Gaza, la voce di Corigliano-Rossano contro il silenzio: Umberto Romano scrive al ministro Tajani
Lo scrittore e attivista pro-Palestina contesta il no del Governo al gemellaggio Riace-Gaza e lancia un appello politico e morale: «Condannare il terrorismo non può significare chiudere al dialogo e alla pace tra i popoli»
CORIGLIANO-ROSSANO – Una lettera aperta, intensa e politicamente netta, indirizzata al ministro degli Esteri Antonio Tajani, per chiedere all’Italia di non voltarsi dall’altra parte davanti alla tragedia palestinese e di non chiudere ogni spazio di dialogo istituzionale con Gaza. A firmarla è Umberto Romano, scrittore e attivista pro-Palestina di Corigliano-Rossano, da anni impegnato nella denuncia delle ingiustizie subite dai popoli oppressi.
La missiva prende le mosse dal recente parere negativo espresso dal Ministero degli Affari Esteri sul gemellaggio tra il Comune di Riace e la città di Gaza, decisione comunicata formalmente al sindaco Mimmo Lucano. Secondo il dicastero, il gemellaggio potrebbe arrecare un «grave pregiudizio alla politica estera italiana» a causa dei legami tra amministrazioni locali di Gaza e Hamas, organizzazione considerata terroristica dall’Unione Europea.
Romano, nella sua lettera, contesta l’impostazione di fondo di questo veto istituzionale. Richiamando il proprio percorso umano e letterario – dalle lotte del popolo saharawi fino ai conflitti africani e mediorientali – lo scrittore sottolinea come la storia palestinese sia segnata da decenni di occupazione, violenze e promesse di pace mancate. Dal 1948, dalla Nakba alle intifade, fino all’attuale devastazione della Striscia di Gaza, Romano parla apertamente di una «strage di innocenti» che continua sotto gli occhi del mondo.
Il cuore dell’appello è una domanda politica e morale rivolta al ministro: è possibile continuare ad assistere passivamente alla distruzione di un intero popolo senza attivare strumenti di dialogo e cooperazione? Per Romano, la condanna del terrorismo non può e non deve tradursi nell’isolamento di una popolazione civile già stremata. Al contrario, sostiene, la strada maestra resta quella del confronto con la parte sana della società palestinese e del rilancio della prospettiva “due popoli, due Stati”.
In questo quadro, i gemellaggi tra enti locali vengono indicati come strumenti democratici di pace, capaci di costruire relazioni dal basso, favorire cooperazione umanitaria e culturale e tenere aperti canali di comunicazione laddove la diplomazia ufficiale sembra bloccata. «Come possiamo parlare di pace – scrive Romano – se neghiamo persino i patti di amicizia tra comunità?».
La lettera, che si inserisce in un dibattito sempre più acceso anche a livello locale e nazionale, rappresenta una presa di posizione chiara da parte di un intellettuale del territorio jonico, che chiede all’Italia un ruolo più attivo e coerente sul fronte dei diritti umani e della pace in Medio Oriente