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Ugo Filippo, decano dei maestri calabresi

8 minuti di lettura

La storiografia scolastica più recente considera la biografia (e l’autobiografia) degli insegnanti come una delle fonti utili alla ricostruzione della storia della scuola di un determinato periodo storico. Nella mia attività di docente ne ho fatto più volte uso, assieme alle interviste agli operatori scolastici, oltre, ovviamente, alla consultazione delle fonti documentarie e della bibliografia di riferimento, per caratterizzare la vita della scuola dell’immediato secondo dopoguerra, che ha segnato lo spartiacque tra due epoche. 

Sono stati gli insegnanti che, operando in un clima diverso dal precedente, fatto di speranze e di aspettative della “nuova” Italia, hanno “portato” l’istruzione anche nelle contrade più sperdute del Paese, hanno messo in atto i valori consacrati dalla Costituzione e hanno applicato metodologie didattiche innovative, incentrate sulla centralità dell’allievo, secondo principi pedagogici maturati all’estero, la cui penetrazione in Italia è stata resa possibile solo con la fine del predominio idealistico sulla cultura, anche pedagogica, italiana.

Consapevole dell’importanza della loro azione educativa e sociale, mi sono recato nei giorni scorsi a far visita al maestro Ugo Filippo, che ha da poco compiuto un secolo di vita e, quindi, è depositario e, al tempo stesso, protagonista di tanta parte della storia scolastica calabrese del secondo Novecento.

Lo trovo seduto su un divano nel salotto della sua abitazione in via Sibari, nel quartiere popolare Stadio, amorevolmente assistito dalle figlie Rossana e Stefania.

Mi accoglie con grande cortesia. «Offrite un caffè al Professore» dice rivolgendosi a una delle due figlie. 
Ricorda il mio nome, che associa a quelli di Posteraro e di Valentini e alla Rivista “Scuola e Vita” di cui i due erano i protagonisti, ma non sa (glielo dicono le figlie) che sono stato il docente di Stefania e di Deborah, laureate al DAMS all’Università della Calabria, e che ho partecipato a un docu-film realizzato da quest’ultima più di vent’anni fa. 

«Il Professore è venuto perché gli racconti la tua storia personale professionale nella scuola» gli dice Deborah. 

«Sono nato a San Vincenzo La Costa il 22 gennaio del 1925 da Aristide Ernesto, fattore per molti anni nelle tenute di don Ciccio Alimena, un grosso proprietario terriero, e da Adele Dolores de Filippis, casalinga. Terzo di sei figli, di cui due femmine, ho frequentato le elementari al mio paese e le medie a Cosenza, ospite di un mio zio in Via Abate Salfi. Mi sono iscritto all’Istituto tecnico, che allora era ubicato nella sede dell’ex Tribunale a Colle Triglio, ma al quarto anno ho deciso di passare al Magistrale, ottenendo l’ammissione all’ultimo anno che ho frequentato nell’a. s. 1947-’48 nella sede dell’Istituto “Lucrezia Della Valle”, da poco inaugurata. Mi sono diplomato nel luglio del ’48 e per quasi 10 anni ho insegnato nei corsi di scuola popolare, prima al mio paese e poi a Lattarico. Nel 1956 ho vinto il concorso magistrale e, come prima sede di titolarità, ho avuto Verbicaro e poi San Lorenzo Bellizzi, un paese montano dell’alto Jonio cosentino in una zona di campagna, dove ho patito molto freddo, ma ho anche sperimentato lo spirito di accoglienza della gente semplice e sincera. Dopo quattro anni sono tornato nel mio paese dove ho insegnato per quasi dieci anni, prima di ottenere il trasferimento a Cosenza, al VI° Circolo del quartiere San Vito, dove sono rimasto fino al 1991, anno del mio pensionamento». 

«Nella vita – dice il maestro Ugo a conclusione del suo racconto – ho cercato di fare il mio dovere senza disdegnare i piaceri che mi si presentavano: ho amato la buona tavola e la buona compagnia, ho molto viaggiato da solo, raramente in compagnia di mia moglie (non dice però di essere stato un “donnaiuolo”, come confidano all’unisono le due figlie). Sono stato severo a scuola e in famiglia, soprattutto con i primi figli, ma poi mi sono dovuto adeguare ai cambiamenti dei tempi. Ho molto tenuto all’istruzione dei figli (9 femmine e 2 maschi), consentendo a tutti di frequentare l’Università per potersi affermare nella vita. In questo ho avuto il pieno sostegno di mia moglie, che li esentava, specie le donne, dai servizi domestici per dar loro più tempo da dedicare allo studio. Ho poco da rimproverarmi e adesso attendo con serenità il giorno della mia fine». 

Piacevolmente sorpreso dalla lucidità del suo racconto, ma consapevole anche dello sforzo fisico ed emotivo che gli ha comportato la narrazione della sua vita privata e pubblica, gli chiedo se se la sente di rispondere a qualche altra domanda. 

«E che sei venuto a fare allora, caro Professore?» mi risponde in tono leggermente ironico, rivolgendo gli occhi verso il soffitto. 

«Mi raccontate come avete vissuto i cambiamenti della scuola e della società italiana negli anni del vostro insegnamento?» chiedo.

Dopo una lunga pausa, quasi per riprendere fiato e raccogliere i pensieri, riprende il suo racconto sulla sua esperienza magistrale. 

«Conseguita l’abilitazione magistrale, ho avuto l’incarico di un corso di scuola popolare al mio paese. Allora funzionavano i corsi di tipo A) per gli analfabeti totali, di tipo B) per i semianalfabeti e di tipo C) (di richiamo) per coloro che avevano conseguito la licenza elementare, ma volevano aggiornare le proprie conoscenze. Potevano essere istituiti dai Provveditorati, ma anche da Enti e Associazioni che dimostravano di possederne i mezzi e i requisiti. Il mio fu autorizzato dal Provveditorato nella frazione “Gesuiti” di San Vincenzo La Costa, a qualche chilometro dal centro abitato. Era una zona popolata da famiglie molto numerose, le cui forze, anche quelle giovanili e infantili, erano impiegate nel lavoro dei campi per combattere la povertà che allora era molto diffusa. Il bisogno di istruzione tra quella gente era abbastanza remoto, per cui ho dovuto impiegare del tempo e fare opera di convincimento e di sensibilizzazione per riuscire ad organizzare un corso di alfabetizzazione di tipo A) per analfabeti puri, cui si aggiunsero anche giovani inferiori ai 12 anni che avevano evaso in tutto o in parte l’obbligo scolastico. Sono riuscito a formare una classe, in realtà una pluriclasse, di giovani, adulti e anziani che ogni sera venivano nella sede della scuola, situata in un magazzino messo a disposizione da un agricoltore e arredata con sussidi di fortuna grazie alla collaborazione delle famiglie. Nel gruppo si creò una grande familiarità, io fui accolto come uno di loro, fatto oggetto di parecchie attenzioni e alla fine dell’anno i risultati furono incoraggianti. Un gruppo di 20-25 “cafoni” scoprì l’importanza dell’alfabeto: per scrivere una lettera al parente emigrato o al figlio militare o per leggere la missiva che veniva da lontano».

«La medesima esperienza si è ripetuta negli anni successivi, sempre ai “Gesuiti” e poi a Lattarico, un paese a qualche chilometro da San Vincenzo, che raggiungevo a piedi o su di una bicicletta percorrendo parecchi chilometri lungo strade polverose o piene di fango e di pozzanghere, che al ritorno la sera, al lume fioco di un tizzone o di una lampadina a pila, diventavano pericolose.  Nel 1956, dopo diversi tentativi, ho superato il concorso magistrale. Erano appena stati approvati i programmi Ermini per l’elementare, che abbandonavano definitivamente la concezione idealistica del bambino “tutto intuizione, sentimento e fantasia” a favore di un’idea più realistica e concreta di esso, come di un individuo capace di manipolare le cose, secondo le indicazioni dell’attivismo, che cominciava a farsi strada nella cultura pedagogica italiana. Il programma del concorso insisteva su queste novità pedagogiche e didattiche, per le quali le Case editrici che dominavano il mercato scolastico (la “Scuola” di Brescia, “La Nuova Italia” di Firenze e la Curcio-Armando di Roma) proponevano lo studio di testi di autori presenti nei loro cataloghi (Sergej Hessen, John Dewey, Cèlestin Freinet, Jacques Maritain) e guide pratiche di esercitazioni».

«La mia prima sede di ruolo è stata a Verbicaro, dove mi sono trasferito con la famiglia e dove sono stato molto bene. Lì ho avuto bravi allievi, uno dei quali ha fatto molta strada, diventando primario medico all’Ospedale di Cosenza. Da Verbicaro sono passato a San Lorenzo Bellizzi, nella frazione di Santa Venere, una zona di montagna, dove ho patito molto freddo, ma ho anche sperimentato lo spirito di accoglienza della gente semplice e sincera. Ho preso in fitto da un massaro del luogo un casolare, dove ho vissuto con mia moglie Flavia Giorno, rimasta al paese quando i familiari emigrarono in America e sposata nel 1952. Con noi le due figlie e un fucile che mi portai per difendermi da male intenzionati, che in quegli anni di estrema povertà circolavano, soprattutto nelle zone isolate di campagna».

Accertato che entrambi ci avevamo appreso gusto, lui a raccontare ed io ad ascoltare, gli ho proposto altri interrogativi. 

«Quali cambiamenti hanno prodotto a livello sociale e anche scolastico le trasformazioni degli anni ’70 e ’80? E come voi l’avete vissuti?»

«Negli anni ’70 la società italiana è cambiata profondamente per effetto della crisi economica, determinata dal forte rialzo del prezzo delle materie prime (ricordate la domenica a piedi o l’uso della macchina a targhe alterne?), ma anche per effetto della contestazione studentesca che ha portato ad una esplosione della scolarizzazione. L’istruzione, com’è scritto nella Costituzione, è un diritto di tutti e, come tale, va garantito sia nell’accesso che durante il percorso scolastico, dando a tutti ciò di cui ciascuno ha bisogno ed è capace di dare. Per rendere concreto questo principio democratico, si è proceduto alla democratizzazione dell’impianto del sistema scolastico, fino ad allora assolutamente chiuso in se stesso, come una torre d’avorio, aprendosi alla società, con l’approvazione dei decreti delegati del ’74, la riforma dei programmi della scuola media nel 1979, dell’elementare nell’85 e con la revisione degli Orientamenti della scuola materna nel 1991». 

«Venendo a fatti più vicini a noi, nel corso del vostro insegnamento avete conosciuto alcuni dei personaggi più noti della scuola cosentina e calabrese e anche la rivista “Scuola e vita”, l’unico periodico scolastico calabrese» aggiungo.
 
Risponde: «Alla Rivista "Scuola e vita", fondata dall’ispettore Mario Valentini, sono stato abbonato sin dal primo anno (1960), perché la ritenevo una importante occasione di aggiornamento pedagogico e didattico. Ad essa collaboravano esponenti di primo piano della pedagogia e della scuola. Ricordo i nomi dei docenti universitari Giacomo Cives e Giuseppe Catalfamo, dei direttori Ciccio D’Alessandro, Goffredo Jusi e Giulio Vulpitta, che è stato mio direttore al V° circolo di Cosenza, e degli Ispettori Ercole Posteraro, Nicola De Ruggiero e Giacomo Conforti, che mi furono di grande aiuto in molte occasioni». 

«Come trascorrete il periodo del pensionamento?» chiedo.  
Lui continua: «In pensione dal 1991, mi sono mantenuto attivo frequentando per un certo tempo l’ambiente scolastico che avevo appena lasciato, coltivando le amicizie qui a Cosenza e al paese dove sono nato e che non ho mai smesso di frequentare. Adesso che non ho le forze di una volta e la vista mi fa difetto, trascorro il mio tempo in casa, circondato dall’affetto dei figli e dei nipoti che mi amano e mi rendono più sereno il tempo che mi rimane ancora da vivere». 

Mi congedo dal maestro Ugo Filippo, uno dei protagonisti della scuola calabrese che ha operato in un periodo tra i più difficili e complessi della storia italiana, facendogli dono del mio libro Cicciarelle. Come un romanzo, che gli leggeranno le figlie, con la promessa di tornare presto a rivederci.

(articolo di Giuseppe Trebisacce)

Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

Ecodellojonio.it è un giornale on-line calabrese con sede a Corigliano-Rossano (Cs) appartenente al Gruppo editoriale Jonico e diretto da Marco Lefosse. La testata trova la sua genesi nel 2014 e nasce come settimanale free press. Negli anni a seguire muta spirito e carattere. L’Eco diventa più dinamico, si attesta come web journal, rimanendo ad oggi il punto di riferimento per le notizie della Sibaritide-Pollino.