Corigliano-Rossano sta rinunciando ad essere quello per cui è nata: guida e riscatto della Sibaritide
«Io? Defilato per scelta». Sulle dinamiche della fusione è ritornato a parlare Giovanni Dima: «Stasi? Un sindaco che sta volando basso». Ma l’ex deputato sarebbe pronto a fare il sindaco?
CORIGLIANO-ROSSANO – «La nascita di questa nuova grande città è un evento di notevole rilevanza storica, non solo un banale fatto amministrativo. Un processo epocale la cui portata avrebbe dovuto godere di un’enorme risonanza non solo in Calabria, ma in tutta Italia. Doveva essere un esempio per tutti»
Di questa premessa si è servito l’ex deputato e co-fondatore di Fratelli d’Italia a Co-Ro, Giovanni Dima, per introdurre le sue considerazioni personali ed esprimere valutazioni in merito alla recente stagione politica della terza città della Calabria.
«La nostra fusione – afferma – non è stata una somma di Municipalità come è accaduto per i Casali del Manco. Dopo vari secoli, due città che hanno vissuto separatamente, con dinamiche storiche, amministrative e culturali differenti hanno deciso, ad un certo punto, di fondersi».
Una circostanza unica, dunque, che doveva essere trattata come tale, anche dal punto di vista amministrativo. Il dato amministrativo, infatti, rappresenta, secondo Dima, la diretta conseguenza della concezione politica che guida l’agire di un’Amministrazione, la prova tangibile della visione che si persegue.
«Mi pare – prosegue – che l’attuale amministrazione comunale su questo abbia volato basso. Si è dedicata alla quotidianità, all’ordinaria amministrazione che è, sì, necessaria ma non sufficiente, soprattutto quando c’è in gioco un tale processo. È un fatto complessivamente negativo? No, certo, ma se si considerano le premesse di cui prima è chiaro che non basta».
Corigliano-Rossano avrebbe dovuto rappresentare, secondo questa visione, il nuovo centro intorno al quale avrebbero orbitato i centri dell’alto e basso jonio, pertanto, «rispetto alle grandi vertenze – sottolinea Dima – una tale carenza è risultata inaccettabile».
«In più, la fusione avrebbe dovuto favorire il rimescolamento amministrativo con un'unica struttura baricentrica e senza perdere i Municipi nei centri storici, che avrebbero continuato a fungere da punti di riferimento per la popolazione residente. La questione dei centri storici che vivono grazie alla presenza di tali apparati amministrativi è una scusa. Quelle strutture sono lì da sempre eppure non si è ravvisato alcun miglioramento nel corso degli anni».
La zona vocata a tale scopo è Insiti. Da sempre segnalata come area baricentrica ideale e di potenziale sviluppo, non riesce però ad offrirsi come possibilità concreta: «Insiti – ammette – era il luogo ideale ma sappiamo tutti che la sua storia è legata all’occupazione abusiva di un privato che ha prodotto un contenzioso di cui tutti siamo a conoscenza. Devo ammettere che l’attuale amministrazione sta affrontando questa questione con impegno, gli va riconosciuto».
E sulle azioni decisive in cui ha difettato: «Stasi si è chiuso politicamente, non ha aperto alle opposizioni. Si poteva collaborare per capire quali sfide e quali progetti mettere in campo per dare un segnale forte alla popolazione, avviando opere concrete e parlando un linguaggio comune per unire le due città. Ha preferito lavorare da solo. Per ottenere risultati bisognava aprire un dialogo con la classe dirigente di livello superiore ponendo le grandi questioni sotto un'unica grande vertenza di rilancio della Sibaritide».
E proprio la Sibaritide e le sue annose questioni continuano a rappresentare, dopo anni, il banco di prova delle amministrazioni: «Quando nascevano il Porto e la centrale Enel – ricorda -, le aspettative erano di rilancio dell’intera piana. L’obiettivo era industrializzare l’intero territorio e per fortuna ciò non avvenne. Ora le due vertenze vanno rilanciate ma penso non sia necessario un progetto unico che le comprenda entrambe, possono esserci utilizzi e impieghi diversi». Una visione del territorio ampia, quindi, con obiettivi ricadenti su più livelli.
Infine, un passaggio sul ruolo defilato nel partito e sul futuro legato alle prossime amministrative mostra un Dima piuttosto sereno: «Non ci sono motivazioni di carattere personale legate alla mia posizione defilata. Vivo una stagione in cui preferisco osservare e ascoltare. Dal 1985 al 2015 ho preso parte a tanti eventi politici, oggi il dibattito è un po’ fermo. Il sindaco è in piena campagna elettorale ma pare che il centro-destra si stia attrezzando per offrire la sua alternativa». Ma se qualcuno, a questo punto Fratelli d’Italia e il centro-destra, dovesse proporre a Dima di candidarsi a sindaco? «Per quel che riguarda il mio nome - conclude -, posso dire che non antepongo mai la mia figura alle valutazioni complessive. Non ho alcuna esigenza di ricoprire un tale ruolo. Semmai la scelta dovesse ricadere su di me farò le dovute valutazioni».