NUGAE - Per parlare un po’ d’amore, di bellezza e di spiriti alti
Passeggiando con Cyrano de Bergerac tra i giardini e le trincee della Vita
Il sipario si apre e la scena, con taglio metateatrale, ci tuffa in pieni preparativi di un’altra rappresentazione: guardie alla porta, inservienti alle prese con maestosi lampadari a candele; pubblico che arriva via via; un marchese più snob che avrebbe voluto fare il suo ingresso a sala già piena; qualcuno più spensierato che gioca o nel frattempo corteggia, mentre altri piluccano leccornie che i camerieri servono su grandi vassoi; alcuni, intanto, osservano, curiosi, le dame e i cavalieri che occupano via via palchetti e poltrone e in tanti -sì!- spettegolano…: oh, arte sopraffina, mai messa al bando, anzi sempre fiorente e viva in tutti gli ambienti! Nessuno escluso! Ancora più raffinata se basata sul nulla!
E così, tra chiacchiere vane, numerosissime comparse, movimenti dinamici e versi spezzati tra battute veloci di più personaggi, il ritmo si presenta per ora brioso, allegro, vivace… ma non troppo. Cioè, non per tutti e cinque gli atti, intendo.
Cyrano de Bergerac, infatti, la commedia che Rostand scrive a fine ‘800, ispirandosi liberamente alla figura di uno stravagante scrittore di due secoli prima,e porta in scena a Parigi con enorme, inaspettato successo di pubblico, unisce -com’è della vita stessa!- il serio e il faceto; il riso e il pianto; salotti mondani e trincee di guerra; ironie da satira tagliente e i più alti valori di integrità morale; ritmi incalzanti di denunce verbali scandite a colpi di fioretto, che si alternano ai toni nostalgici per stanze mai abitate, paradisi annusati, ma non posseduti. Romanticismo sentimentale e dramma; parole d’amore tra le più belle mai scritte e silenzi sofferti; dichiarazioni svelate e segreti taciuti, soffocati, sussurrati nel buio sotto un memorabile balcone, e trascinati fino ai rintocchi della morte. Anch’essa dissimulata, salutata con leggerezza da rimatore, guidata dal raggio sottile di una Luna amica di sempre.
Il celebre cadetto di Guascogna, che anche nella suggestiva rilettura e attualizzazione di Guccini mantiene, nelle parole e nella melodia, la cifra della sua personalità forte ,articolata e binaria, ha lo spessore denso dei personaggi che conservano la concretezza viva della figura dai tratti spiccati, iperbolizzati, proverbiali; e il simbolismo allegorico ed etereo che ad essa si accompagna, al di là della sua materialità: Cyrano è uomo raro, ma d’ogni tempo, fiero della propria incorruttibile integrità etica, riconosciutamente coraggioso e forte. È simbolo eterno dell’amore tanto altruista da sacrificare se stesso in nome della felicità della propria amata e rispettoso, fino alla fine, del di lui amato.
Felicità presunta, fittizia, quella della bella Rossana, basata su una realtà finta che lei stessa chiede, inconsapevolmente, venga confezionata per lei e di cui solo alla fine scoprirà il paradosso. Nasce così il contratto segreto tra un corpo mirabile ed uno spirito eletto. Vuoi far meco una sola creatura completa? Propone Cyrano al bello (quanto banale) Cristiano di cui ella si è detta innamorata. Al tuo fianco, nell'ombra, teco io procederò; tu la bellezza mia, il tuo cuore io sarò. L’uno mette l’anima, l’altro il corpo: uniti per costruire un vero e proprio eroe da romanzo.
Se la perfezione completa nella vita reale non esiste, la bellezza fisica da sé non può certo bastare! Sopravvalutandone il potere, il prestante giovanotto proverà, infatti, una volta a far da sé: ne riceverà un clamoroso smacco in una scena gustosamente buffa. Sera, panchina sotto un cielo stellato, Rossana: Parlate d'amore. Cristiano: Io t'amo! Lei.: È il tema... Adesso, ricamate! Lui: Io vi... Lei, incalzante: Avanti! Lui, sempre più imbarazzato: T'amo più di me stesso. Rossana, via via più delusa. Sta bene. E poi?... Cristiano. E poi... non chiederei di più se mi amaste! Rossana, dì che m'ami anche tu! Lei a questo punto rende evidente la sua delusione e, sarcastica, chiosa: Io volea della crema, voi mi offrite un brodetto! E, dopo un po’, senza più forma: Sciocco, sciocco del tutto! E ciò mi spiace come se diventaste brutto. Andate a ritrovare le parole eloquenti! E le ritroverà, certo; ma solo in Cyrano.
Ora, io non lo so se il desiderio di Rossana è fatuo, s’ella sia innamorata più dell’amore che dell’uomo che davanti le sta. Ma so di certo che questo desiderio di parlare di noi, dei sentimenti, di dare voce alle emozioni più profonde, di procedere oltre le apparenze, che pur in principio possono ammaliare, ma sole non bastano mai, appartiene a molte donne. Magari anche agli uomini. Ad alcuni almeno. Il pastore americano Gary Chapman, nel suo best seller sui cinque linguaggi dell’amore, le chiama “parole d’affermazione”, quelle parole, cioè, che fanno sentire l’altro speciale perché unico, indispensabile per la felicità; parole valide a tenere viva la complicità di coppia. Eppure in pochi le sanno usare perché, lungi dall’essere frutto di pura tecnica da seduttori da strapazzo, esse maturano in un animo sinceramente sensibile, che nutra in sé l’attitudine del darsi senza limiti e sia capace di sondare le profondità dell’anima propria e altrui, risalendone con quegli accenti carichi di vibrazioni e verità.
E Cyrano è così. É davvero un uomo speciale e, pur all’interno di una menzogna costruita a fin di bene, è profondamente sincero e devoto. Tanto da dimenticar se stesso.
Egli non conosce la fortuna della bellezza, non di quella esteriore almeno; anzi è reso singolarmente brutto da un naso che di mezz’ora lo precede e di cui avverte tanto il peso da ritenere a lui quasi proibito il sogno di un amore. Ma egli è uno spirito eccelso, rimatore, astronomo, filosofo eccellente; musico, spadaccino, del ciel viaggiatore. È l’uomo integrale, completo. Umanista d’ogni tempo: studioso d’ogni disciplina, curioso della vita, del cielo, della terra e dell’animo fine osservatore. Cultore della parola piena, flessibile, varia, multiforme, versatile; difensore strenuo della dignità umana, avversario d’ogni comodo cedimento ai compromessi o alla viltà; oppositore dei pregiudizi; difensore del pensiero critico che si erge contro il potere costituito, i padroni e gli adulatori; filosofo e filantropo capace di prendersi a cura la felicità altrui al di sopra della propria; uomo forte nel fisico, ma al contempo capace di coltivare e analizzare lo spirito e di usare il linguaggio delle emozioni, di scrivere e parlare con amore; all’amore. Dell’Amore vero: quello che eleva e sa elevare.
Questo sentimento terribile, geloso, violento, che però dell’amore solo passionale l'egoismo non ha. Quello che per veder felice l’altro/a darebbe in vòto la propria di felicità, foss'anche il dono ignoto! E se è arcifamosa la definizione di bacio come apostrofo roseo messo tra le parole t'amo; ancor di più mi piace ch’esso sia un istante d'infinito, una comunione, un mezzo di potersi respirare un po' il cuore, e assaporarsi l'anima a fior di labbra!
P.s.: Come sempre, le citazioni in corsivo sono fedeli, ma liberamente combinate.
(in foto Cyrano de Bergerac, di Jean-Luc Coulaud)