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L’olio Dolce di Rossano conquista gli States: è servito nei ristoranti italiani di New York

3 minuti di lettura

MANHATTAN (NEW YORK) – Se un italiano in viaggio all’estero potesse, si porterebbe la sua cucina. È un classico. Del resto, il nostro cibo è il migliore al mondo. Ineccepibile. Metti, però, che il viaggio è lontanissimo – dall’altro capo del mondo; metti che il posto che visiti - gli Stati uniti e New York – hanno importato il meglio (ed il peggio) della cucina italiana; e che non c’è niente di più bello e rilassante che godersi Broadway, all’angolo con il Madison Square garden, al tramonto e con uno spreetz in mano… non c’è tempo (e voglia) di mettersi ai fornelli. Serve cibo pronto, genuino e subito.

Nella grande mela c’è l’imbarazzo della scelta. E soprattutto ci sono gli Eataly che ti fanno sentire nella grande casa Italia nel bel mezzo di un altro mondo. Avevamo da poco finito il nostro giro panoramico sulla guglia altissima dell’Empire State building; appena sotto, la 34esima strada che fa angolo con la sesta strada e la più celebre Broadway. La nostra fame si conta in seicento passi da quell’incrocio, lì dove c’è proprio un restaurant-cafè. Ci aspettano altri amici italiani. Prendiamo posto per un aperitivo ai sapori del Bel Paese: crudo e parmigiano, una caprese con pomodoro di Pachino e mozzarella di bufala campana, e poi ancora un tortino di melanzana, un “nido” di spaghetti al pomodoro e altre piccole, deliziose bontà di madre terra Italia.

Il cameriere porta tutto al tavolo insieme ai condimenti: aceto, sale, pepe, olio…

L’occhio di un calabrese attento va subito alla ricerca della provenienza dell’olio, abituati come siamo a vedere quasi sempre sulle tavole del made in italy, olio toscano o pugliese. E qui – signori – sorpresa nella sorpresa: l’olio non solo è di provenienza calabra ma è delle “colline dello Jonio”. La curiosità è tanta. Scorriamo ancora l’etichetta e leggiamo la cultivar magica La Dolce di Rossano. Il cuore si riempie d’orgoglio e nostalgia. «Questo è l’olio di casa mia» - dico ai miei amici. Conservato in un packaging simpaticissimo (una piccola latta cilindrica da 750ml) che richiama a quei contenitori che si usavano un tempo e di cui la mia memoria di bambino è piena, l’olio appartiene alla molitura del frantoio Labonia di Corigliano-Rossano. Non so perché ma il pensiero è andato subito a quelle distese di ulivi battuti dal sole su una terra rossa e grossa, che dal delta del Colognati, risalendo verso Crosetto, Oliveto Longo e poi Calamo, e poi ancora Pollice, Santa Maria delle Grazie, Piano Russo, Cozzo Simari, arrivano fino alla Palombara dove l’olivo diventa prima ogliastra e poi per magia si trasforma nel bosco del Rinacchio.

È una magia che va dritta nel cuore della storia e della memoria, nei ritmi lenti della nostra terra e che ti stordisce rivedendola nel cuore pulsante e frenetico del mondo. Un’emozione indescrivibile che ho provato a racchiudere tutta in questa foto che solo chi conosce il vissuto di quest’area della Calabria può capire.

Ancora euforico per aver potuto fare un buon pasto condito con l’olio di casa mia (proprio come se me lo avessi portato dietro con lo zaino) mi reco nel locale per pagare il conto. C’è fila e prima di me c’è un gruppo di ragazzi, yankee da infinite generazioni, alti, biondi e occhi azzurri. Uno di questi si sposta dalla cassa e in mano tiene, stretta insieme ad una banconota da un dollaro, una scatolina di latta che subito mi torna familiare. È blu e sopra c’è l’immagine di Arlecchino. Provo ad osservarla meglio ma il ragazzo corre via. Mi giro. Mi trovo davanti il cassiere e alle sue spalle un dispenser grandissimo di liquirizia. Non una liquirizia qualsiasi. È la liquirizia Amarelli, con tanto di storico brand impresso a caratteri cubitali che si accompagna da sempre con il toponimo Rossano. E in quei dispenser le caratteristiche scatolette di latta: ce n’erano di tutti i gusti, di tutte le taglie e dimensioni. E lì l’orgoglio di essere italiano, calabrese, di Corigliano-Rossano è arrivato alle stelle. Compro anche io i rombetti all’anice, pago e vado via con un sorriso speciale sul volto.

Continuo a passeggiare per le vie di New York assaporando la liquirizia di casa mia, acquistata dall’altra parte del pianeta, nel mentre davanti a me scorrono panorami e scene di Taxi Drive, C’era una volta in America, Harry ti presento Sally e mi sono sentito tanto Jonathan di Serendipity che nelle coincidenze del mondo ritrovava sempre il suo amore, lì a New York… il mio amore, la mia terra, la consapevolezza di vivere, sempre e comunque, nel posto più bello del mondo.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.