Ventisette anni fa a Mogadiscio veniva uccisa Ilaria Alpi, simbolo del giornalismo che non si arrende
Una ragazza, una giornalista, una persona piena di sogni e aspettative è andata incontro alla morte, insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin è andata incontro alla morte per raccontare la verità... senza filtri
CORIGLIANO-ROSSANO - Era il 20 marzo 1994, era il primo giorno di primavera, io ero un bambino e ricordo ancora quell'edizione straordinaria del telegiornale che annunciava la morte della giornalista Ilaria Alpi e del suo cineoperatore Miran Hrovatin, uccisi in circostanze misteriose a Mogadiscio, in Somalia. Si scoprì in seguito che Ilaria e Miran nel fare in modo scrupoloso il loro mestiere stavano portando a galla verità scottanti.
Si è trattato di un’esecuzione in piena regola, i due reporter furono raggiunti da un commando e assassinati. Le ragioni rimangono tutt’ora oscure, ma sono collegabili alle indagini che stavano svolgendo circa autentiche piaghe criminali della nostra società: il traffico illecito di rifiuti tossici e di armi dall’Italia alla Somalia e sulle rotte sospette della compagnia Shifco.
Ilaria aveva intervistato il sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, le cui dichiarazioni con il relativo filmato andarono in buona parte perdute. È evidente che dietro l’omicidio si muovessero interessi economici fortissimi; Ilaria sapeva troppo e andava eliminata. Nonostante sua madre Luciana e il padre Giorgio da subito, subodorando le cause recondite della morte della figlia, chiedessero insistentemente chiarezza circa gli emissari del delitto e i depistaggi evidenti atti a ritardare la giustizia, i colpevoli non sono stati consegnati alla legge. E così i lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta e dei tanti processi nel corso degli anni non sfociarono in nulla di concreto.
Ilaria rimane, dopo 27 anni, il simbolo di un giornalismo libero, autentico, onesto, alieno dai condizionamenti politici ed economici; insomma un giornalismo ispirato ai grandi valori dei diritti civili e della solidarietà. Una simile dedizione e coerenza ideologica non sono facilmente reperibili oggi; in una società che tende ad omologare e corrompere, Ilaria rimase fedele a quello che un cronista dovrebbe fare: ricercare la verità anche quando è molto scomoda e portarla alla luce, denunciando aberrazioni, storture, malversazioni di associazioni criminali sapientemente occultate da parvenze di legalità. Amareggia e stupisce il fatto che si parli poco della vicenda e dell’insegnamento che ha lasciato.
Il Comitato nazionale dei Diritti umani, in una nota, auspica che «non scendano le tenebre dell’archiviazione sul caso Alpi e che si parli della giovane nelle aule scolastiche come esempio di correttezza etica e professionale. Pertanto - si legge ancora - invitiamo i docenti, referenti di attività connesse al giornalino scolastico, e studenti a dedicare un numero del giornalino ad Ilaria Alpi, raccontandone la storia ed esprimendo le proprie riflessioni in merito».