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Il Feudo di Pietrapaola, una feudalità che parte in epoca angioina

7 minuti di lettura

Antico Borgo, nel Regno di Napoli, dominj di quà del Faro, in Calabria Citra, Pietrapaola si colloca alle falde di una montagna sul fianco nordico di una collinetta, ai piedi di una rupe, incastonato tra i due rami del torrente Acquaniti ad una altitudine sul livello del mare di 375 m. 

Quasi certamente di origine Brettia, razza italica, interessata in prevalenza all’allevamento del bestiame, all'agricoltura e alla guerra, Pietrapaola è uno dei 14 borghi della Sila Greca, che nel periodo feudale, con la sua Baronia, rappresentò una delle cinque terre del grande Ducato di Crosia.

 Fra i diversi autori che ne hanno tramandato la storia troviamo anche G. Fiore da Cropani1, predicatore cappuccino, il quale riferisce che questa Terra in quel tempo non oltrepassava i cento Fuochi (500 ab.) ed era da molti desiderata. Secondo lo stesso Fiore, questa Baronia, venne posseduta da Ruggiero Britti per dono di Re Ladislao, dai Ruffo del ramo di Montalto che ne ebbero il dominio con Covella e poi con Polissena, da Tommaso Guindazzo che ne fu signore nel 1473 oltre che di Pietrapaola anche delle altre Terre appartenenti alla stessa Baronia, quali Crosia, Cropalati, Caloveto e San Maurello (San Morello) e che successivamente passò al duca di Crosia D. Giuseppe Sambiase cosentino, mentre San Maurello venne unito allo Stato di Umbriatico amministrato dal marchese Rovegno. Il Pacichelli2 parla di Pietrapaola come di una piccola Terra di cento Fuochi ricca di doni offerti dalla natura, soprattutto miele appartenente al Duca di Crosia, il cosentino Sambiase. Dalla sintesi si evince che tra le informazioni del Fiore quella relativa a Giuseppe Ruggero Sambiase, duca di Crosia, verosimilmente, venne riportata solo in quanto il Sambiase in quel momento era marito di Vittoria Mandatoriccio 3a duchessa di Crosia, ma nella sostanza lui non fu mai duca e né principe di Campana come alcune volte viene erroneamente riferito.

Le seguenti informazioni si incrociano con quanto già riportato in precedenza nei paragrafi riguardante Mandatoriccio e Calopezzati circa la costruzione del Castello di Mandatoriccio voluto da Teodoro in quanto luogo più sicuro e che assicurò allo stesso Teodoro il rifugio durante le incursioni saracene che riguardarono anche Calopezzati. 

Relativamente al profilo storico feudale, quindi, si può ben dire che per Pietrapaola le prime notizie storiche e documentali ci conducono alla seconda metà del XIII secolo e precisamente al periodo del governo degli Angioini. Fu proprio in questo periodo che questa Terra fu donata da Re Carlo in Feudo a Elia De Tuel ‘un valente capitano francese a seguito dei nuovi dominatori’3, da allora in poi centro di rilevante importanza economica. Terra che gli venne di nuovo assicurata nel 1270. 

Confusa, invece, appare la sua storia feudale compresa tra la fine del XIII e la metà del XV secolo per alcune sostanziali divergenze che affiorano dalle diverse ricostruzioni. Tuttavia per una maggiore chiarezza si riportano le seguenti note. 

Nel secondo decennio del XV secolo, la signoria di Pietrapaola ai tempi di Ladislao Durazzo nel 1413 entrò nei possedimenti di Ruggero Britti ed in seguito, gli avvicendamenti feudali del tempo indicano questo territorio nei possedimenti prima dei Ruffo di Montalto e successivamente in quelli del principe di Rossano Marino Marzano, il quale designò come "Capitaneum nostrum ad guerram Baroniae nostrae Petrapaule” il nobile Bernardino de Leonardis. Sul finire del secolo i territori del Marzano finirono prima nelle mani di Tommaso Guindazzo e dopo in quelle del conte Diego Cavaniglia futuro Conte di Montella, e ancora dopo nella disponibilità del conte Giovan Francesco Sanseverino. 

A quanto sopra detto si aggiunga, come ci tramanda lo storico M. Pellicano Castagna, che il Cavaniglia “insieme a Pietrapaola con privilegio registrato nel Quinternione 9, f. 1107 ebbe altresì Casabona, Crosia, Malvito e San Maurello (Cedolario 75, f. 55). Feudi, questi, che il Cavaniglia possedette per brevissimo tempo, avendoli egli venduti per acquistare Orsara e Castelluccio presso Troia (LITTA, tav. I), delle quali fu poi investito il figlio ed erede Troiano (RICCA, I, p. 205)”4.

Più chiare risultano, invece, le successioni dopo la metà del XV secolo, quando Pietrapaola e le terre comprese nella sua Baronia (Crosia, Caloveto, Cropalati e San Morello), sul finire del secolo, entrarono nei possedimenti di Ferrante d'Aragona rimanendovi sin quasi la fine del XVI secolo, con i domini prima di Antonio, in seguito di Pietro e poi di Maria, conformandosi anche a quelle che furono le vicende del Ducato di Montalto. 

In seguito, Pietrapaola con San Maurello, per breve tempo, transitarono nei possedimenti feudali dei Vollaro che le avevano comperate col patto di retrovendita dal duca di Montalto il 27 marzo 1585. Le medesime terre vennero poi ricomprate dalla duchessa Maria d’Aragona il 6 settembre 1586 come erede del padre Antonio. Pertanto, con Maria d’Aragona le terre della Baronia di Pietrapaola con Cropalati, Crosia, Caloveto, San Maurello e il Ducato di Montalto tornarono ad essere possedimenti del loro Casato. Il tutto è registrato nella Significatoria del 22 settembre 1594. 

Inoltre, dalle note del Pellicano Castagna si apprende che le stesse terre successivamente vennero acquistate dal barone di Poligroni e Marri Fabio Alimena. Al riguardo ecco quanto riporta: «Fabio Alimena, barone di Poligroni e Marri, comprò le terre di Pietrapaola e San Morello dalla predetta duchessa Maria d’Aragona per il prezzo di D. 40.000 e con Regio Assenso del 1609 registrato nel Quinternione 42, f. 139 (Cedolario 75, f. 133t). Era figlio di Alfonso e di Tuca o Irenea Giuranna, baronessa di Poligroni e Marri. Si disfece nel 1611 della terra di San Morello, vendendola al dottore Giovanni Caligiuri con Regio Assenso registrato nel Quinternione 42, f. 224. Pietro Paolo Alimena, barone di Poligroni e Marri, figlio del precedente e di Laudomia Cavallo dei Patrizi di Amantea, alla morte del padre entrò in possesso dei beni feudali della famiglia tra cui Pietrapaola di cui, tuttavia, non si intestò. Sposò Livia de Guevara dei marchesi di Arpaja»5.  

La suddetta rappresentazione ci consegna un panorama più chiaro sulle successioni feudali di Pietrapaola che, dopo gli Alimena, per acquisto entrò a far parte dei domini del Principe di Scilla, Vincenzo Ruffo. Questi ne entrò in possesso delle proprie disponibilità nel 1612 perché messi all’asta su richiesta dei creditori degli Alimena. 

Vincenzo era il 1° marchese di Licodia, sposò sua cugina Maria Ruffo, principessa di Scilla, contessa di Sinopoli e di Nicotera, venendo altresì insignito per nomina maritale dei titoli della moglie. Dal matrimonio non ebbe discendenza maschile ma solo una figlia femmina alla quale venne dato il nome di Giovanna, futura principessa di Scilla.  

Alla morte di Vincenzo Ruffo, avvenuta il 3 giugno 1616, a subentrargli per successione come erede fu proprio la figlia Giovanna col titolo di 3a principessa di Scilla di Calabria, contessa di Sinopoli, Nicotera e marchesa di Licodia. L’anno successivo, il 1° luglio del 1617 ebbe Significatoria di Relevio dei vasti possedimenti compresa la Terra di Pietrapaola (Spoglio Significatorie II, f. 82 che riporta dal Registro Significatorie 44, f. 65). Terre che Giovanna si intestò e figurano nel Cedolario del 1600-1638, f. 141. 

In seguito, come risulta dagli atti di vendita, la suddetta marchesa di Licodia, Donna Giovanna Ruffo alienò la Terra di Pietrapaola vendendola al nobile rossanese don Giovan Michele Mandatoriccio, dottore in utroque jure, che la comprò il 18 dicembre 1619, per 25.000 ducati, col patto di retrovendita, impiegando in tale acquisto le rilevanti risorse, in precedenza, guadagnate da suo padre Nicola e dal nonno Michele tramite la vendita di grano. Per la precisione va aggiunto che il suddetto acquisto, da parte di Giovan Michele Mandatoriccio, veniva realizzato dopo che lo stesso aveva già acquistato Crosia e Caloveto (1593) e Calopezzati (1614) andando così a costituire uno dei più vasti territori feudali sul quale impose una disposizione testamentaria (fedecommesso) di 80.000 Ducati, per la quale chi era istituito erede aveva l’obbligo di conservare l’eredità e di trasmetterla, a un momento stabilito, in tutto o in parte, ad altra persona coinvolgendo così anche eventuali eredi donne. Clausola applicata nella successione al 2° duca Francesco Mandatoriccio intenzionato, con disposizioni testamentarie, a dare tutto il suo patrimonio a Mario Toscano. Disposizione che, come si vedrà in seguito, si dimostrò vincente per Vittoria Mandatoriccio, sorella di Francesco, la quale successe al fratello e divenne 3a duchessa di Crosia. 

Questi ultimi, territori, insieme a Pietrapaola, per successione, dopo la morte di Giovan Michele Mandatoriccio, avvenuta il 22 ottobre 1622, passarono a Francesco Mandatoriccio, suo primo figlio, ed in seguito per la sua immatura scomparsa, avvenuta accidentalmente il 10 febbraio 1624, al fratello secondogenito Teodoro, il quale il 18 maggio del 1625, per privilegio del re Filippo IV, venne insignito del titolo di 1° duca di Crosia. Alla morte di Teodoro, 25 aprile 1651, gli subentrò per successione il figlio Francesco, col titolo di 2° duca di Crosia. 

Durante il suo governo Francesco comprò dalla principessa Giovanna Ruffo, secondo quanto ci tramanda il Pellicano Castagna, “il jus luendi”, ossia il diritto di ricomprare la terra di Pietrapaola, da questa riservatosi nella precedente vendita del 1619, trattata con il nonno di Francesco, Giovan Michele Mandatoriccio.  

 Alla scomparsa di Francesco, 19 gennaio 1676, tutti i possedimenti feudali passarono alla sorella Vittoria Mandatoriccio, col titolo di 3ª duchessa di Crosia, non avendo Francesco avuto dal suo matrimonio prole. 

Ulteriori informazioni sulla suddetta famiglia, le diverse successioni e le vicende che accompagnarono i suddetti trasferimenti, possono essere reperite nei paragrafi riguardanti: Calopezzati, Caloveto, Crosia e Mandatoriccio.

Vittoria Mandatoriccio era intanto imparentata con la famiglia Sambiase, patrizi di Cosenza, a seguito della sua unione matrimoniale con Giuseppe Ruggero Sambiase, ragione per la quale alla sua morte, avvenuta il 4 maggio 1696 tutti i possedimenti feudali dei Mandatoriccio passarono a Bartolo Sambiase, col titolo di 4° duca di Crosia, titolo che si andava ad aggiungere a quello già in suo possesso di principe di Campana.      

Una sovranità, quella dei Sambiase, principi di Campana e duchi di Crosia, mantenuta non solo su Pietrapaola, ma su tutto il comprensorio presilano (Cariati, Scala-Coeli, Terravecchia, Mandatoriccio, Caloveto, Crosia, Cropalati, Campana e Bocchigliero) fino all’entrata in vigore della legge voluta dai Francesi sull'eversione della feudalità promulgata durante il decennio francese. Note sul presente casato, con le vicende e gli avvicendamenti feudali fino all’abolizione del feudalesimo, possono essere rinvenute negli stessi paragrafi menzionati per i Mandatoriccio.

A seguito dell’ordinamento amministrativo voluto dal Generale Championnet, Pietrapaola veniva immesso nel Cantone di Cirò. Facente parte del Governo di Cariati divenne giuridicamente comune il 19 maggio 1807. In seguito, qualche anno più tardi, nel 1811 venne accorpato a Mandatoriccio come frazione, ma diventò autonomo sotto il governo dei Borboni nel 1816. Compreso nella Diocesi di Rossano, nel 1928 fu nuovamente aggregato al comune di Mandatoriccio, diventando poi definitivamente indipendente nel 1934. 
     
BIBLIOGRAFIA
1Cfr. G. FIORE da Cropani, Della Calabria Illustrata, Tomo I, Libro I, p. 236.
2 Cfr. G.B. PACICHELLI, Del Regno di Napoli in prospettiva, Parte II, Nella Stamperia di Domenico Antonio Parrino, Napoli 1703 p. 51.   
3 Cfr. F.E. CARLINO, Storia di un Feudo, pp. 36-37, Imago Artis Edizioni, Rossano 2016.
4M. PELLICANO CASTAGNA, Storia dei Feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, p. 76, Vol. IV, P-R, Editrice CBC (Centro Bibliografico Calabrese), Catanzaro Lido (CZ) 2002.
5 Ivi, M. PELLICANO CASTAGNA, Storia dei Feudi…, Vol. IV, p. 76.
 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica