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San Lorenzo del Vallo: il Castello feudale, testimonianza delle vicende storiche del Casale compiute anche tra rivolte e prepotenze

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In riferimento al Castello feudale, testimonianza delle vicende storiche del Casale compiute anche tra rivolte e prepotenze, si precisa che questo fu ampliato verosimilmente sui resti di un precedente edificio da don Andrea Alarçon Mendoza della Valle, di origini spagnole, come risulta dai molteplici studi realizzati nel corso delle diverse fasi di risanamento, restauro e ristrutturazione. Degli Alarçon, come titolari del Feudo di San Lorenzo nei suoi scritti ne fa cenno anche l’Abbate D. Francesco Sacco, il quale nella sua descrizione conferma sul territorio la presenza degli Albanesi la cui cura spirituale era affidata ad un parroco di Rito Greco (7).

Il maniero divenne poi residenza degli Alarçon Mendoza feudatari del luogo, ma titolari di ulteriori possedimenti feudali nella Regione. Inoltre, sempre dalle informazioni presenti sul sito del Comune si viene a sapere che fu proprio questo «il periodo in cui San Lorenzo conobbe un'importante crescita di tipo agricolo testimoniata dai resti dell'antica fabbrica di liquirizia della cui radice la zona è ancora oggi particolarmente ricca» (8). Il Castello posto nella parte più elevata del Casale offriva al feudatario di spaziare con lo sguardo sugli estesi possedimenti circostanti. Una posizione molto strategica per don Andrea Alarçon Mendoza della Valle, che proprio in quel periodo era stato investito del ruolo di responsabile della circoscrizione mandamentale con l’incarico di custodire il vasto territorio limitrofo.

Presumibilmente risalente del XVII secolo, nel suo sviluppo architettonico si mostra a pianta quadrata su tre livelli con relativi pertugi o feritoie, e arricchito negli angoli da quattro torri romboidali, adornati da una interessante merlatura a coda di rondine, ritenuto un capolavoro dell’architettura militare medioevale. A seguito della cancellazione della feudalità venne trascurato e abbandonato, anche se venne utilizzato fino alla metà del secolo scorso, quando fu acquistato dal Comune (9) che ne ha assicurato il recupero e la conservazione, tanto da promuoverlo come monumento di valore storico.

Una breve nota ricavata da altre fonti ci fornisce ulteriori notizie circa la sua datazione «[…] Ha fondamenta a scarpata, in pietra locale, circondate da terrapieno. Alcune datazioni lo fanno risalire ad un periodo probabile tra il XIII e il XIV secolo ed ebbe in seguito diversi rifacimenti. Tra le prime ristrutturazioni sono storicamente documentabili un rifacimento nel 1496 insieme al Castello Aragonese di Castrovillari. L’aggiunta nella parete del lato est avvenne nel XVI secolo al tempo dei Pescara per assumere poi la facies attuale, durante la permanenza della Marchesa Lucrezia della Valle degli Alarcon - Mendoza, nel XVIII secolo. Si pensa che al tempo di Suena della Porta, napoletana, moglie di Marcello Pescara, abbia annoverato tra gli ospiti illustri, il giovane Campanella, in quel tempo novizio presso il convento Domenicano di Altomonte. Esisteva certamente alla venuta degli albanesi di Spezzano Albanese, intorno al 1472, al tempo dell’Arcivescovo Saraceni di Rossano» (10).

Come tutta l'Italia Meridionale anche San Lorenzo dopo la conclusione dell’egemonia normanno-sveva sperimentò quella degli Angioini come nuovi dominatori, che con nuove regole feudali influenzarono non poco il tessuto sociale ed economico del territorio. Una dominazione che durò fino al 1492 anno in cui il Regno di Napoli mutò la propria condizione scivolando sotto la sovranità degli Aragonesi, periodo nel quale la miseria popolare fece a pugni con i privilegi della classe baronale.

Fu una fase in cui il Borgo venne interessato da una sensibile diminuzione demografica in parte dovuta alle continue guerre tra angioini e aragonesi e in parte agli aventi calamitosi come i terremoti e la peste che interessarono il suo territorio. A conclusione dei disastrosi scontri fra Angioini e Aragonesi, per ottenere il predominio sull’Italia, nel 1503 il Regno di Napoli e quindi anche san Lorenzo, si trovò ad essere amministrato dalla Spagna. Si ebbe così l’inizio della dominazione spagnola che determinò le premesse per il lungo periodo del Viceregno.

Non mancò da parte di molti laurenziani la partecipazione al movimento sanfedista del cardinale Fabrizio Ruffo teso a difendere la monarchia borbonica e rovesciare la Repubblica Partenopea (1799), che caduta provocò il ritorno dei Borboni al governo del regno di Napoli, consentendo così il ritorno a un vecchio feudalesimo che permise alla classe feudataria dell’epoca di godere di nuovi privilegi e determinare un nuovo regime fiscale più vessatorio fatto di pesanti imposte e nuovi balzelli. Molti laurenziani, con l’avvenuta occupazione francese, pagarono con la vita la loro partecipazione al movimento sanfedista e vennero eliminati.

Qualche anno dopo, tra il 1806 e il 1808, i francesi promulgarono le leggi eversive della feudalità, provvedimenti legislativi con i quali Giuseppe Bonaparte, re di Napoli e fratello di Napoleone, decretò la fine della feudalità nel Regno di Napoli, abolendo così tutti quei vantaggi, favori, benefici e protezioni di cui godeva la classe feudataria.  È il periodo in cui si assistette alla nascita dei Comuni. Ciò consentì il ritorno di alcuni possedimenti terrieri agli abitanti di San Lorenzo in precedenza sottratti dagli Alarcon e contemporaneamente si avviò una dura lotta al brigantaggio, di cui il paese non fu immune, tesa a ripristinare la legalità sul territorio. 

Si trattò di un breve periodo poiché la disfatta di Napoleone a Waterloo, portò nuovamente i Borbone a governare il Regno di Napoli. Nonostante il nuovo regime riconobbe la nuova legislazione francese sulla feudalità, si ritornò ai vecchi sistemi amministrativi e ben presto la classe notabile del Regno, alzando la testa, ricominciò con i vecchi metodi basati sulla prepotenza e così anche a San Lorenzo vennero messi in discussione gli usi civici delle sue terre demaniali, dominate dagli Alarcon.

Intanto, a seguito delle disposizioni amministrative francesi San Lorenzo veniva riconosciuto Comune autonomo ed assegnato nel Cantone di Corigliano. Con la prima ordinanza francese del 19 gennaio 1807, lo stesso veniva dichiarato Luogo, ossia Università nel cosiddetto Governo di Spezzano Albanese. Ordine che rimase vigente anche successivamente al decreto del 4 maggio 1811 con il quale vennero istituiti i Comuni ed i Circondari.   

Gli eventi storici generali che interessarono ancora il Borgo di San Lorenzo furono quelli che investirono tutto il Meridione nel quale ferventi furono le iniziative tese a rovesciare il regime borbonico con i moti del 1848, preludio al Risorgimento Italiano, ai quali come ci ricorda il Valente parteciparono Antonio e don Francesco Ciliberti. Iniziative nelle quali viva fu la presenza di alcuni carbonari laurenziani. Un periodo storico che ebbe fine nel luglio 1860, grazie alla spedizione dei Mille, che consentì il ritiro dell’esercito borbonico e l'istituzione del nuovo governo di Giuseppe Garibaldi, e che successivamente portò alla realizzazione del Regno d'Italia.

In relazione si riporta un breve passo che richiama la storia di quei momenti turbolenti che investirono direttamente San Lorenzo che «partecipò anche ai moti del 1848 che infiammarono l’intera Europa e il regno di Napoli. Artefici e dirigenti di tali moti furono i carbonari, ed anche la sezione sanlorenzana, capeggiata da don Francesco Staffa. […] Le truppe borboniche calarono in Calabria per reprimere i moti rivoluzionari. A Spezzano Albanese, paese confinante ad appena un chilometro vi era il quartiere generale sotto il comando del generale Ribotti e a S. Lorenzo era accampato il battaglione albanese (ovvero dei paesi di origine albanese) di cui facevano parte anche i volontari sanlorenzani, capeggiati dallo Staffa. Lo scontro con i borbonici avvenne presso lo scalo ferroviario di Spezzano Albanese. Dopo mezza giornata di battaglia i borbonici si ritirarono lasciando sul campo dieci morti.

I rivoluzionari li inseguirono nella loro ritirata mentre i fratelli Mauro con le loro schiere di rivoltosi tentavano di sbarrare il passaggio al generale Lanza, accorso da Napoli a dare manforte. Come sappiamo i moti furono schiacciati nel sangue e così l’anno successivo i borbonici riuscirono a sconfiggere i rivoltosi calabresi. Molti fra gli elementi più attivi della rivolta finirono in prigione, tra cui lo Staffa che venne condannato a sette anni. Ma i moti pur spenti così violentemente trovarono nuovi adepti e nuovi capi. Diversi furono i mazziniani, il nuovo movimento nazionale promosso e capeggiato da Giuseppe Mazzini, tra cui Gennaro Mortati di Spezzano Albanese, dirigente zonale del movimento. […] Dopo lo sbarco a Marsala di Garibaldi, nella zona del Castrovillarese si ricostruì il battaglione volontario sconfitto dieci anni prima dai Borboni. Fra i suoi capi spiccano Vincenzo Luci di Spezzano Albanese, Giuseppe Paci di Castrovillari, Domenico Dramis di Trebisacce. All’appello del Luci del 10 giugno 1860 risposero anche Giulio Luciano Longo e Francesco Staffa di S. Lorenzo del Vallo» (11). 

L’Unità d’Italia, a dire il vero, non procurò soluzioni positive ai problemi che affliggevano il meridione che, così continuò a richiedere maggiore attenzione alle istanze reclamate. Il periodo tra la conclusione del 1800 e l’inizio del 1900 per San Lorenzo saranno ricordati per un altro fenomeno amaro, quello dell’emigrazione verso le Americhe che tuttavia, grazie agli enormi sacrifici, consentì a molte famiglie di migliorare la propria condizione sociale tramite l’acquisto di piccole porzioni di terra da coltivare.

Un evento che investì tutto il meridione e che impoverì il già precario tessuto sociale sottraendole braccia lavoro per una possibile ricostruzione. Il tutto accadeva mentre all’orizzonte si preparava un altro atroce evento quello della grande guerra. Il primo conflitto mondiale che si svolse tra il 28 luglio 1914 e l’11 novembre del 1918 alla quale presero parte le principali potenze del mondo, insieme ad altre potenze più piccole e al quale San Lorenzo diede il suo apporto di sangue lasciando sul campo morti e feriti tra i suoi concittadini. Intanto a San Lorenzo si registrava la nascita di un movimento di ex combattenti che iniziò a rivendicare le terre per i contadini. Nemmeno il tempo di riprendersi ed ecco che l’altra grande iattura si affacciava alle porte dell’Italia: il fascismo, che come riporta un altro passo della relazione al piano strutturale «[…] stroncò qualsiasi rivendicazione contadina, offrendo loro la guerra di Spagna, alla quale parteciparono alcuni sanlorenzani, e la guerra coloniale in Etiopia e Cirenaica. Paesi dove si trasferirono anche alcuni nuclei familiari sanlorenzani. […] Dopo il buio del fascismo e la seconda guerra mondiale, il movimento contadino riprende corpo e S. Lorenzo è uno dei centri più attivi. […]» (12).

Etimologicamente il nome del Borgo rispecchia la devozione che i laurenziani hanno da sempre per San Lorenzo, patrono del paese festeggiato il 10 agosto, mentre sulla peculiarità del termine Vallo almeno due rimangono le ipotesi più attendibili. La prima, secondo alcune fonti storiche, il termine Vallo scaturirebbe dalla contiguità del territorio comunale con le vallate nelle quali fluiscono da una parte i due fiumi del Busento e del Crati e dall’altra l’Esaro da cui è attraversato. La seconda, invece, il termine si richiamerebbe al nome degli Alarçon della Valle Mendoza, tanto che nel 1800 al nome San Lorenzo si aggiunse della Valle ed in seguito trasformato in Vallo, molto probabilmente in richiamo alla presenza del bastione in latino (vallum).

Consistente il patrimonio architettonico. Oltre al Castello del 1600 di cui si è già accennato, a San Lorenzo è presente anche il Fortino o Torre Jentilino situato nella località di Concio Longo. Si tratta di una fortificazione di dimensioni più contenute, riconducibile, secondo le fonti storiche, al periodo compreso tra il X e l’XI secolo. Questo da quanto se ne viene a sapere venne fatto edificare dal Guiscardo, al tempo della conquista della Calabria, per avere il controllo della pianura di Sibari e della vallata del Crati, ma non si esclude fosse in stretto collegamento anche con la residenza dello stesso Guiscardo, in S. Marco Argentano.

Interessanti anche alcuni edifici civili tra cui si vogliono ricordare i palazzi gentilizi: Ciliberto, Marchianò e Ragusa, come pure l’architettura sacra che viene raccontata da alcune chiese: come quella della Madonna di Fatima, di Santa Maria delle Grazie, una chiesa parrocchiale di rito latino, provvista di campanile a cupola ed eretta in prossimità del Castello, le cui origini risalgono al 1500, sinistrata a seguito dei una violenta scossa di terremoto. Quella di santa Maria della Neve oggi San Lorenzo Martire dedicata al Santo Patrono, che risale alla prima metà del XVIII secolo. Si tratta di un edificio sacro a tre navate al cui interno è possibile ammirare alcune statue lignee e una tela di grandi dimensioni, ritraente La Visitazione. Dotata di un campanile i pietra è uno degli edifici più rappresentativi del paese.

A San Lorenzo erano presenti due Confraternite laicali intitolate al Sagramento, e al Purgatorio. Nel corso dell’epoca medioevale non mancò la costruzione di alcuni Monasteri. Per quanto se ne ricava dalle fonti uno era dei Carmelitani, l’altro dei Domenicani, edifici di cui resta ben poco. Inoltre, durante il governo degli Alarçon si parla di un antico Convento dei Padri Riformati del 1600, che fece registrare la presenza di Sant’Umile di Bisignano, di cui, oggi, rimangono solo le rovine.

L’economia del luogo da sempre fa riferimento al settore primario dell’agricoltura finalizzata alla produzione di cereali, di legumi, alla coltivazione della vite, dell’olivo, delle pesche, agrumi e altro genere di frutti. Non meno importante il settore dell’artigianato che è presente con piccole imprese attive nei settori della lavorazione del legno e alimentare. Al riguardo va ricordato che a seguito dell’acquisto delle terre della Marchese Lucrezia della Valle da parte di Luigi Longo, questi vi avviò una fabbrica di liquirizia inizialmente chiamato Congio Peschiera per la località in cui era ubicato, ma poi riconosciuto anche come Congio Longo. Uno stabilimento che impegnò molti lavoratori provenienti anche da altre località, occupati nella estrazione e nella lavorazione della liquirizia, con i prodotti distribuiti in ogni parte del mondo. Nella seconda metà del secolo scorso come in tutto il Meridione anche a San Lorenzo si registrò il nuovo fenomeno migratorio verso le Regioni industrializzate del nord del Paese e in direzione dei paesi europei, in particolare Germania, Svizzera, Belgio e Francia.

 

Bibliografia

7Abbate D. Francesco SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli, Tomo III, Presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI, p. 285.

8 Gli Alarcon della Valle Mendoza in http://www.comune.sanlorenzodelvallo.cs.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=37009

9 Il Castello di San Lorenzo del Vallo: Arte, Storia e cultura San Lorenzo d... in http://www.provinciacosenza.com/Il-Castello-di-San-Lorenzo-del-Vallo.asp

10 Cenni storici, in http://www.pianostrutturale.info/PSC-Slv/S.1.pdf , pp. 4-10

11 Cenni storici, in http://www.pianostrutturale.info/PSC-Slv/S.1.pdf , pp. 4-10

12 Cenni storici, in http://www.pianostrutturale.info/PSC-Slv/S.1.pdf , pp. 4-10

 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica