Quegli artisti campani chiamati per ridare bellezza a Rossano dopo il terremoto del 1836: ecco chi erano i Capobianco
Michele (padre) e Pasquale (figlio) da Vitulano furono ingaggiati dall’arcivescovo Mazzella per dipingere la Cattedrale dell’Achiropita dopo lo sconquasso del terremoto. Rimasero per anni in città e vissero proprio all’ombra del duomo
CORIGLIANO-ROSSANO - Il terribile terremoto del 1836, che ancora ricordiamo ogni anno con i fuochi del 24 aprile, fece di Rossano e circondario, un cumulo di macerie.
Il fenomeno tellurico non risparmiò niente, neppure gli edifici sacri con la cattedrale rossanese che fu danneggiata in maniera seria, tanto da essere dichiarata inagibile.
Il vescovo in quegli anni era Bruno Maria Tedeschi il quale diede il via ai lavori per la sistemazione dell’episcopio che verranno poi completati da monsignor Pietro Cilento nel 1845.
Le decorazioni interne del Salone degli Stemmi si devono a S.E. Mons. Orazio Mazzella che nel 1898 affida il compito delle decorazioni ad affresco del Salone, con stemmi degli arcivescovi di rito latino, al pittore Michele Capobianco.
Ma chi era questo Michele Capobianco?
Michele Cosimo Damiano Capobianco era nato a Vitulano (BN), stesso luogo di nascita dell’Arcivescovo Orazio Mazzella che resse la diocesi rossanese dal 1898 al 1917, il 9 dicembre del 1847 da Pasquale (pittore) e Carmela D’Amore, ed è stato proprio il vescovo Mazzella a chiamarlo a Rossano per abbellire la cattedrale dell’Achiropita. L’impresa da realizzare sarebbe stata lunga e complessa, perciò Michele vi trasferì tutta la famiglia prendendo casa di fronte l’antica pescheria, in modo da poter essere “casa e bottega” con l’impegno che lo attendeva.
La moglie di Michele, Almerinta Guadagno, nobildonna, discendente dagli antichi signori di Vitulano, gli aveva dato cinque figli, tra cui Pasquale, nato anch’esso a Vitulano il 10 marzo 1889, che avrebbe seguito le orme paterne.
Nel 1938 è stato l’Arcivescovo Domenico Marsiglia a continuare l’opera di ristrutturazione dell’Episcopio, commissionando anche le decorazioni del soffitto del Salone, che vennero realizzate proprio da Pasquale Capobianco, figlio di Michele, con al centro lo stemma dell'arcivescovo.
Non si reperiscono molte notizie su Michele Capobianco. Le uniche che si trovano su internet riguardano alcuni dipinti affrescati a Vitulano, il suo paese natale ed i dipinti nella chiesa cattedrale dell’Achiropita a Rossano. Voci tramandate da generazioni, ne parlano come il classico artista col basco in testa, il sigaro in bocca ed il pennello perennemente tra le mani.
Del figlio Pasquale si conosce qualcosa in più.
Seguendo le orme paterne e collaborando con lui, affrescò le navate laterali della cattedrale rossanese, poi nell’ex convento di Santa Chiara, Pasquale aprì una Scuola di Arti e Mestieri e fu chiamato a decorare anche altre chiese a Pietrapaola, Calopezzati, Longobucco e San Demetrio Corone, così come ad arricchire con affreschi le sale dei palazzi Martucci, Amarelli, De Lauro-Morelli e Bianco.
Sposò una rossanese, Antonietta Cosentino nata il 15 ottobre 1886 ed andò ad abitare sempre nei pressi della cattedrale, vicino alla cosiddetta “Acqua Molle”, ai piedi della scalinata che porta verso via XX Settembre. Ebbe tre figlie: Anna, Aurora e Alda che col tempo si trasferirono a Roma.
A Michele e Pasquale Capobianco si devono quindi gli affreschi della bella cattedrale rossanese e gli stemmi arcivescovili del salone nell’episcopio ma, oltre ai lavori importanti eseguiti nelle cittadine del circondario ed agli affreschi eseguiti presso le ville nobiliari rossanesi, pare che ci siano anche altre opere minori in giro per Rossano, attribuibili ad essi.
Una di queste si dice sia l’immagine raffigurante Sant’Antonio che è posta in una nicchia nei pressi del bivio di Celadi, che porta a Rossano Centro da un lato e verso Santa Maria delle Grazie dall’altro.
La figura del Santo di Padova sembra sia stata dipinta da Pasquale Capobianco nella nicchia in muratura e poi riprodotta in foto dal maestro meccanico Antonio Golluscio, noto per la sua devozione alla Santa Croce, che l’ha divulgata. Una immagine fotografica del dipinto è posta proprio al bivio di Celadi in una nicchia in metallo ed un’altra si trova nella cappella della Santa Croce.