L'ospedale di Insiti, tra presunte proroghe «non necessarie» e il mistero (fitto) sulla depurazione
Mancano 329 giorni alla consegna ufficiale. Il cantiere è vivo, blindato e quasi completato. Ma tra sabotaggi, ombre politiche e paure di potere, il nuovo hub sanitario rischia di restare una Ferrari ferma ai box
CORIGLIANO-ROSSANO — Mancano 329 giorni alla scadenza fissata dal cronoprogramma del nuovo Ospedale della Sibaritide, e il countdown acceso sul sito dell’Eco dello Jonio continua a scorrere. Era maggio del 2024 quando decidemmo di attivare questo osservatorio civico permanente, per raccontare giorno dopo giorno il cammino di un’opera che, in Calabria, più di ogni altra, incarna l’eterno conflitto fra speranza e sfiducia, tra annunci e realtà.
La data impressa sul timer – 6 ottobre 2026 – segna la fine ufficiale dei lavori, ma la verità è che l’ospedale di Insiti arriva con dieci anni di ritardo sulla tabella di marcia reale. Perché solo dal novembre 2020, dopo la consegna definitiva del cantiere alla D’Agostino Costruzioni, la macchina ha iniziato davvero a muoversi. E da febbraio 2022 il cantiere è diventato vivo, pulsante, visibile.

Oggi, a distanza di cinque anni, possiamo dirlo senza mezzi termini: l’ospedale c’è, è lì, concreto. E, salvo le urbanizzazioni esterne, gli arredi e le ultime rifiniture interne, è praticamente pronto. Lo abbiamo visto e testimoniato nei giorni scorsi, ritornando proprio sul cantiere.
Dentro i quattro piani di cemento e vetro, tra i lunghi corridoi e i reparti che iniziano a respirare, c’è già tutto: impianti elettrici e tecnologici, canalizzazioni, reti di gas medicali, centrali di trattamento aria, pavimenti che si stendono a vista d’occhio ed è stata posata persino la carta da parati.
Il cantiere di Insiti è oggi un alveare: oltre 500 operai su due turni di lavoro, una macchina produttiva impressionante che si muove a ritmo costante, giorno e notte, sotto una regia precisa e qualificata, quella di Domenico Petrone, il project manager del concessionario, vero motore operativo degli oltre 80mila metri quadri iper tecnologici che stanno sorgendo nel cuore baricentro della terza città della Calabria. Una vera e propria astronave la struttura, un timoniere temerario (giovane ma con un carico di esperienza impressionante), lui. È proprio Petrone, infatti, il regista silenzioso che ha saputo tradurre, passo dopo passo, le varianti, le forniture e le correzioni di rotta in un processo fluido, continuo, efficiente.
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Ed è proprio all’iperattivo Project manager che abbiamo chiesto lumi, chiarimenti, spiegazioni, riscontri sull’ipotesi di una proroga che la società concessionaria starebbe per chiedere alla Regione. La risposta è lapidaria: «Io non ne so nulla». Poi aggiunge: «Non so quello che accadrà – dice - ma io posso dire per certo che in questo momento il cantiere non ha bisogno di alcuna proroga per essere completato nei tempi previsti dal cronoprogramma». In realtà, quello della proroga è uno spettro che si sventola da tempo e a cadenza periodica. Anche dopo gli incendi funestanti dell’estate scorsa si era paventata la necessità di prolungare il timing dei lavori. «E anche in quella circostanza – ribadisce Petrone – abbiamo stretto i denti e siamo andati avanti recuperando sulla tabella di marcia». Questo è quanto. Una cosa è certa, quella del nuovo ospedale per l'ingegnere di Corigliano-Rossano, madre rossanese e padre coriglianese, trasferitosi da piccolissimo a Bologna e formatosi sui cantieri di mezzo mondo (dal Sud America all'Australia), è una vera e propria sfida della restanza: «Sono qui per dimostrare a tutti e soprattutto alla gente della nostra regione che le cose straordinarie, all'avanguardia si possono fare anche qui al Sud, in modo serio».
Un cantiere-fortino
Dicevamo, dopo i due attentati incendiari dell’estate scorsa, il cantiere è diventato un vero fortino blindato: quasi 400 telecamere di videosorveglianza piazzate in ogni angolo del cantiere, guardie armate in servizio h24, tornelli con riconoscimento all’ingresso e all’uscita, e un presidio perenne delle forze armate e di polizia proprio all’interno del perimetro del cantiere. Insomma, stiamo parlando di un presidio nel presidio, una piccola città sotto controllo.
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Eppure, nonostante tutto, i sabotaggi continuano. Solo due giorni fa alcuni tubi predisposti per il trasporto dell’acqua calda ad alta pressione sono stati perforati con viti: un danno apparentemente innocuo, ma potenzialmente devastante se non fosse stato individuato. Non più tardi di una settimana fa il principio di un incendio, subito spento dalle squadre interne. Insomma a Insiti non ci si annoia mai e quelle 500 persone all’interno lavorano sempre a grande ritmo ma anche alla massima tensione. Segno che, in questo territorio, le attenzioni non sono mai abbastanza e che – forse – l’ospedale della Sibaritide non è soltanto un’opera pubblica: è una sfida di potere.
Le fasi "liquide" di un cantiere che cambia
Chi osserva questo gigante di cemento da vicino lo sa: è un organismo in movimento, un cantiere liquido dove le cose cambiano in corso d’opera, perché cambiano le tecnologie, cambiano le norme, cambiano – spesso – anche gli equilibri politici e le richieste. Ne è esempio il capitolo Medicina Nucleare, prevista nei progetti originari come uno dei fiori all’occhiello del nuovo hub. Oggi, però, è quasi certo che quel reparto non vedrà la luce.
Le ragioni sono almeno due, una tecnica e una politica. La prima è pragmatica: in una sanità calabrese che fatica a trovare anche anestesisti e pediatri, reperire medici di Medicina Nucleare è come cercare un ago in un pagliaio. La seconda è più sottile: attivare un reparto così specialistico significherebbe far compiere all’Ospedale di Insiti un salto di livello, trasformandolo da ospedale territoriale a polo di riferimento regionale. E questo, in un sistema già diviso tra i poli universitari di Catanzaro e Cosenza, rischierebbe di far saltare equilibri politici e accademici che nessuno – oggi – sembra voler mettere in discussione.
Depurazione, un nodo che si può sciogliere ma al momento è avvolto nel mistero
C’è poi il tema dei sottoservizi, ma qui si intravede una via d’uscita. La stessa D’Agostino, infatti, si è fatta carico di progettare e realizzare un impianto di depurazione interno al presidio, un sistema autonomo che potrà poi collettare i reflui verso il depuratore di Boscarello. È una soluzione ponte, ancora da definire nei dettagli tecnici e negli iter autorizzativi, ma che – se concretizzata – potrebbe sciogliere uno dei nodi più critici e consentire l’attivazione effettiva della struttura nei tempi previsti. Al momento, però, è tutto fermo. Così come si è fermi sul fronte del collettamento che dovrebbe connettere - almeno questo era venuto fuori dalla conferenza dei servizi - il nuovo ospedale proprio a Boscarello (sono 4 km di tubature!). Sarà forse per questo che si chiederà una proroga, non potendola chiedere – di fatto – per i lavori di realizzazione della grande struttura ospedaliera?

Un gigante che fa paura?
Ma forse la domanda più scomoda non è tecnica. Forse, in fondo, la vera questione – dicevamo - è politica. Perché un ospedale così grande, moderno, efficiente, capace di cambiare le rotte sanitarie dell’intera Calabria del Nord-Est, potrebbe non convenire a qualcuno e i suoi costi, anche di gestione, oggi sembrerebbero insormontabili dalla regione, figuriamoci da un concessionario.
Non è complottismo: è constatazione. Gli atti intimidatori di cui non si è mai chiarita la natura, i sabotaggi che continuano, il silenzio che spesso avvolge le fasi cruciali dei lavori, fanno pensare che questo ospedale, forse, qualcuno non lo vuole. Perché quando nascerà – se nascerà – sarà difficile continuare a spostare pazienti, risorse e fondi altrove.
A Insiti, in mezzo agli agrumeti e alla pianura della Sibaritide, sta crescendo un bolide con il motore di una Ferrari dei bei tempi, pronto a correre, però, in un campionato di provincia. E non tutti, forse, sono pronti a farlo partire davvero.
Il cronometro corre. Meno di un anno alla consegna ufficiale. Ma la vera corsa, quella politica e simbolica, deve ancora cominciare.



