di MATTEO LAURIA La
scuola di oggi, quella di ieri, e quella del futuro. Alla storica “bacchetta” dal contesto educativo restrittivo si è contrapposta una pseudo democrazia partecipata il cui valore si è tradotto in talune circostanze in abuso di potere, tal altre in interessi privati. Al coro unanime di augurio del
nuovo anno scolastico si unisce anche quello della redazione de
L’Eco dello Jonio con l’auspicio che gradualmente si giunga a una scuola sempre migliore. Nel tempo sono stati raggiunti risultati importanti attraverso significativi interventi che vanno dall’informatizzazione delle attività alla capacità di dotare di nuove strutture e investire nell’edilizia scolastica. Tanti pregi, ma anche molti difetti. Occorre intanto tenere sotto stretta osservazione il dato demografico: la crisi produce un calo delle nascite, di conseguenza si riduce la popolazione scolastica. Tagli alle classi, maggiori accorpamenti e reggenze. È necessaria, per tutti, una ripresa dell’economia, dello sviluppo, del lavoro. Il contesto attuale produce effetti poco entusiasmanti sotto il profilo della qualità dell’offerta formativa. Oggi la scuola presenta forti limiti nella relazione “formazione-mercato del lavoro”: sussiste un preoccupante gap tra teoria e pratica. Il legislatore medita soluzioni, ma siamo ancora piuttosto lontani. Eppure di “professionalità” vi è tanto bisogno, in tutti i settori. Con l’avvio del nuovo anno si colgono i buoni propositi di sindaci, amministratori, uomini di chiesa, i quali rimarcano il ruolo incisivo dell’istituzione scolastica in tutte le sue forme. E bene fanno. Dobbiamo imparare, però, ad andare oltre e vedere ciò che non piace. Spesso, proprio nell’istruzione, si annidano manovre poco edificanti persino sotto il profilo etico. È da brividi dover prendere atto che in taluni istituti scolastici del territorio si dia vita a forme di ghettizzazione per fasce sociali, quasi ci fossero classi di serie A e di serie B. Discriminazioni di una gravità inaudita verso cui si chiede un’azione di responsabilità da parte di tutti, delle istituzioni in prima battuta. Gli effetti su chi subisce tali frustrazioni nell’età dell’adolescenza saranno compagni di vita di quell’alunno vittima di un sistema vergognoso. Così facendo si pongono le fondamenta per la costruzione di una personalità dal profilo delinquenziale. È la solita cultura dei figli e dei figliastri messa in campo trasversalmente da soggetti che dalle sedi di insegnamento dovrebbero stare lontani mille miglia. La scuola è altro, è cultura, formazione, è una palestra di pensiero, ha un ruolo e una funzione pedagogica. Non può né deve ospitare episodi di siffatta portata. Oggi, uno degli argomenti di estrema attualità è la riforma del
governo Renzi. Tra le novità la chiamata diretta dei docenti da parte del preside (valida dal settembre 2016); il piano dell'offerta formativa elaborato dal collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi definiti dal
dirigente scolastico, e approvato dal consiglio di istituto. Una sorta di super dirigente con ampi poteri. Parliamo di figure che guadagnano circa 65mila euro l’anno. Poi le percentuali sui
progetti Pon, indennità varie, premi di produttività. E quella cifra sale. Il problema non è quanto percepiscano i dirigenti, ma i sistemi messi in campo, alcuni dei quali si prestano a evidenti conflitti di interesse. È il caso del famoso fenomeno delle promozioni facili, volute spesso da alcuni super dirigenti che esercitano pressioni sui docenti. Pur di raggiungere un numero di iscrizioni ragguardevole si alterano giudizi e si gonfiano voti a scapito della meritocrazia. In taluni istituti compaiono esperienze culminate in duplici atti di riapertura di scrutini perché l’obiettivo è necessariamente premiare studenti non meritevoli. Cosa si cela dietro determinati meccanismi? I dirigenti scolastici vengono forniti di un ulteriore riconoscimento economico se dimostrano di aver raggiunto l'obiettivo di missione. Occorre riempire le classi, l’istituto deve esplodere di presenze. Una scuola rigida evidentemente allontana, il buonismo avvicina le famiglie. Non tutte, fortunatamente. Il principio è quello della “
scuola-azienda”: numeri, incassi. Esiste un vero e proprio premio di produzione consegnato ai dirigenti in busta paga, meglio conosciuto come “retribuzione di risultato”: circa 300 euro mensili. Per lo Stato forse è meglio governare un popolo di ignoranti, così da poter esercitare al meglio azioni ingannevoli. Ovviamente i dirigenti tacciono, non hanno interesse a svelare il marchingegno, mentre i docenti si allineano per timori di eventuali ritorsioni, e la frittata è fatta. In tutto questo ragionamento il legislatore ha individuato una serie di organismi di controllo che, almeno sulla carta, dovrebbero essere utili a combattere comportamenti deteriori. Tra Invalsi, nucleo di valutazione, collegio docenti, consigli di circolo o di classi, tutto il sistema potrebbe essere monitorato, invece le falle paradossalmente permangono. L’imposizione di una promozione facile produce una serie di effetti collaterali dai danni irreversibili: trasmette nei ragazzi una sensazione di illegalità e condiziona gravemente i docenti, oltre a immettere sul mercato del lavoro soggetti dalle dubbie professionalità. Come in tutti i luoghi di lavoro ci sono individui che operano lealmente per l’interesse collettivo e altri che speculano. Noi ci riferiamo a quest’ultima fascia. Il governo Renzi ha inteso rafforzare i poteri del dirigente, superando gli organi collegiali e introducendo una forma di gerarchizzazione che alimenta il rapporto di forza rispetto al corpo docente costretto a subire potenziali ingerenze. Il mondo della scuola è ampio. La nostra attenzione sarà alta. Un faro acceso alla gestione dei Pon sui cui criteri di assegnazione e attuazione dei progetti vi sarebbe tanto da dire. I fenomeni più diffusi: familismo e clientelismo.