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L'evangeliario rossanese tra i beni documentari più importanti al mondo

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di SAMANTHA TARANTINO Il Codex Purpureus, che nel genitivo latino Rossanensis, indica tutta la sua appartenenza alla terra che l’ha custodito, è già noto come Unicum per la sua integrità, ma da sabato 10 ottobre sarà noto in quanto unico monumento vivente della Calabria. E quanta emozione vederlo presente alla pagina 8 del sito ufficiale Unesco, www.unesco.org/new/en/communication-and-information, nella lista del patrimonio documentario mondiale. E scorrendo le pagine dell’Heritage in cui è la lista di altri preziosi documenti, con quanto orgoglio si legge che insieme al nostro Codice ci sono I Diari di Anna Frank, i Documenti della Riforma avviata da Martin Luthero, il Documento finale del Congresso di Vienna e la Magna Cartha del 1215. Questi giusto per citare alcuni tra i più noti. Con il termine Codex si identificano tutti quei manoscritti che la storia tramanda come miniati, quindi scritti ed incisi da esperti calligrafi. Questi, cresciuti negli Scriptorium delle Abbazie e dei templi, vere fucine del sapere, erano per lo più monaci, il cui compito era tradurre e trascrivere i testi dei classici greci e latini. Una trascrizione il più delle volte non semplice, perché il materiale era difficile da interpretare in quanto spesso lacunoso e frammentato, oltre che deperibile, si pensi ai papiri. Il Codex Purpureus Rossanensis, l’inestimabile bene dell’ormai intera umanità e non solo della comunità rossanese, è un Evangeliario, quella Buona novella che porta la parola di Gesù. Su pagine in pelle d’agnellino vi sono raffigurati gli ultimi episodi della vita pubblica di Cristo rappresentato barbuto con espressione plastica e fissa, simbolo della bizantinità che attraverso gli occhi rappresentava il messaggio espressivo, accompagnate dalla scrittura onciale del V-VI secolo. Le miniature vengono rappresentate per intero, occupando una pagina divisa su due registri, per 188 fogli di pergamena tinta color porpora, in cui il Nuovo Testamento raccontato e testimoniato da Matteo e Marco è scritto in lettere d’argento, con 12 grandi miniature, purtroppo mancanti da altre parti. Gli ultimi 10 fogli presentano delle bruciature, Le pagine sono state numerate in nero in periodo moderno, la rilegatura è stata eseguita nel XVI secolo. Rossano faceva parte dell’impero Bizantino d’Italia che aveva la sua capitale centro - nord in Ravenna, in Reggio e Rossano i due poli più importanti dell’Italia Meridionale. Il Codice Rossanese è stato preso come modello per molte opere sparse per l’Italia di epoche medievali e rinascimentali. Un unicum, valutato giustamente dall’Unesco. “New inscriptions on the International Memory of the World register”. Con questa sigla, il Codex Purpureus Rossanensis è diventato Patrimonio Universale dell’Umanità. Un riconoscimento più che giusto quello di Memoria del Mondo per il manoscritto, che per quanto delicato, data la sua antichità, preserva intatto il forte significato cristiano così come quello artistico. E entrare a far parte del ricco patrimonio Unesco è un riconoscimento che ha ricadute su molti aspetti. Un esempio è Ravenna che nel dicembre del 1996 si è vista riconoscere tutti i suoi monumenti religiosi paleocristiani e bizantini come - d’importanza straordinaria in ragione della suprema maestria artistica dell'arte del mosaico. Aggiungendo come motivazione che Ravenna è stata fulcro vitale - di relazioni e di contatti artistici e religiosi di un periodo importante della storia della cultura europea. E così che la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, la Basilica di Sant'Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile e il Mausoleo di Teodorico diventano beni dell’umanità intera. Un primo passo verso una proposta di valorizzazione completa del nostro centro storico.
Redazione Eco dello Jonio
Autore: Redazione Eco dello Jonio

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