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"U'ni porta niva a Palur"... dalla sherbet alle neviere: ecco un antico rito dell'inverno

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Gli amanti della nostra Sila nel periodo invernale, sempre più spesso, sentono parlare della “Dama Bianca” ma la dama silana non ha niente a che vedere con lo spirito germanico che annuncia sciagure, né tantomeno con Giulia Occhini, l’amante del campionissimo Fausto Coppi, né tantomeno con la donna che accompagnava il campione di calcio Falcao; questo è semplicemente il nome che è stato affibbiato alla candida neve che annualmente imbianca le piste di sci.

Gli operatori turistici l’aspettano come la manna dal cielo. Subito si mettono in funzione gli impianti di risalita di Camigliatello e di Lorica, ristoranti ed alberghi sempre pieni e bambini festanti a lanciarsi palle di neve ed a costruire pupazzi con la carota a fungere da naso.

Tanti che abitano zone più collinari o verso il mare, aspettano la neve per far divertire figli e nipoti salendo un po’ in quota, ma anche per gustare il dolce calabrese più antico: “la scirubetta”.

Questo dolce gelato semplicissimo da preparare ha però le sue peculiarità. Non basta mettere un po’ di neve in un bicchiere e poi versarci dentro qualcosa che dia gusto e dolcezza.

Innanzitutto la neve non deve essere soffice, tipo quella appena caduta; deve essere quella del giorno prima che per effetto delle gelate notturne è diventata “ciciarusa”, deve cioè essere quella che si è trasformata in granelli di ghiaccio. Chiaramente deve essere raccolta in zone incontaminate, dove non sono transitati animali ed umani e poi deve essere mischiata con una generosa dose di miele di fichi e di mosto cotto.

Negli anni recenti l’antico gelato dei nostri nonni ha subito diverse varianti; i sapori antichi sono stati sostituiti da succo fresco d’arancia o di limone e zucchero, sciroppi di cedro, bergamotto o d’altra frutta, oppure, ancora in chiave più moderna, con caffè e zucchero, o infine con cioccolato.

Il termine “scirubetta” proviene dall’arabo “sherbet” – termine a sua volta confluito anche nella lingua turca con analogo significato di “bevanda fresca” – da cui originano le parole italiane “sciroppo” e “sorbetto”.

Fino a pochi decenni fa, nella nostra zona, erano ancora attivi i “nivari” che praticavano un mestiere molto redditizio, quello di conservare la neve per il periodo estivo.

Nella montagna rossanese esiste ancora un rudere utilizzato da questi uomini per conservare la neve e venderla poi ai nobili benestanti della città per rinfrescare le loro bevande. Si trova nei pressi della sorgente cosiddetta “Gramignusa”.

Ancora nei nostri giorni si sente dire un termine particolare per quelle persone che non hanno voglia di lavorare: “U'ni porta niva a PalurƏ” (non ne porta neve a Paludi). Questo era riferito proprio ai “nivari” che se non si affrettavano a portare il prezioso carico ai destinatari, questo si scioglieva per la via e si restava senza guadagno.

Dopo i “nivari” sono arrivate le ghiacciaie che producevano blocchi di ghiaccio; servivano per rinfrescare, ma anche per produrre le primordiali granite con la famosa “grattachecca” e qualche sciroppo coloratissimo.

Le ghiacciaie a Rossano erano ubicate nella fabbrica di liquirizia Amarelli ed al centro storico nei locali dell’attuale sede comunale nei locali a piano terra dell’ex Ospedale civile che nel corso degli anni hanno ospitato anche il Bar Vittoria.

Non era raro vedere uscire dalle ghiacciaie uomini che portavano a spalla questi grossi blocchi di ghiaccio, avvolti in sacchi di iuta che servivano a conservare il freddo.

Poi è arrivato il frigorifero in ogni casa; si sono persi i “nivari” e le ghiacciaie hanno cessato la loro produzione.

Gino Campana
Autore: Gino Campana

Ex sindacalista, giornalista, saggista e patrocinatore culturale. Nel 2006 viene eletto segretario generale regionale del Sindacato UIL che rappresenta i lavoratori Elettrici, della chimica, i gasisti, acquedottisti e tessili ed ha fatto parte dell’esecutivo nazionale. È stato presidente dell’ARCA territoriale, l’Associazione Culturale e sportiva dei lavoratori elettrici, vice presidente di quella regionale e membro dell’esecutivo nazionale. La sua carriera giornalistica inizia sin da ragazzo, dal giornalino parrocchiale: successivamente ha scritto per la Provincia Cosentina e per il periodico locale La Voce. Ha curato, inoltre, servizi di approfondimento e di carattere sociale per l’emittente locale Tele A 57 e ad oggi fa parte del Circolo della Stampa Pollino Sibaritide