di SAMANTHA TARANTINO Un paese vive di ritorni e di radici, così come l’essere umano. La Calabria è ricca di realtà simili che narrano spopolamenti e dolorose migrazioni, ma nello stesso tempo di ritorni festosi. È la prima cosa che pensi quando fai il viaggio nel paese dei ricordi che chiunque porta con sé. A chi non è capitato arrivando a
Longobucco, la cittadina dell’entroterra silano, dal territorio vastissimo che la rende la prima per estensione. Quell’aria pura e tersa, frizzantina e piacevole in cui si mescolano odori di un cibo saporito che ti fa sentire tutto familiare. E ti ritrovi a fare un giretto tra i vicoli, in cui da qualsiasi lato ti volti spuntano arte e tradizione. Custode del sapere e della cultura da sempre è la fede. Il legame tra il divino e l’uomo a Longobucco, l’antica Themesen di tradizione greca, inizia con Libante, il dio del vino - (come non ricordare il celebre “Libiamo” nella Traviata di Verdi). Al dio Libante a cui era dedicato un tempio, ogni anno veniva sacrificata la più bella ragazza del paese crudelmente incatenata. Il ricordo della leggenda è talmente radicato che il tempio del dio è diventato l’emblema stesso del comune. Sullo stemma, infatti, si ritrova il tempietto con colonnine finemente decorate di stile dorico, sotto cui campeggia la dicitura
Temesen antiquum nomen meum (Temesen era il mio antico nome). La tradizione religiosa a Longobucco è molto radicata. Numerose le chiese ricchissime di segni di devozione popolare e doni eccellenti.Tra le prime, simboli del Cristianesimo, sono quelle dedicate a Santa Sofia, San Nicola e Santa Maria Maddalena che conserva numerose statue votive tra cui quella di San Pasquale di Baylon. Dal centro cittadino alle zone limitrofe tante sono le testimonianze storiche. Accanto al “Campanar”, è la
chiesa Matrice dedicata a Santa Maria dell’Assunta, un Santuario molto frequentato che presenta, già solo al suo ingresso, intarsi marmorei policromi di scuola napoletana. La fede è espressa in ogni opera, dalla Madonna con il bambino dedicata ai Carbonai fino al bellissimo organo dalle lunghissime canne, che pare superare di gran lunga l’altro pregevole strumento posto nella Cattedrale della cittadina bizantina. Ovunque ci si volti tele preziose e argenti arricchiscono le navate. E con molto orgoglio ne parla il suo padrone di casa
Don Pompeo Tedesco, al quale si deve una nuova fase della chiesa longobucchese. Un vero e proprio restyling, operato con cura e dedizione, che ha l’obiettivo di far conoscere la storia del patrimonio storico di Longobucco. Il tour virtuale continua con la
chiesa di San Domenico, patrono della cittadina. La chiesa a lui dedicata è posta in pieno centro e risale al XVI secolo. Ancora la Chiesa di Sant’Angelo Custode, del XVII secolo, che spicca per il controsoffitto in legno dipinto. Ma anche le zone intorno alla cittadina silana presentano degli esempi architettonici notevoli. La Chiesa di Santa Maria della Mercede è un santuario rurale del XIV secolo posto tra il fiume Trionto e il torrente Ortiano. Lo stesso grande fiume conserva i ruderi della Chiesa di San Antonio da Padova. Respirano influenze bizantine le Chiese di San Giuseppe Artigiano e Santa Maria di Lamione, in frazione Manco. E da filo in filo prende forma il tessuto più prezioso. Quello dei ricordi.