di FRANCO MAURELLA Adesso ci sarà il referendum, a meno che governo e parlamento intervengano sulla materia». Si è espresso così l’avvocato
Stelio Mangiameli, che ha rappresentato le regioni promotrici dei quesiti referendari in merito alle trivellazioni, all’indomani della dichiarazione di ammissibilità del sesto quesito da parte della Corte Costituzionale. Quesito che, nello specifico, riguarda la durata delle autorizzazioni per esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate alle multinazionali del petrolio. Come si saprà,
i quesiti referendari sono stati proposti da nove Consigli regionali, quelli di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, direttamente interessati alle richieste ‒ da parte delle multinazionali del petrolio ‒ di esplorazioni alla ricerca di idrocarburi nel Golfo di Taranto. A queste regioni, in un primo momento, si era unita anche l’Abruzzo, prima di cambiare strategia e abbandonare del tutto la campagna referendaria. Ricordiamo che il quesito referendario dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale era già stato dichiarato ammissibile dalla Cassazione.
IN COSA CONSISTE IL QUESITO I quesiti referendari proposti dai consigli regionali erano in tutto sei. In un primo tempo, l’Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione li aveva accolti tutti ma, in un momento immediatamente successivo, il Governo ha introdotto una serie di norme nella legge di Stabilità che riguardavano le ricerche di idrocarburi, ribadendo il divieto di trivellazioni in mare entro le 12 miglia dalla costa.
La Cassazione, perciò, ha dovuto nuovamente valutare i referendum e
, alla luce delle nuove disposizioni, ne ha ritenuto ammissibile solo uno, ovvero il sesto: nello specifico, la norma che prevede che i permessi e le concessioni già rilasciati abbiano la “durata della vita utile del giacimento”.
LA DECISIONE DELLA CONSULTA La decisione assunta martedì 19 gennaio dalla Corte Costituzionale di ritenere ammissibile solo il sesto quesito referendario ha, tutto sommato, suscitato reazioni positive. Come quella del presidente del Movimento CCI e segretario questore del Consiglio regionale,
Giuseppe Graziano, che ritiene l’ammissibilità al referendum sulle trivellazioni «una prima battaglia vinta contro la ricerca di idrocarburi in mare». Secondo Giuseppe Graziano, sarebbe «fallito il piano del Governo per evitare i referendum sulle trivelle in mare proposti dalle Regioni, con la Consulta che dà ai cittadini la parola decisiva». Un risultato quello dell’ammissione del quesito referendario che, secondo il consigliere regionale Graziano,
«si deve anche alla nostra persistenza e presenza costante su tutti i tavoli». «È una giornata storica – aggiunge Graziano – perché mai nella storia della Repubblica i Consigli Regionali hanno convocato un referendum come questo che coinvolge tutte le regioni del Sud e si pone a difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini». Il Segretario questore del Consiglio regionale ritiene che con il quesito referendario siano stati in parte scombussolati i piani del Presidente Renzi. Un referendum che, secondo Giuseppe Graziano, può determinare, per la prima volta, un momento di svolta per il Paese, oltre che dare
«un segnale di coraggio nel cambiamento». La sentenza sarà depositata entro il 10 febbraio, come previsto dalla legge.