Questione Baker Hughes, la supercazzola di un Consiglio comunale farsa
Dopo tre mesi di attesa e cinque ore di discussione, anche a giochi ormai chiusi, l’Assise civica non trova la quadra attorno al grande investimento nel porto. Maggioranza testarda, Opposizione impalpabile. Il finale inaspettato di Stasi
CORIGLIANO-ROSSANO – Partiamo dalla fine. Il Consiglio comunale monotematico convocato su richiesta (presentata a metà agosto scorso) dalle Opposizioni per affrontare la delicata questione dell’investimento Baker Hughes nel porto di Corigliano-Rossano, si è conclusa con una vera «supercazzola» (per citare sia Straface che Stasi) in salsa coriglianorossanese. Un bel nulla di fatto o meglio, un deliberato votato dalla sola Maggioranza per ribadire quello che il sindaco Stasi rivendica e pretende dall’inizio di questa paradossale storia: la ri-indizione della Conferenza dei servizi destinata la rilascio dell’Autorizzazione Unica ZES. Insomma, nulla di nuovo a Fort Apache! Anche questa volta la politica e le istituzioni locali non sono stati in grado di produrre quello che, di fatto, l’Azienda – prima ancora dell’Autorità portuale, della Regione e di tutti gli enti coinvolti in questa vertenza – voleva: una risposta! E quindi, conoscere e scrivere sulla pietra la volontà del territorio rispetto ad un investimento di 60 milioni che avrebbe occupato un terzo di un porto inutilizzato da sempre in cambio di 200 posti di lavoro.
Ancora una volta è mancata la volontà. È mancata la volontà della Maggioranza che ha continuato, anche stasera, a fare delle sue rivendicazioni e di quelle del sindaco, un principio di «democrazia e legalità» ribadendo la necessità di revisione degli atti («non si tratta di cavilli – ha ribadito il sindaco – ma di vere e proprie omissioni procedurali»). Ed è mancata anche la volontà da parte di quella stessa Opposizione che per mesi ha insistito sulla necessità epocale per la città di avere questo investimento ma che alla fine ha giocato a nascondino, insieme al resto del centro destra, locale e regionale: troppo lunghi i tempi che hanno portato alla convocazione di un Consiglio comunale (quando si poteva invocare da subito l’intervento del Prefetto) al quale, di fatto, la minoranza non è arrivata (almeno ufficialmente) con un proprio deliberato.
Insomma, tra impasse, cavilli o obbrobri burocratici che dir si voglia, l’occasione per Corigliano-Rossano di salvare quantomeno la faccia davanti alla figuraccia a reti unificate, fatta in queste settimane perché incapace ad accogliere un’azienda così importante e strategica per lo sviluppo del territorio e della regione, è fallita miseramente. Questa città – e lo ha dimostrato il Consiglio comunale di stasera – ha dimostrato che ha ancora tanto cammino da fare in quanto a consapevolezza e nella costruzione di una classe politica e dirigenziale degna di questo nome. Nel complesso non si salva nessuno.
Le ragioni di un Consiglio comunale inutile
Se non fosse che alle nostre latitudini lavoro e dignità servono come il pane, le posizioni del sindaco Stasi non fanno una grinza. «Non capisco perché continuiamo a dipingerci come se fossimo dei morti di fame» ha detto il primo cittadino nel lungo e ampio preambolo al suo intervento, spiegando e giustificando quelle che di fatto sono state le sue motivazioni e quelle dell’Amministrazione comunale a presentare un ricorso al Capo dello Stato contro l’autorizzazione ZES. «Quella procedura – ha detto il sindaco – non va bene e non possiamo far finta di niente solo per il ricatto dei posti lavoro». Stasi si riferisce all’autorizzazione unica ZES rilasciata dall’Autorità portuale nel febbraio scorso, sulla scorta di una Conferenza dei Servizi convocata per il rilascio di una meno complessa autorizzazione demaniale, che sarebbe carica di errori marchiani come l’assenza di una relazione geologica «necessaria – ha ribadito – ai fini del titolo autorizzativo per le Zone economiche speciali». Ma anche importante. Perché, come ha svelato lo stesso numero uno del palazzo di città, all’interno dell’area del porto ci sarebbe un vincolo idrogeologico rilevante che potrebbe mettere a rischio qualsiasi opera. «E questo aspetto – ha detto – lo facemmo rilevare all’azienda in una delle prime interlocuzioni avvenute lo scorso anno, tant’è che la Nuova Pignone Baker Hughes rimodulò il suo progetto proprio a seguito delle nostre prescrizioni».
E se davvero la multinazionale si fosse disinteressata all’investimento per un difetto procedurale? «Nessuno ha mai detto – ha ricordato Stasi – che non avrei firmato il permesso a costruire. Del resto non l’avrei mai potuto fare dal momento che è in essere un’autorizzazione straordinaria che manda in deroga qualsiasi altro strumento di programmazione. Quindi è molto più probabile – ha aggiunto – che la società Nuovo Pignone, consapevole che le ragioni del nostro ricorso sono fondate, non abbia lasciato il campo per un atto di ostilità dell’Amministrazione comunale bensì perché si sarebbe infilata in una procedura irregolare».
«Ritirate il ricorso» l’unico appello dell’Opposizione
L’Opposizione, però, fino alla fine ha mantenuto forte la tesi della conciliazione. «Chiediamo – ha detto il consigliere Piero Lucisano – che il sindaco ritiri il ricorso» contro l’autorizzazione Zes e «inviti – ha aggiunto la consigliera Pasqualina Straface – la società in Consiglio comunale ad un confronto affinché si possano creare le condizioni per non perdere questo investimento». Ed è stata questa, anche, la sintesi dell’emendamento che si era provato a proporre in una sintesi per un deliberato congiunto, unanime, qualificato al quale i gruppi consiliari di maggioranza e minoranza hanno lavorato nel corso dei lavori del Consiglio, senza però trovare una quadra. Ha prevalso anche in questo caso – lo dicevamo – la contrapposizione dura e pura. E questo perché, con molta probabilità, di fatto, in questo investimento non ci ha creduto nessuno. Non ci ha creduto Stasi, non ci ha creduto la sua Maggioranza ma non ci ha creduto nemmeno l’opposizione che si è ostinata a rifiutare del tutto l’idea di persuadere l’Autorità portuale a riconvocare una nuova Conferenza dei Servizi finalizzata al rilascio dell’Autorizzazione ZES. E questo perché rilasciare, oggi, un’autorizzazione straordinaria relativa alla zona economica speciale significherebbe per l’azienda perdere i benefici e i privilegi economici che, invece, erano previsti per la Misura ZES nel 2023; quando, appunto, era stato avviato il procedimento – sbagliato, a detta del sindaco Stasi – per l’autorizzazione demaniale poi trasformata in autorizzazione Zes.
Il giallo ai margini dell’Assise civica
Ma c’è di più. Ed è il giallo consumatosi ai margini del consiglio comunale, con Stasi che, dopo aver mantenuto un atteggiamento quasi compassato durante tutta l’Assise civica, a lavori conclusi, ai microfoni della stampa, ha rilasciato dichiarazioni al vetriolo entrando a gamba tesa sulla minoranza. «Abbiamo tentato di mediare per circa due ore con la Minoranza – ha detto – per tentare di arrivare ad un deliberato all’unanimità ma non ci eravamo accorti che avremmo dovuto mediare al telefono con altre istituzioni». Il riferimento quasi esplicito è al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che dopo aver giocato il ruolo di battitore libero in questa lunga partita del porto, soprattutto nel periodo di campagna elettorale, è sembrato defilarsi dai giochi. «Probabilmente – ha aggiunto il sindaco – la mediazione l’avremmo dovuta fare con altri esponenti istituzionali e politici della nostra regione e non con i colleghi del consiglio comunale. È sicuramente triste – ha poi chiosato – che la città in un momento importante come questo e con una delibera di grande apertura, purtroppo sia ancora soggetta a questo tipo di ragionamenti». In realtà ad un certo punto della serata si era davvero palesata la possibilità che si potesse arrivare ad un deliberato congiunto, unanime – che non sarebbe comunque servito a nulla. Poi, però, nel bel messo della Capigruppo una telefonata nell’antisala del consiglio pare abbia sparigliato tutte le carte in tavola e i visi corrucciati e contrariati di alcuni esponenti della minoranza (quelli di Giuseppe Turano, di Guglielmo e Demetrio Caputo su tutti) al momento del voto valgono più di mille parole e teorie.