secondo la tradizione orientale, e si formò alla scuola dei grandi Padri del deserto, vivendo in semplicità, povertà e meditazione della Parola distinguendosi per rigore ascetico, amore per la preghiera e grande cultura. Il suo nome iniziò a circolare per la sua sapienza e santità di vita.
Il cammino verso la maturità spirituale: la Valle del Mercure
«Nel 940, accompagnato da un monaco italo greco giunse «ai monasteri che erano intorno al Mercurio un giovane di Rossano di nome Nicola. […] Vi fu accolto dagli egumeni, che ne intuirono l’«acutezza del suo ingegno» e ne ammirarono «la soavità della sua pronunzia». Ma, non appena pervennero drastiche ingiunzioni e minacce da parte del governatore bizantino, fu mandato nel monastero di S. Nazario, «sottoposto ad un principato straniero», quello longobardo di Salerno, e lì, intorno ai trent’anni, divenne monaco, assumendo il nome di Nilo»[ Ibidem.].
Questo fu un passaggio importante nonché uno dei periodi più intensi della vita di San Nilo fu la sua permanenza nella Valle del Mercure, un’area montuosa e silenziosa al confine tra Calabria e Lucania, oggi nel Parco Nazionale del Pollino. In quest’area isolata e selvaggia, centro vitale del monachesimo basiliano, ricca di grotte e cenobi, sorsero numerosi eremi e piccoli insediamenti monastici basiliani. Fu proprio qui, in questo territorio aspro e isolato tra le montagne e i fiumi del Pollino, che Nilo maturò una parte significativa della sua esperienza spirituale.
Il santo rossanese visse qui un lungo periodo di ritiro, noviziato e contemplazione, probabilmente presso il monastero eparchico vicino Orsomarso, dove la natura e il silenzio favorivano la preghiera e la comunione con Dio. In questi luoghi soggiornò dal 943 al 952/953, sottoponendosi a diversi digiuni, lunghe veglie, prostrazioni e maltrattamenti verso il proprio corpo, subendo innumerevoli tentazioni. Non lasciò quasi mai i suoi eremi. Una volta si recò al monastero dove era il beato Fantino, per essere curato quando venne ad ammalarsi per il tumore che lo aveva colpito alla gola. Le ripetute incursioni saracene portarono alla conclusione della stagione mercuriense. Quando però la sua presenza venne in qualche modo resa impossibile, Nilo si rifugiò nel monastero di S. Adriano a San Demetrio Corone vicino Rossano.
Fu nei luoghi del Mercurio, però, che Nilo affinò il suo stile di vita eremitico e maturò l’idea di un monachesimo più puro, incentrato sulla preghiera incessante, la carità e la rinuncia totale a ogni ambizione mondana. La Valle del Mercure rappresentò per lui una sorta di "deserto interiore", dove visse esperienze mistiche e dove Nilo, nella sua grotta, diede accoglienza ai suoi primi discepoli Giorgio e Stefano di Rossano. Questo periodo segnò una svolta decisiva nella sua vocazione: da monaco solitario a padre spirituale di una comunità.
L’ascesa come guida spirituale e il viaggio verso il Lazio
Con il tempo, San Nilo divenne una figura di riferimento per molti monaci e vescovi. Pur rifiutando sempre l’ordinazione sacerdotale, fu considerato un uomo di Dio, cercato per consiglio e conforto. Il suo cammino lo portò a risiedere in diversi luoghi dell’Italia centro-meridionale: da Gaeta a Serra San Bruno, da Valleluce a Montecassino, lasciando ovunque una testimonianza di fede, sapienza e umiltà.
Grottaferrata: il compimento della missione
Giunto ormai in età avanzata e seguito da numerosi discepoli, San Nilo si trasferì nel Lazio, nei pressi di Roma. Qui, nel 1004, fondò il suo ultimo e più importante monastero: l’Abbazia di Santa Maria di Grottaferrata, vicino Frascati. Lì posò personalmente la prima pietra, ma morì pochi giorni dopo, il 26 settembre 1004. L’Abbazia, detta anche "Cripta Ferrata", è oggi l’unico monastero italo-greco rimasto attivo in Italia, seguendo ancora il rito bizantino pur restando in comunione con la Chiesa cattolica. È l’eredità viva del sogno spirituale di San Nilo: unire Oriente e Occidente nella preghiera, nel rispetto delle tradizioni, nella carità fraterna.
Conclusione
San Nilo di Rossano, morì alla veneranda età di 94 anni. Oggi è Patrono della sua città natale, ma anche padre spirituale di tutti coloro che cercano Dio nel silenzio, nella solitudine e nella profondità della liturgia. La sua esperienza nella Valle del Mercure, il suo cammino tra le terre del Sud e la fondazione di Grottaferrata mostrano un uomo che ha saputo vivere l'unità nella diversità, fedele alle sue radici greco-bizantine e al tempo stesso aperto al dialogo con la Chiesa latina. Nel suo nome, ancora oggi, si celebra una spiritualità che unisce, che resiste al tempo e che illumina il cammino di chi cerca la verità nella fede.
(foto in copertina di Antonio Le Fosse)