di MARTINA FORCINITI Il mercato siamo noi, non c’è niente di più di vero. E quel manipolo di giovani meridionali, che parte in cerca di cultura ma poi torna alle origini, lo sa bene. Perché, al di là dei sentimentalismi, in quelle origini e in quel territorio dalle mille risorse ci crede. Ci investe. E non solo tempo e denaro. Perché per fare economia in maniera intelligente, ci vogliono anche le conoscenze.
Come quelle di Giovanni Filippelli, architetto laureatosi all’Università degli studi di Firenze, che nella sua Mandatoriccio è tornato per svuotarvi un bagaglio pieno di progetti e di sogni in grande. «Il mio Maestro, l’architetto Adolfo Natalini, è stato categorico: “Tu devi fare l’architetto nella tua terra!”». Un gran bel suggerimento. Che Giovanni deve aver colto al balzo se, insieme ai suoi fratelli, ha deciso di rilevare l’azienda di famiglia per farne una “cantina-museo”.
«L’arte e l’architettura sono i protagonisti di ogni processo di riqualificazione dei luoghi. È questa una delle due premesse da cui sono partito nello sviluppo del mio progetto: una cantina che al suo interno ospita un ambulacro». Ambulacro (corridoio, dal latino
ambulare, camminare), proprio così. Perché la nostra è la lingua più bella del mondo e le cose vanno chiamate col proprio nome. «L’altra premessa? Il recupero dei vitigni autoctoni del luogo, attraverso i quali produciamo vini destinati soprattutto al mercato estero, ai ristoranti di alta gastronomia con chef calabresi in Germania». Così, accanto agli spazi funzionali alla trasformazione dell’uva in vino, gli ospiti si ritroveranno ad attraversare una vera e propria galleria d’arte, che di volta in volta l’architetto Filippelli allestirà con mostre d’arte realizzate in collaborazione con la storica dell’arte Genny Teofilo. «E, sul tetto, li attenderà un teatro, concepito per eventi da gustare con davanti a sé quel panorama mozzafiato che solo il paesaggio jonico sa regalare».
Tanti ingredienti, un’unica ricetta: valorizzare il territorio. «Perché l’azienda agricola non deve essere solo quello spazio in cui si trasforma un prodotto in qualcosa d’altro. Può, anzi, diventare il mezzo attraverso cui l’uomo valorizza e trasforma un luogo». E Mandatoriccio, bella com’è, merita davvero di essere trasformata. «A volte proprio noi che abitiamo quotidianamente questi luoghi non riusciamo a rendere giustizia alla loro bellezza. Ci serve il parere degli estranei che, una volta arrivati qui, ti confessano che gli sembra di stare nella tela di un quadro». E la sensibilità degli abitanti? Purtroppo, è tutta un’altra storia. «La gente non è ancora pronta ad iniziative del genere. Ma, quel che è peggio, sono le aziende stesse a non essere pronte. Tutte le imprese agricole del territorio che volevo coinvolgere nel mio progetto non avrebbero potuto dimostrami meglio il loro disinteresse. Con un no categorico». Un peccato, diciamo noi.
Cosa potrebbe esserci di più bello, e di più buono, di eventi d’arte da ammirare con in mano un bicchiere del nostro buon vino? Un percorso d’arte ed enogastronomico lungo lo Jonio che, probabilmente, ci invidierebbero in tanti. E in tutto il mondo.