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Arrivano le Case di Comunità: piccoli ospedali per rendere capillare il servizio sanitario sul territorio

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CORIGLIANO-ROSSANO - L'ASP di Cosenza si prepara a rendere operative le nuove Case di Comunità, un progetto ambizioso che mira a ridisegnare l'assistenza sanitaria territoriale. È quanto previsto nel nuovo Atto aziendale, in attesa della condivisione con la Conferenza dei Sindaci, che descrive un sistema integrato socio-sanitario, dove le Case di Comunità giocano un ruolo chiave per la medicina sul territorio. Ma riusciranno a decongestionare gli ospedali e garantire un accesso più efficiente alle cure?

Il documento ufficiale dell'Asp parla di una «integrazione socio-sanitaria garantita all'interno dei distretti attraverso la funzione dei servizi sociali». L'obiettivo è quello di «anticipare gli effetti negativi di eccesso di domanda sulle strutture ospedaliere», integrando «in modo strutturale e funzionale alcuni dei modelli di risposta presenti nel sistema», come le residenze sanitarie, con le nuove strutture previste dal PNRR, o come «soprattutto le case di comunità HUB».

Ma cosa sono le Case di Comunità e perché vengono differenziate in Hub e Spoke?

Il decreto interministeriale 23 maggio 2022 prevede che, all’interno di ogni Distretto sanitario, definito come articolazione organizzativo-funzionale dell’ASL sul territorio, sia costituita una Casa della Comunità ogni 40 – 50 mila abitanti. Le Case di Comunità, quindi, entrano così a far parte del Servizio Sanitario Regionale, saranno in tutto circa 1.300 nel 2026 (molte sono già attive), sono finanziate con i fondi del PNRR (2 miliardi di euro) e rappresentano l’evoluzione del concetto di Casa della Salute. Riguardo alla definizione di Case di Comunità, il Decreto le definisce testualmente come «luogo fisico di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria».

Le Case di Comunità – come spiega il Decreto Interministeriale del 2022 - gestiscono sia la componente ambulatoriale che domiciliare dell’assistenza, quest’ultima anche con strumenti strategici come la Telemedicina che in Calabria e nell’Asp di Cosenza sta prendendo sempre più piede proprio per rispondere alle esigenze sanitarie delle aree periferiche e dell’entroterra.

La funzione delle Case di Comunità

In termini organizzativi, le Case di Comunità si compongono di diverse aree, tra cui: Punto unico di accesso, servizi amministrativi e sistema integrato di prenotazione collegato al CUP; Assistenza primaria e continuità assistenziale: l’assistenza primaria è prestata da MMG (medico di medicina generale) e pediatri; sono inoltre presenti i servizi infermieristici e un’area dedicata alla continuità assistenziale (Guardia Medica); Specialistica ambulatoriale e diagnostica di base; Prevenzione; Integrazione con servizi sociali e con le comunità di riferimento.

Case Hub e Case Spoke

Tutte le Case di Comunità, inoltre, a prescindere dalla tipologia se Hub o Spoke, devono erogare alcuni servizi obbligatori, ovvero: le cure primarie; l’assistenza domiciliare; la specialistica ambulatoriale; i servizi infermieristici e di prenotazione; l’integrazione con i servizi sociali; la partecipazione della comunità.

Nello specifico, le Case di Comunità Hub sono strutture di riferimento in grado di gestire decine di migliaia di cittadini (circa 40-50 mila); essi integrano tutte le figure professionali precedentemente menzionate ed erogano la totalità dei servizi associati al concetto di Casa di Comunità, oltre a operare in totale sinergia con le Case di Comunità Spoke. Secondo il DM 77/2022, ciò che contraddistingue il modello Hub sono i seguenti servizi obbligatori: Presenza medica e infermieristica 24h /7 gg; Servizi diagnostici di base; Servizi di continuità assistenziale; Punto prelievi; Attività consultoriali e attività rivolta ai minori. Al contrario, le Case di Comunità di tipo spoke sono articolazioni territoriali con un set di servizi obbligatori più ristretto e una connessione diretta agli hub e, di fatto, hanno vincoli meno stringenti per quanto concerne i servizi obbligatori. Per esempio, i servizi diagnostici di base finalizzati al monitoraggio della cronicità sono facoltativi, così come la continuità assistenziale e il punto prelievi. Inoltre, esse devono prevedere la presenza medica e infermieristica 12h /6 gg.

I servizi offerti dalle Case di Comunità suddivisi per Hub e Spoke

Fatta questa digressione necessaria a capire l’effettiva utilità di queste nuove “strutture filtro” che dovrebbero alleggerire di molto gli accessi agli ospedali (soprattutto ai pronto soccorso dove ormai si va anche per dolori febbrili!) andiamo a vedere dove saranno dislocate le Case di Comunità dell’Asp di Cosenza all’interno del vasto territorio della Calabria del nord-est la cui realizzazione è costata o sta costando (molte sono ancora in fase di allestimento) circa 20 milioni di euro a valere sui fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – (ne avevamo parlato dettagliatamente qui)

Undici strutture nella Calabria del nord-est

Nel Distretto Esaro/Pollino saranno istituite 4 Case di Comunità: Mormanno (Hub - 2,5 milioni di euro), Lungro (Spoke - 2,5 milioni di euro), Roggiano Gravina (Hub - 1,6 milioni di euro), San Marco Argentano (Spoke - 2,5 milioni di euro). Nel grande Distretto Ionio, invece, ce ne saranno 7: Cassano Jonio (Hub - 2,5 milioni di euro), Rocca Imperiale (Spoke - 1,4 milioni di euro), Villapiana (Spoke - 1,4 milioni di euro), San Giorgio Albanese (Spoke - 1,4 milioni di euro), Crosia (Hub - 1,6 milioni di euro), Longobucco (Hub - 1,4 milioni di euro) e Cariati (Hub che rientra nella rete ospedaliera).

Inoltre, l'integrazione delle Case di Comunità con le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e le Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) dovrebbe garantire una «medicina di vicinanza», così come riportato dallo stesso Atto Aziendale, permettendo un trattamento sanitario uniforme e integrando la medicina generale con il distretto.

L'efficacia del progetto dipenderà dalla sua piena implementazione e dalla capacità di queste strutture di fungere da filtro per gli ospedali, indirizzando i pazienti verso il livello di assistenza più appropriato.

La carenza di personale e il rischio che si creino altri buchi neri nel servizio sanitario

Se ben gestite, ed è questo il nodo nevralgico – considerata anche la carenza cronica e preoccupante di personale medico - le Case di Comunità potrebbero rappresentare una svolta significativa nell'organizzazione sanitaria del territorio del nord-est dove, garantendo un accesso più efficiente ed efficace alle cure, riservando gli ospedali ai casi più gravi.

Certo, la riuscita del progetto necessiterà di un monitoraggio costante e di una valutazione attenta dei risultati ottenuti ma soprattutto avrà bisogno di un maggiore impegno da parte del management dell’Asp di Cosenza a reperire un numero di risorse umane adeguate. Il rischio che si stia implementando il servizio sanitario, rendendolo più capillare sul territorio, senza la forza del capitale umano, è concreto. Non vorremmo, domani, raccontare di presidi sanitari territoriali chiusi, mal funzionanti, carenti di personale perché altrimenti – ancora una volta – avremmo rivoluzionato tutto per non cambiare assolutamente nulla!

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.