Di caos apparente e ricerca di senso
“Non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi all’indietro” (Steve Jobs). Ognuno Arianna di se stesso per ritrovare la propria direzione
Ci sono cassetti che non apro da anni per la paura di affondarci dentro.
Fogli sparsi, senza alcun ordine rispondente a logiche volute, giacciono l’uno accanto all’altro pronti a restituire attimi di una vita che faccio fatica a riconoscere mia. Ma che pure lo è stata. Quindi lo è.
Consunti, stropicciati, ingialliti dal tempo, ma forse preservati dal buio di quello stretto abitacolo raramente aperto alla luce dell’oggi, si spingono e in parte confondono un biglietto d’aereo adolescente per Londra con quello scontrino di un regalo mai dato; abbozzi di lettere inviate mischiati ai fogli preziosi di quelle ricevute e cento volte rilette tra spasimi e dubbi distesi, protesi tra i caratteri incerti di grafie uniche, che parlano storie diverse: vissute, negate, aspettate, inseguite; cartoncini d’auguri dei giorni più lieti; libretti d’esami sudati, gioiti, in cui sono scritte le trame di professioni agognate, tra bisogni mai spenti di riconoscimenti e conquiste. Fotografie di ogni tempo dell’anima; emozioni di vita. Il cuore sobbalza a quel volto ormai perso. Il tuo fra questi... Ma anche il mio forse lo è: persona diversa; non forse perduta, ma cento volte reinterpretata; oggi forse riassunta.
Trovassi il coraggio di aprirlo il cassetto e di stendere in piano, allineati o casuali, i reperti di quelle redivive presenze, di ogni trascorsa esperienza, di ogni voce del cuore, mi sfiderei, oggi, a tracciare una linea fra loro. Ma non so se è già il tempo. O lo è ogni giorno?
“Non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi all’indietro” . È Steve Jobs a parlare. Stanford 2005. La malattia è già entrata nel suo corpo. E lui incanta gli universitari parlando di fiducia nel futuro, del senso di ogni esperienza, anche di quelle più dissonanti, apparentemente sbagliate. Dei fallimenti; sì, anche quelli. Delle strade non prese. Degli appuntamenti mancati. E tutto ha un senso riletto e considerato da quella prospettiva presente.
La prospettiva. Quante volte è solo questione di punti di vista? Quante volte non vediamo quello che sta sotto i nostri occhi solo perché ci siamo troppo dentro e non sappiamo o non vogliamo considerare che esistano altri angoli da cui guardare alle cose! Alla nostra vita innanzitutto.
Se non tirerò in ballo Pirandello è perché credo che la sua grandezza sia servita ad aprire le finestre sul tema del relativismo cognitivo, psichico, esistenziale. Ma alla pars destruens oggi mi occorre affiancare quella construens. Ne abbiamo bisogno in questa fase. E allora è a Reuve Feuerstein che in questo caldo afoso volto lo sguardo, allo psicologo israeliano che tra i primi si sforzò di tracciare la strada per approcci metacognitivi sull’apprendimento, ma, più in generale, sul potenziamento del sé. Ne tracciò un vero e proprio metodo. Un esercizio generativo per la mente. A mo’ di svagato gioco enigmistico, ecco un foglio davanti a noi. Su di esso solo puntini; tanti puntini, sempre di più e in posizioni le più apparentemente confuse e illogiche. Ma il presupposto è che in ognuno di quei fogli punteggiati vive una figura nascosta. L’esercizio? Trovarla. Riconoscere la forma nascosta nel caos. La figura è lì sin dall’inizio, ma non si vede. Una persona al fianco può essere la nostra scorta, ma solo per tenere la luce in mano e, principalmente, per suggerirci di voltare più e più volte il foglio finché lo sguardo non vede quello che ha dall’inizio davanti e nell’illogico trova la ratio; nei disordine riconosce la via; la mente connette e la mano unisce i puntini.
Ed eccola lì la sagoma della nostra vita. Nascosta, mimetizzata, mascherata, confusa tra quello scontrino sbiadito e i caratteri illeggibili di un amore finito, lei sta lì. Ed è importante saperlo. Ad ognuno il suo tempo per aprire il cassetto. Ad ognuno il suo foglio. Ad ognuno i suoi puntini. Ad ognuno la fiducia che, assunta la giusta prospettiva per analizzare il tracciato, ogni ansa di quel labirinto assume il suo senso. E la direzione è finalmente chiara. La strada è lì, lo è sempre stata: contorta, interrotta, franata. Ma, ognuno Arianna di se stesso, può ritessere e dipanare il proprio filo della salvezza, ritrovare il tracciato e imboccare, sereno, la linea bianca del proprio futuro.