Statuto comunale, prima fumata nera: Consiglio comunale spaccato sui municipi
La maggioranza sostiene di aver “assecondato” i desiderata della minoranza, l’opposizione invece, rimarca la confusione del documento bollandolo addirittura come «inemendabile». Stasi: «Ce lo voteremo da soli ma non era quello che volevamo»
CORIGLIANO-ROSSANO – Eleggibilità o non eleggibilità… questo è il dilemma. Quisquilie, di fatto, che alla cittadinanza interessano poco o nulla. Eppure ieri sera è andata in scena una seduta del Consiglio comunale di Corigliano-Rossano, ricca di tante parole ma realmente priva di grandi contenuti. Al centro del dibattito, l’approvazione del nuovo Statuto comunale, il primo della città nata da fusione. Per il momento si è registrata la prima fumata nera. Nulla di fatto in quanto non sono stati raggiunti i due terzi della maggioranza. Si andrà così ad oltranza. «Alla fine – questa la chiosa del sindaco Stasi a conclusione della discussione – lo Statuto lo approveremo a maggioranza ma in tutta sincerità avremmo voluto che questo strumento ricevesse l’unanimità». Lo ha detto Stasi con non poca amarezza. Considerato che, a suo avviso, la Commissione speciale che ha redatto lo strumento normativo civico, con la preziosa collaborazione del prof Sandro Amorosino, amministrativista e con un curriculum di tutto rispetto, avrebbe lavorato venendo incontro alle «istanze e pressioni» della minoranza «senza fare alcuna barricata».
A dire la verità, dicevamo, ci si aspettava una seduta carica di contenuti e che, finalmente, dopo 4 anni di discussioni accese all’interno dell’emiciclo comunale potesse produrre un confronto prolifico e di alto spessore. Così non è stato, con una Maggioranza orgogliosa del suo lavoro (e orgogliosa pure di aver – a suo avviso e ad avviso del primo cittadino Stasi – tenuto conto dei “desiderata” della minoranza) ed un’opposizione che, invece, continua a fare il suo ruolo gridando, però, da una torre di babele: ognuno dice la sua, spesso in contraddizione con la posizione del vicino di banco, alcuni addirittura iniziano ad ammiccare seriamente verso la maggioranza rendendo quindi, di fatto, innocua e nulla l’azione oppositiva al governo Stasi.
Il motivo del contendere? Rimangono ancora i Municipi. La Legge Regionale 2/2018 (quella sulla fusione di Corigliano-Rossano) recita che il Comune ne potrebbe istituire un massimo di 7. Sulla nuova bozza di Statuto, all’articolo 13, non si fa riferimento alcuno sul loro numero, delineando esclusivamente il profilo di quella dovrà essere la loro attività con la rappresentanza di un organo elettivo a fare da raccordo politico-amministrativo con l’esecutivo («È la sintesi di idee – precisano oggi dalla maggioranza - talvolta contrapposte e che, tenendo conto del dato demografico e della estensione e varietà del territorio, si è perfezionato riconoscendo ai delegati dei municipi, eletti contestualmente alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale, una funzione di raccordo politico-amministrativo con gli organi del Comune). Ci poteva essere convergenza su questo? Forse sì, se non fosse che proprio dall’apposizione c’è chi (Gino Promenzio) vorrebbe dei municipi più simili alle circoscrizioni di Roma Capitale con un vero e proprio consesso di rappresentanti amministrativi, chi invece (Adele Olivo) vorrebbe che si badasse più alla sostanza che alla forma («i municipi devono essere presidi che avvicinino il comune alla gente attraverso i servizi»). Insomma, posizioni disomogenee.
Non solo, c’è stato chi come i consiglieri comunali Scarcello e Francesco Madeo hanno, poi, evidenziato le incongruenze e la vacuità del contenuto dello Statuto. Un testo, così povero e scritto male, che sarebbe addirittura «inemendabile» o che ometterebbe del tutto valori cardine della società corigliano-rossanese come la famiglia.
Praticamente ce n’è stato per tutti, ieri sera, e per tutti i gusti. Quattro ore e trequarti carichi di parole che – a dirla tutta – non hanno portato ad alcun proficuo passo in avanti.
Morale della favola: il nuovo Statuto comunale sarà approvato (fumata bianca attesa alla terza seduta quando servirà solo la maggioranza relativa) ma sarà uno strumento che subito dovrà essere emendato, corretto, rivisto, modificato. E non perché siamo Cassandre ma semplicemente perché è la stessa Maggioranza (parole del sindaco) «a non essere completamente soddisfatta di questo strumento». Però è un passaggio obbligato, che va fatto… altrimenti pare brutto!
Intanto alla prima votazione di ieri della bozza definitiva si sono registrati il voto favorevole e unanime della Maggioranza al quale si è aggiunto anche quello di un silente Costantino Baffa, ex esponente della Lega oggi ancora seduto all’opposizione, e la contrarietà del resto della minoranza. Fatta eccezione per il neocapogruppo del Pd, Rosellina Madeo che, invece, ha deciso per un’astensione che ha il sapore di un possibile “sì” alle prossime sedute. A dire il vero, proprio gli emendamenti proposti dalla Madeo sono stati gli unici recepiti e messi nel paniere delle “correzioni ufficiali” allo strumento statutario.
«Uno Statuto - – scrivono oggi le forze di maggioranza in una nota congiunta sempre dal tono duro e perentorio, ammonente - che impara dal passato e che guarda al futuro per l'organizzazione amministrativa e del personale promuovendo le nuove forme di partecipazione sollecitate dalle innovazioni telematiche, la digitalizzazione, la flessibilità e la pianificazione integrata. La cultura del risultato, la produttività del lavoro e del benessere quali principi ordinatori dell'organizzazione».
«L'Atto normativo fondamentale che vogliamo consegnare alla città -concludono dalla maggioranza - valorizza le energie buone e, quale espressione e regola primaria dell'autonomia originaria della comunità locale e fondamento della libertà di autodeterminazione politica ed amministrativa, interpreta con entusiasmo ed ottimismo la grande sfida della fusione in funzione del miglioramento della qualità della vita dei cittadini e delle persone che risiedono stabilmente nel nostro territorio».
Tutto rinviato alla prossima puntata. Anche se la pratica – secondo l’art.6 del Tuel – dovrebbe essere chiusa non oltre i prossimi 30 giorni.