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Viaggio tra i Feudi della Sila Greca - Il Feudo di Corigliano: dai Sangineto, ai Sanseverino fino ai Saluzzo

5 minuti di lettura

Come abbiamo avuto modo di ricordare nel precedente contributo (se vuoi approfondire clicca qui), con la confisca del Feudo e l’assegnazione del medesimo a Giovanna Sanseverino si decretò di fatto la fine della sovranità dei Sangineto sul Feudo di Corigliano seguita dall’ingresso dei Sanseverino, principi di Bisignano, come feudatari della città. 

Giovanna Sanseverino sposando Carlo 1°dei Ruffo, conte di Montalto portò i possedimenti feudali in casa Ruffo. A Carlo subentrò il figlio Antonio e a questi la figlia Covella Ruffo che sposando, a sua volta, Antonio Ruggero Sanseverino ricondusse i Feudi di famiglia nuovamente ai Sanseverino di Bisignano. A Ruggero subentrerà il figlio Antonio e a questi suo figlio Luca Sanseverino, principe di Bisignano, con il titolo di conte di Corigliano rimanendo in carica fino al 1471. 

Intanto nella seconda metà del XV secolo Corigliano ricevette la visita di S. Francesco, futuro santo paolano e fondatore dell’Ordine dei Minimi, il quale oltre a costruire un convento per il suo ordine si impegnò, secondo le fonti riportate, alla costruzione dell’incantevole struttura dell’acquedotto, noto come “Ponte Canale”, a tre arcate, di cui una non visibile poiché sotto terra, necessario a portare «l’acqua nelle tre piazze principali del paese: Giudecca, Fondaco e Muro Rotto»1, che si può ammirare percorrendo via Roma, principale arteria della città.    

A Luca Sanseverino subentrò il figlio Geronimo Sanseverino che come ci ricorda ancora il Pellicano Castagna si lasciò coinvolgere, insieme ad altri del suo casato, nella famosa congiura dei baroni conclusasi con il suo arresto. Fu rinchiuso nelle carceri di Castelnuovo dove rimase fino alla morte. Il re aragonese fu inesorabile in quanto decretò il passaggio di Corigliano nelle mani dell’amministrazione regia, affidata al capitano Gio. Antonio Cicala. L’incerta condizione si trascinò avanti fino al 1495 anno in cui Bernardino Sanseverino, 3° principe di Bisignano, duca di San Marco, primogenito di Geronimo riuscì a risollevare le fortune della sua famiglia rientrando nel Regno a seguito della discesa di Carlo VIII da cui con privilegio del 1495, ebbe restituiti i Feudi e titoli già posseduti dal padre e quindi anche la Contea di Corigliano2. 

Il nuovo secolo si caratterizzò economicamente per il rilancio dell’agricoltura che beneficiò dell’incremento produttivo dei nuovi terreni, ma soprattutto per alcuni interventi urbanistici realizzati intorno al perimetro del maniero e per la messa in sicurezza delle coste e della città sottoposta ai continui attacchi della pirateria.    

Uscito dalla scena Carlo VIII, Bernardino rientrò nell’orbita del partito aragonese dal quale ottenne il provvedimento di conferma dei possedimenti di famiglia da parte di Ferrante II, da Federico d’Aragona ed in ultimo nel 1506, con la sua reintegrazione, anche da Ferdinando il Cattolico. 

Alla sua morte gli subentrò il figlio, Pietro Antonio Sanseverino, feudatario delle terre di Corigliano, Santo Mauro e Maurella in Corigliano detenendone il possesso fino al 1559. Fu proprietario del Castello di San Mauro nei pressi dell’attuale contrada di Cantinella, nel quale in seguito il principe Pietro Antonio con la moglie Giulia Orsini poterono accogliere Carlo V, re di Spagna, di passaggio al suo rientro dopo l’espugnazione di Tunisi e alcune sue esplorazioni cosentine tra cui la visita a Carpanzano3. Era lo stesso imperatore che nel 1533 decorò di dignità militare Alfonso Toscano detto Tusco4. A succedergli, fino al 1606, fu poi suo figlio Nicolò Bernardino Sanseverino col titolo di conte di Corigliano, al quale subentrerà Giulia Orsini, figlia di Antonio, V duca di Gravina, e Felicia Sanseverino, nipote di Nicolò Berardino. 

Tra le torri di guardia messe in essere durante il periodo dei Sanseverino vi era anche la Torre del Cupo, una struttura fortificata di avvistamento e di difesa della costa ubicata alla marina nella popolosa frazione di Schiavonea ed oggi interessante edificio storico. 
Nel 1604 un ordine reale disponeva la vendita dei possedimenti feudali dei Sanseverino lasciando però fuori Corigliano da possibili alienazioni. Tuttavia nel 1616, sempre secondo le fonti del Pellicano Castagna, il Feudo venne acquistato da un certo Antonio Capece per conto dei Saluzzo e successivamente con Regio Assenso del 5 gennaio 1633 passò a Leone Parisio, considerato però un prestanome di Giacomo Saluzzo, banchiere e patrizio genovese, al quale qualche anno dopo, per la precisione nel 1638, cedette la baronia di Corigliano con i rispettivi Casali di S. Giorgio, Vaccarizzo e Santo Mauro. Pertanto, di fatto, Giacomo Saluzzo, presidente della "Regia Camera della Sommaria", divenne signore di Corigliano.

Allo stesso, dopo la sua morte, gli venne concesso il titolo di duca e a succedergli fu il figlio Agostino Saluzzo che rimase in carica, col titolo di duca, fino al 1700. In tale periodo la città sarà interessata da un consistente ampliamento urbanistico del suo territorio, soprattutto orientato verso la nascita dei nuovi rioni di S. Francesco e Sant’Antonio, anche se nel corso del secolo il Regno di Napoli risentirà di una grave crisi economica e sociale con ripercussioni principalmente sul potenziale incremento demografico. Le cause sono da ricercare come sempre nelle ristrettezze economiche e nelle ricorrenti diffusioni di alcune epidemie tra cui la peste e la malaria, quest’ultima dovuta all’abbandono delle terre che, non venendo lavorate e coltivate, si trasformarono in estese zone paludose. Più tardi la città sarà alimentata da nuovo ossigeno fornito dai Saluzzo che tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700, realizzarono per Corigliano non poche opere tra cui la bonifica e il disboscamento del territorio creando le condizioni per un aumento considerevole dei terreni riservati pronti ad essere messi a coltura. 

Ad Agostino Saluzzo, non avendo più prole, considerato che il suo unico figlio Giacomo morì prima di lui, a succedergli come secondo duca di Corigliano fu il nipote Agostino Saluzzo juniore. I Saluzzo saranno ancora presenti a Corigliano con Giacomo, 3° duca, (1747-1780); Agostino, 4° duca, (1782-1873); e Giacomo, 5° duca, (1784-1819). Quest’ultimo fu l’ultimo feudatario colpito dalle leggi eversive emanate dai francesi, mentre, nei soli titoli nobiliari seguirono ancora Filippo, 6° duca; Alfonso, 7° duca e Filippo, 8° duca di Corigliano.  

La Corigliano nella storia moderna, dopo essere stata nelle mani di Andrea Cicala (1242), di Giordano De Lille (1269), dei Sangineto, dei Sanseverino di Bisignano, dei Ruffo di Montalto, ancora dei Sanseverino, poi dei Saluzzo e infine dei Compagna, delibera un atto di fusione con la vicina consorella Rossano divenendo di fatto, per numero di abitanti, la terza città della Calabria, per la quale si auspica nel più breve tempo possibile e concretamente anche la realizzazione di interventi finalizzati al raggiungimento di quegli obiettivi all’altezza delle potenzialità e peculiarità della grande città di cui tanto si è parlato e si continua a parlare. 

Ora, spenti i riflettori delle votazioni, bisogna pensare al futuro. La Corigliano-Rossano che ci viene consegnata dalle urne penso sia certamente più forte capace quindi di far sentire il suo peso politico nelle diverse sedi istituzionali. Pertanto credo sia arrivato il momento di rivendicare con urgenza una maggiore autonomia del nostro territorio e della nostra Città reclamando l’istituzione della Provincia di Corigliano-Rossano in passato tanto anelata, ma sempre osteggiata. Spero la nuova Amministrazione faccia propria questa proposta portandola avanti con convinzione avendo davanti un orizzonte di cinque anni, e lo può fare nel segno della continuità e di una maggiore esperienza per il bene della Città e della Comunità in modo da togliere l’atavica subalternità di questo territorio a Cosenza.

 

     BIBLIOGRAFIA
  La storia di Corigliano Calabro. Dalla fondazione ad oggi in https://www.prolocorossano.it/la-storia-di-corigliano-calabro/
2 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, Storia dei Feudi e dei Titoli nobiliari della Calabria, Vol. II CAS – IS, Editrice CBC, Catanzaro 1996.
3F.E. CARLINO, Storia di un Territorio – Il Reventino Savuto, L. Pellegrini, Cosenza 2019.
4 F.E. CARLINO, Storia di un Feudo, Imago Artis Edizioni, Rossano 2016. 

Per saperne di più
F.E. CARLINO, Corigliano Rossano e il suo Hinterland. Viaggio tra Storia, Memoria e Mondo Arbëreshë, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2023. 
F.E. CARLINO, La Sila Greca Tra Storia e Feudalità. I Feudi del suo territorio, conSenso publishing, Rossano 2023.

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica