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Viaggio tra i Feudi della Sila Greca - Il Feudo di Corigliano: dai Normanni al Ducato dei Saluzzo

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Come per la stragrande maggioranza dei siti anche per Corigliano Calabro è difficile stabilirne con certezza le origini. Infatti, la memoria e le informazioni della sua fondazione ci porterebbero molto lontano e in un tempo che per la storia, tuttora, rimane molto incerto come quello della mitologia e della storia antica. Leggendo l’interessante saggio dello scrittore del luogo G. Amato1, pare che la sua fondazione sia dovuta agli Ausoni. Di Corigliano, nel tempo, scrisse un numeroso gruppo di storici. 

Per quanto riguarda la sua feudalità, alla dominazione normanna seguì quella sveva. Fu un periodo di forte progresso economico scaturito dalla proliferazione di non poche attività agricole, artigiane e commerciali che determinarono anche un forte incremento demografico del borgo, con la nascita di nuove comunità e quindi nuovi villaggi anche fuori le mura del fortilizio normanno, con le abitazioni che presero a fiorire intorno al maniero, prolungandosi in maniera consistente intorno ai suoi fianchi fino a raggiungere il litorale, emblema della vita sociale ed economica della città e della presenza del feudatario.

Era il periodo in cui il territorio partecipava impotente anche al proliferare di nuovi feudi, rafforzando così il potere dei nuovi signori. Corigliano non era immune al dilagare di tale fenomeno, tanto che tra il XIII e il XV secolo si poté assistere all’avvicendarsi di alcuni importanti titolari del Feudo, tra cui un certo Andrea Cicala, figlio di Paolo conte di Alife e Golisano.

Fedelissimo di Federico II, «quale ricompensa per i servigi resi alla Corona, l'imperatore gli concesse, nella primavera del 1242, i castelli di Acri e di Corigliano, nonché altri feudi in Calabria. […] Dopo la deposizione di Federico II da parte di Innocenzo IV durante il Concilio di Lione (1245), la fedeltà imperiale di A. cominciò a vacillare. Si lasciò così convincere, nel 1246, a partecipare ‒ insieme a Tebaldo Francesco, Guglielmo di Sanseverino ed altri ‒ alla congiura di Capaccio contro l'imperatore svevo. Dopo la scoperta della cospirazione, aiutò i congiurati aprendo loro le porte del castello di Capaccio, ritenuto fino ad allora inespugnabile, dove i ribelli resistettero fino al 17 luglio 1246, quando il castello fu conquistato dalle truppe imperiali»2. 

L’ascesa degli Angioini portò i francesi a insediarsi come nuovi feudatari di Corigliano rimanendovi sino alla fine del secolo XIII. Infatti a partire dal 1269, secondo le note di M. Pellicano Castagna, come titolare del Feudo si ha memoria di un certo Giordano De Lille detto anche De Villa, concessione fatta da Carlo V in ricompensa dei suoi servigi3. Questi vi rimase fino al 1294, anno della sospensione del suo mandato da parte del re, quando nella guida del Feudo gli subentrò come signore di Corigliano il nobile romano Stefano Colonna4. 

Il 1300 fu il secolo in cui a governare la Contea Corigliano fu la famiglia dei Sangineto. Sul finire dello stesso, nel 1299, già signore di Sangineto e Belvedere, divenne feudatario col titolo di 1° conte di Corigliano, Ruggero Sangineto. Prese il suo posto il figlio Gerardo di Sangineto, primogenito e secondo conte di Corigliano fino al 1317, al quale subentrò, come terzo conte di Corigliano, Ruggero II di Sangineto governando la città fino al 1343, anno della sua morte. Gli succedette Roberto Sanseverino, già conte di Terlizzi, col titolo di quarto conte di Corigliano fino al 1361 grazie al matrimonio che Roberto aveva contratto con Bionda di Sangineto, sorella di Ruggero.

Dopo la breve parentesi ritornarono come feudatari di Corigliano nuovamente i Sangineto con Filippo II (conosciuto come Filippello) a cui, secondo le notizie del Pellicano Castagna, seguì Giovanni di Sangineto (detto Giovannello) e Margherita di Sangineto, sorella di Giovanni che sposò Venceslao Sanseverino. 

Corigliano, come del resto il territorio circostante, nel corso del XIV secolo, risentì delle non poche difficoltà economiche e sociali avvertite in tutto il Regno di Napoli che incisero notevolmente soprattutto sull’incremento demografico. Ci si avviò verso prospettive non rosee e alle porte si presentò il nuovo secolo con la ribellione dei Conti di Corigliano a Re Carlo III della quale ci erudisce M. Pellicano Castagna affermando che la rivolta «provocò la confisca del Feudo e l’assegnazione del medesimo a Giovanna Sanseverino»5 decretando di fatto la fine del dominio della famiglia Sangineto e l’ingresso dei Sanseverino, principi di Bisignano, come feudatari della città, ormai nuovi padroni di vasti territori del Meridione d’Italia che ebbero il governo di Corigliano fino alla morte di Niccolò Bernardino, principe di Bisignano, ultimo dei Sanseverino.
     
BIBLIOGRAFIA
  Cfr. G. AMATO, Crono-istoria di Corigliano Calabro, Arnaldo Forni Editore, Ristampa anastatica, Tip. Del Popolano, Corigliano Calabro 1884.
2 H. HOUBEN Federiciana 2005, Andrea Cicala in Treccani enciclopedia.
3 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, Storia dei Feudi e dei Titoli nobiliari della Calabria, Vol. II CAS – IS, Editrice CBC, Catanzaro 1996.
4 Profilo storico Corigliano in scheda città http://db.histantartsi.eu/web/rest/Istituzioni/48.
5 M. PELLICANO CASTAGNA, Storia dei Feudi…, Vol. II, CAS–IS.

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica